Presunti concorsi truccati a Firenze, prosciolta Calamai
Prosciolta anche l'ex direttrice delle Aziende Sanitarie Ferraresi Monica Calamai, insieme ad altri sei imputati, al termine dell'udienza preliminare su presunti concorsi truccati a Firenze
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La procura di Ferrara ha chiesto 2 anni e 2 mesi di reclusione per il modenese Marino Pinelli, imputato di abuso di ufficio e falso ideologico nell’ambito della maxi inchiesta sull’ospedale di Cona di Ferrara. Oggi in tribunale si è tenuto il processo in rito abbreviato davanti al gup Silvia Marini, con un lungo esame del manager, responsabile amministrativo dell’appalto. “Ho raccontato dei fatti, senza accusare nessuno”, spiega a mezza voce Pinelli all’uscita dall’aula C. Pinelli, si ricorderà, aveva scritto di proprio pugno una lettera destinata al direttore generale del Sant’Anna Gabriele Rinaldi (che la inoltrò a sua volta alla procura). Una missiva nella quale spiegava i motivi che portarono ad adottare varianti in corso d’opera. Pinelli parlerebbe di un progetto – quello dell’ospedale – che nelle intenzioni dei committenti doveva essere portato a compimento a tutti i costi, essendo ormai iniziato da troppo tempo con lo stanziamento di ingenti risorse che non potevano diventare una cattedrale, incompiuta, nel deserto. Per farlo furono adottate perizie di varianti “non imprevedibili”.
Al termine dell’udienza i pm Proto e Castaldini hanno chiesto la condanna per i cinque capi di imputazione che riguardano Pinelli, chiamato in causa per aver avvallato delle varianti al progetto originario. Varianti che avrebbero fatto lievitare i costi dell’ospedale. Su di lui pendono quattro capi di imputazione per abuso d’ufficio e uno per falso ideologico.
La difesa di Pinelli, sostenuta dall’avvocato Lorenzo Muracchini, ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato o, in subordine, per non aver commesso il fatto. “Il mio assistito – spiega il difensore – non aveva la possibilità di conoscere preventivamente quelle che sarebbero state le anomalie dei vari progetti, perfezionati via via nel tempo da delibere della pubblica amministrazione”. Il suo ruolo “non era quello di garante della legittimità degli atti, ma di semplice consulenza”.
Il falso ideologico, poi, secondo la difesa, cadrebbe dal momento che “Pinelli non ricopriva la veste di pubblico ufficiale; aveva un incarico di supporto. Tanto che i pareri che rilasciava non erano vincolanti”. Secondo Muracchini l’imputato sarebbe stato ‘vittima’ di una confusione di ruoli: “la sua qualifica era quella di direttore amministrativo del progetto Cona, ma non dell’azienda ospedaliero-universitaria”.
La sentenza è attesa per il 6 febbraio, quando il gup si pronuncerà anche sul rinvio a giudizio o sul proscioglimento degli altri imputati.
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