di Elisa Fornasini
Continua Meme Makers Exposed, la prima rassegna ferrarese dedicata al mondo delle idee, della produzione e delle imprese. Mentre la “Settimana del futuro” sta volgendo al termine (gli incontri continueranno fino a domenica 15 dicembre), il Temporary Shop allestito nella metà “addormentata” del mercato coperto di via Santo Stefano, rimarrà aperto tutti i giorni dalle 10 alle 23 fino al 5 gennaio. Due degli organizzatori, Diego Farina e Sergio Fortini, rispettivamente presidente e segretario dell’Ordine degli Architetti di Ferrara, si dicono soddisfatti della riuscita di questo negozio temporaneo informale. La chiave del successo, oltre all’esposizione di prodotti artigianali (come librerie, poltrone, sedie, abiti, gioielli, complementi, illuminazione e piccoli oggetti natalizi), è la possibilità di acquistare i pezzi in una sorta di “mercato laico e futuristico del natale”. In effetti tra gli oggetti più venduti figurano bracciali e orecchini, adatti anche come idee regalo.
Fino a qui, tutto nella norma. Se non fosse che questi prodotti artigianali sono stati realizzati dai cosiddetti “makers”. Sono 26 gli “artigiani del futuro”, provenienti da tutta Italia, venuti a Ferrara per esporre i loro migliori prodotti. La particolarità di questi artigiani di nuova generazione sta nella capacità di condensare tradizione e innovazione partendo da idee nuove e strumenti innovativi come il taglio col laser e la stampante 3d. Questo tipo di stampa permette la creazione di oggetti partendo da un disegno 3d al computer con un procedimento definito di “prototipazione rapida”. Come la vespa vasaia costruisce il nido depositando piccole porzioni di terra bagnata le une sulle altre, così questa tecnologia permette di lavorare a più livelli sul materiale, per lo più plastica, creando gli oggetti più disparati e, nel futuro, anche intere case. Così la stampa 3d è definita dai makers la “terza rivoluzione industriale” perché apre un “mondo di scenari”. Primo fra tutti la possibilità di stampare qualsiasi cosa che abbiamo in casa per abbattere le spese di produzione.
Si parla di fantascienza? No, perché secondo Fortini “si prevede che entro 10 anni queste tecnologie saranno vendute come stampanti 2d accessibili a tutti”. Soprattutto grazie al progetto Wasp (World’s Advanced Saving Project) del Csp (Centro Sviluppo Progetti) che realizza queste stampanti distribuite con kit sperimentali per montare la stampante 3d. Tanto che alcuni studenti del liceo scientifico a indirizzo scienze applicate, si stanno occupando di una raccolta fondi utilizzando la piattaforma “school raising”, per donare alla scuola una stampante 3d. La cifra si aggira intorno ai 1800 euro per la stampante base.
Tra le novità presentate, inoltre, doveva tenersi il workshop “I’m Iron Man. Wearable Technology”. Per i neofiti si tratta di tecnologia indossabile, ovvero l’integrazione di tecnologia nei vestiti e negli accessori che si indossano. L’ospite d’onore era Troy Robert Nachtigall che avrebbe dovuto presentare il chip arduino e altri circuiti indossabili. L’appuntamento, previsto per giovedì 12 dicembre, è stato rinviato a data da destinarsi, ma probabilmente entro la prossima settimana.
Questo “mercato della nuova cultura”, quindi, si propone di mostrare la connessione tra tecnologia, moda e design. Con un’attenzione particolare al recupero dei materiali di scarto dai cantieri. I makers, infatti, cercano di avviare un percorso virtuoso con le imprese, per far sì che gli oggetti più disparati abbandonati nei cantieri possano essere riutilizzati in una logica di recupero per creare oggetti di design (ad esempio un tavolino realizzato con le tubazioni di un vecchio impianto di riscaldamento di un pavimento). Perché, a volte, la ricchezza non è data dal materiale ma dall’idea che sta dietro alla realizzazione. “Mai più di adesso c’è bisogno di reinventarsi – dichiara Fortini – anche se quello delle imprese è storicamente un mondo trainante e conservatore”.
“L’universo dei makers è legato a nuove opportunità per il Paese – continua Fortini – tanto da dover coniare un nuovo termine”. Si tratta di “nicchia larga” perché l’attività economica di questi artigiani non punta né al quantitativo massimo con le logiche della copia, né al pezzo d’elite esclusivo. Una gamma di prodotti eterogenei con un “rapporto trasparente tra prezzo, materiale e lavoro”.
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