Abbiamo sbagliato, ma Tavolazzi ha sbagliato più di noi. Sembrava di assistere a un remake di “Lui è peggio di me”, commedia Anni ’80 con Pozzetto e Celentano, ieri in consiglio comunale. Il tema però era di quelli che fanno piangere. E si chiama derivato Dexia.
La delibera dell’assessore Marattin aveva ad oggetto l’annullamento in autotutela dei contratti Interest Rate Swap sottoscritti nel 2002, nel 2003 e nel 2005 (quest’ultimo attualmente in vigore fino al 2019) dal Comune di Ferrara. La giunta chiedeva al consiglio di ratificare la scelta di chiudere con quell’“errore, compiuto dieci anni fa, nell’ascoltare il consiglio dell’allora city manager Valentino Tavolazzi di utilizzare strumenti derivati”.
Sui costi e i ricavi altalenanti del contratto con Dexia l’assessore si era già espresso (leggi). E proprio per quegli esborsi le opposizioni hanno presentato unesposto alla Corte dei Conti (vai all’articolo). Ora il municipio presenta il conto, frutto di una lunga trattativa intessuta da Marattin proprio con Dexia: “l’amministrazione comunale di Ferrara nei primi giorni del 2011, compie una scelta: decide che è ora di uscire dal derivato. In quel momento, però, uscire dal derivato secondo le condizioni contrattuali costa al Comune 3.236.033 euro”. Ecco allora l’eureka: “l’amministrazione compie un’altra scelta (siamo sempre a inizio 2011), quella di iniziare un’interlocuzione con l’istituto di credito per verificare la possibile esistenza di modalità di estinzione del derivato diverse da quelle contrattuali e che possano evitare sul nascere possibili contenziosi legali”.
Le carte giuridiche che ha intenzione di giocare l’amministrazione sono più di una: il Comune non era operatore qualificato; non venne fornita un’informazione specifica e approfondita sul prodotto finanziario; e – soprattutto – non è stata svolta alcuna procedura ad evidenza pubblica. Tre motivi per cui si cercherà di dimostrare che la procedura di attivazione del prodotto finanziario era viziata e, quindi, annullabile.
Dopo aver nominato, direttamente o indirettamente, Tavolazzi almeno una decina di volte, Marattin chiude con una citazione brechtiana (“Infelice la terra che ha bisogno di eroi” del Galileo) per dire che la giunta non ha paura di compiere questa scelta “semplicemente perché stiamo facendo il nostro dovere, costi quel che costi”.
Inizia quindi il dibattito, con lo stesso Tavolazzi che getta benzina sul fuoco: “non avete avuto l’onestà intellettuale di ammettere i vostri errori. Non avete chiuso il derivato quando sarebbe costato meno di 3 milioni di euro e i soldi c’erano all’interno del bilancio, bastava tagliare altre spese. Oggi questa giunta e questa maggioranza stanno proponendo il rinvio del problema scaricandolo su altri che verranno”. Il consigliere di Ppf annuncia la sua astensione dal voto, che compirà – come annunciato – uscendo dall’aula insieme a Lega e Io amo Ferrara. E questo perché “chiedere ai consiglieri di opposizione di votare questa delibera significa chiamarci in correità per un atto che non si sarebbe mai dovuto deliberare”.
Più diretto Dragotto, di Liberi e forti: “il contratto è una porcata a prescindere dall’anno in cui è stato sottoscritto. Non difende l’interesse del pubblico e all’amministrazione pubblica non dovrebbe essere data la possibilità di compiere operazioni così rischiose”. Sull’origine della stipula del contratto, poi, il consigliere ha più di un dubbio: “se è vero che Dexia si è aggiudicata il contratto senza una gara d’appalto, allora mi aspetterei che il Comune agisse contro chi ha firmato”.
Quanto dichiarato da Marattin è invece “una sentenza di condanna della precedente amministrazione” per Brandani: “è da dieci anni che ve lo diciamo. Ricordate quando nel 2005 Polastri (l’allora assessore al bilancio, ndr) venne in aula a garantirci la bontà derivato?”. Anche l’esponente di Fli chiede che chi ha sbagliato ne paghi le conseguenze: “i dirigenti devono capire che quando firmano un documento non sono esenti da responsabilità”.
Vengono quindi gli interventi del Pd, anche qui incentrati per buona metà del tempo su Tavolazzi. Parte Balestra, che rivendica l’onestà intellettuale contenuta nella relazione di Marattin. Al contrario di chi “qui presente rivestiva dei ruoli decisivi dieci anni fa: Tavolazzi era pagato profumatamente dal Comune e sostiene che in commissione l’approvazione del derivato avvenne a sua totale insaputa. Eppure mi parlano di una persona che metteva il naso ovunque e proprio perché voleva fare il sindaco è stato esautorato”. Viene poi una metafora poco felice che rimanda al disastro della Costa Concordia: “vediamo manager che come Schettino abbandonano la nave; credo che la sconfitta principale della politica sarebbe il non assumersi la propria responsabilità”.
Di “disonestà intellettuale” parla anche Francesca Cavicchi, Lega Nord, che si dice “furibonda” nel ricordare il precedente titolare della delega alle finanze che “quando si parlava di derivato faceva grasse risate dicendoci che non avevamo capito niente”.
Prende quindi la parola Tagliani, per dire che “siamo contenti di dare il nostro contributo alla trasparenza delle scelte amministrative”. Subito però anche stavolta il discorso devia su Tavolazzi, che “non deve a chiedere a me il perché nel marzo 2002 non ci sia stata una gara per l’affidamento. Era lui il primo manager del Comune, il più importante e più pagato d’Italia”. Poi l’intervento diventa un’invettiva: “lei (a Tavolazzi, ndr) è fermo al novembre del 2002, lo stanno cominciando a capire anche i suoi collaboratori e colleghi di partito”.
Parla di “offese alla logica” invece Portaluppi, indispettito dal “gonfiarsi di petto e dal senno di poi visti oggi”. Inizia quindi un lungo elenco delle pecche, vere o presunte, di Tavolazzi (“parla di decrescita felice e acqua pubblica e ha una piscina in giardino” e “non disdegna di intascarsi 5 euro per vedere una mostra gratis”). Alla fine il medico del Pd entra nel merito per dire che “l’unico dovere che abbiamo come consiglieri è quello di fare l’esclusivo interesse dei cittadini”.
Si ritorna su toni più sobri con Irene Bregola, ricordando che Rifondazione, già nella precedenza legislatura, pur essendo in maggioranza aveva chiesto l’annullamento del derivato per vizi formali. La rappresentante di Prc e Pdci in consiglio annuncia il suo voto favorevole, perché “anche in politica i criteri guida devono essere quelli della coerenza e della consequenzialità tra pensieri e azioni”.
Il dibattito si è chiuso con i consiglieri di Ppf, Lega e Iaf che sono usciti dall’aula. La delibera è stata approvata con i voti di maggioranza (Pd, Sinistra Aperta, Idv, Psi-Pri) e Prc-Pdci. Astenuti Fli, Lef, Pdl e gruppo Misto.
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