Eventi e cultura
1 Novembre 2012
Le voci del coro di Santo Spirito venerdì sera alla basilica di San Giorgio

Messa da requiem per Antonioni

di Redazione | 2 min

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Il Requiem di Luigi Cherubini per Michelangelo Antonioni. Venerdì 2 novembre alle 21 la basilica di San Giorgio ospita l’Orchestra da camera di Ravenna e il coro polifonico di Santo Spirito nella messa da Requiem in do minore, dedicata alla memoria di Michelangelo Antonioni, nato e vissuto a San Giorgio negli anni della sua prima giovinezza.

Un appuntamento di grande rilievo cittadino che vedrà anche quest’anno la formazione corale diretta da Francesco Pinamonti e presieduta da Mauro Vignolo, collaborare con l’Orchestra da camera di Ravenna condotta da Paolo Manetti, direttore e compositore allievo di Bruno Bettinelli e organizzatore di eventi culturali come organo e orchestra nel romanticismo, ogni anno nel Duomo di Ravenna. L’esecuzione del Requiem verrà preceduta dalla Marche Funèbre scritta nel 1820 dello stesso autore, altra pagina in prima assoluta per Ferrara.

É noto che se Beethoven avesse scritto un Requiem avrebbe preso spunto da quello in do minore di Cherubini – «Sarebbe il mio solo modello» scrisse – , da lui stesso considerato negli anni Venti del diciannovesimo secolo «il maggiore compositore vivente». Non è un caso che proprio questa musica sia stata eseguita ai funerali di Beethoven, nel 1827. 

All’epoca l’opera di Cherubini aveva già dieci anni, essendo stata commissionata nel 1817 da Luigi XVIII re di Francia, per commemorare la memoria del fratello Luigi XVI, decapitato dai rivoluzionari ventiquattro anni prima. Proprio nella chiesa di Saint Denis, tra i resti dei reali e in pieno clima di restaurazione postnapoleonico, il Requiem fu eseguito per la prima volta. In seguito, la pagina trovò vari estimatori illustri, come Schumann e soprattutto, Berlioz, che vi rilevava «straordinaria abbondanza di idee, pienezza di forme e stile sublime».
Anche per compiacere l’intento commemorativo dettato dal re – su invito del quale, poco prima, Cherubini era stato chiamato a dirigere la Cappella Musicale – e assecondarne la volontà di riconciliazione suggerita dal momento storico, il compositore toscano scelse di ricavare un lavoro di compostezza solenne e quasi distaccata, evitando soluzioni formali di sapore pur vagamente teatrale e accedendo, invece, ad atmosfere di oggettività spirituale lontane da ogni seduzione mondana. In quest’ottica si spiega pure la rinuncia alle voci soliste, quasi a esaltare un senso di collettività alieno da privilegi.  La scelta di non includere violini in orchestra regala al racconto una tinta scura e connotante: qualcosa del genere fece Stravinskij, un secolo più tardi, nella Sinfonia dei Salmi.

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