Presunti concorsi truccati a Firenze, prosciolta Calamai
Prosciolta anche l'ex direttrice delle Aziende Sanitarie Ferraresi Monica Calamai, insieme ad altri sei imputati, al termine dell'udienza preliminare su presunti concorsi truccati a Firenze
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Una lettera scritta di proprio pugno al direttore generale del Sant’Anna da Marino Pinelli, responsabile amministrativo dell’appalto, è diventata nelle mani della pubblica accusa una delle prove più pesanti contro gli imputati nell’affaire Cona.
Al termine della conclusione delle indagini, l’imputato (che ha scelto il rito abbreviato) inviò a Gabriele Rinaldi una missiva nella quale spiegava i motivi che portarono ad adottare varianti in corso d’opera. Quelle che fecero lievitare i costi dei lavori. Rinaldi trasmise quel foglio ai pm Nicola Proto e Patrizia Castaldini (titolari del fascicolo insieme al sostituto procuratore Barbara Cavallo).
E ieri, in sede di requisitoria dell’udienza preliminare, Proto l’ha usata a conferma delle proprie ipotesi accusatorie. Pinelli parlerebbe di un progetto – quello dell’ospedale – che doveva essere portato a compimento a tutti i costi, essendo ormai iniziato da troppo tempo con lo stanziamento di ingenti risorse che non potevano diventare una cattedrale, incompiuta, nel deserto. Per farlo furono adottate perizie di varianti “non imprevedibili”, come avrebbe sottolineato ieri il pm all’interno dell’aula C del tribunale di Ferrara. Non imprevedibili, ma necessarie – seguendo il ragionamento di Via Mentessi – per coprire l’aumento di costi sostenuti dalle imprese.
Sui capi di imputazione relativi al materiale utilizzato si è concentrata invece la pm Castaldini, con un lungo riferimento alla consulenza tecnica che parla di calcestruzzo non conforme al capitolato. “Un ospedale nato vecchio” ha definito la struttura di Cona, chiedendo insieme a Proto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati.
Forniture che invece, secondo gli avvocati Gualtieri e Solinas della difesa di Mario Colombari, uno dei costruttori sotto accusa,erano “conformi agli accordi contrattuali in quanto il calcestruzzo fornito aveva le caratteristiche di resistenza e durabilità richieste dal contratto. La composizione della miscela e in particolare il quantitativo di cemento utilizzato non ha mai formato oggetto di accordi contrattuali, non essendo un dato rilevante nella acquisizione e fornitura del calcestruzzo. Non esiste infatti alcuna relazione fra requisiti prestazionali (resistenza e durabilità) e quantitativo di cemento presente in ogni metro cubo di calcestruzzo, relazione che non trova rispondenza nei principi tecnici, che regolano la materia, in quanto la conformità del calcestruzzo é indipendente dalla quantità di cemento in esso contenuta se sono rispettati i parametri di resistenza, durabilità e lavorabilità”.
I due legali, i primi a parlare in sede di arringhe difensive, hanno sostenuto che “autorevoli esperti in materia, affermati a livello internazionale, incaricati dal Tribunale di Caltanissetta e quindi non periti di parte, hanno depositato consulenze comprovanti il costante rispetto dei requisiti di resistenza e durabilità del calcestruzzo fornito dalla società anche in quello specifico caso, preso a riferimento dal pm nella sua requisitoria di oggi”.
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