Eventi e cultura
15 Giugno 2013
Nel romanzo del giovane scrittore la vita di Piero Gobetti incrocia quella di Moraldo, ventenne alla ricerca del proprio ruolo nel mondo

“Mandami tanta vita”, la giovinezza inquieta per Di Paolo

di Redazione | 3 min

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_MG_5994di Anja Rossi

La storia di una persona qualunque che incontra la storia di una vita prodigiosa. Questo il tema del nuovo romanzo di Paolo Di Paolo “Mandami tanta vita”, edito da Feltrinelli, presentato ieri presso la libreria Ibs, in collaborazione con l’istituto Gramsci di Ferrara.

Da pochi giorni trentenne, Paolo Di Paolo ha già dietro di sé una carriera dedita alla scrittura, tanto da essere stato segnalato tra le giovani promesse da Antonio Tabucchi. Laureato in Lettere a La Sapienza di Roma ed ora dottorando in Studi di storia letteraria e linguistica italiana con una tesi su Lalla Romano, nel 2011 pubblica “Dove eravate tutti”, vincitore del Premio Mondello, del Superpremio Vittorini e finalista al Premio Zocca Giovani.

“Mandami tanta vita” è un romanzo che lega il destino di due personaggi, uno storicamente esistito e l’altro inventato. Si tratta della vita di Piero Gobetti e quella di Moraldo: stessa età, stessa città, ma destini diversi. “Un destino che – come spiega Gianni Venturi durante la presentazione – confronta e scontra la storia di una persona qualunque con la Storia del giovane giornalista torinese, antifascista ante litteram”.

Fiorenzo Baratelli dell’istituto Gramsci sottolinea come “inizialmente mi ha colpito la scelta di ambientare questo romanzo nella fervente Torino degli anni ’20, ma leggendolo due sono state le sorprese più grandi: la scrittura di Di Paolo, che intreccia leopardianamente il vago con il vero con la scelta di accedere i riflettori sulle vicende private di Gobetti, e questa storia parallela tra i due personaggi, tra la biografia di un grande e quella di un suo coetaneo che ancora non sa che cosa fare della sua vita”.

“È stata decisiva – spiega Paolo Di Paolo, autore del romanzo – una scena realmente accaduta: siamo a Torino e Piero Gobetti, ventenne, ha tenuto una conferenza sul bolscevismo e sta rispondendo a una serie di obiezioni provenienti dal pubblico. Fin qui c’è il dato storico, poi inizia la storia di Moraldo, presente alla conferenza, che con un misto di ammirazione e rancore si chiede come diventare ciò che si è. Volevo far emergere il parallelismo tra la vita di Piero, vissuta e compiuta, ma troppo corta, e la vita di Moraldo, prigioniero della propria giovinezza”.

Il tema della giovinezza “si interseca dunque con il tema del tempo che ci ospita – sottolinea l’autore, che prosegue – mi sono sempre chiesto quanto il tempo in cui si vive agisca nella nostra esistenza e nelle nostre scelte”. Tema già affrontato – come evidenzia Venturi – nel romanzo precedente, “Dove eravate tutti”, dove viene analizzato il parallelismo tra l’epoca berlusconiana e la giovinezza dell’autore, tanto da far affermare a Di Paolo che “c’è un rapporto tra i due libri che ho scritto, come Moraldo anche io certi giorni mi sento una stretta al collo perché non ho una tutela emotiva rispetto al tempo in cui vivo. Volevo dunque vedere quanta energia serve a fare qualcosa in un tempo ostile”.

“E come diceva Gobetti: gli ostacoli sono fatti per essere superati. Dobbiamo crearci una resistenza emotiva, prima che intellettuale, per non lasciare che il tempo che ci ospita soverchi la nostra vita, che un lungo giorno di pioggia non diventi un danno personale. Questo il significato anche del titolo, preso da una frase dell’epistolario tra Gobetti e la fidanzata Ada Prospero, alla quale invia questa sorta di preghiera laica” conclude Di Paolo. Dunque, cara Ada, manda a tutti noi tanta vita.

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