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11 Maggio 2012
La mostra di arte sacra inaugurata in Carnia, nel borgo di Illegio

“I bambini e il cielo”

di Redazione | 4 min

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Resterà aperta fino al 30 settembre la mostra di arte sacra “I bambini e il cielo” a Illegio, in Carnia, borgo ormai famoso per l’altissima qualità delle sue proposte artistiche, tanto da essere stato inserito come tappa della visita in Friuli del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il prossimo 10 maggio.

L’evento è dedicato all’infanzia e presenta 80 opere provenienti dai musei di tutta Europa. Curatore scientifico don Alessio Geretti e attivo animatore dell’evento il parroco di Tolmezzo monsignor Angelo Zanello, presidente del comitato di San Floriano, che dal 2004 promuove nel paese carnico mostre d’arte internazionali.

L’ultima sera della sua vita terrena – scrisse l’apostolo Giovanni – Gesù nel Cenacolo evocò con grande intensità l’esperienza della madre che genera: “La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv. 16,21). Si è soliti dire che nell’antico vicino oriente il bambino non avesse personalità giuridica, che la pedagogia fosse quella del bastone, che i figli maschi contavano perché erano braccia per i campi e le femmine perché erano fattrici di altri figli, che la sterilità era una maledizione proprio per questo motivo e così via. Questo è vero anche per la Bibbia, che offre una parola di Dio incarnata nella storia e nella cultura di un’epoca. Tuttavia non bisogna dimenticare la tenerezza di Agar per Ismaele, l’episodio della morte di Rachele, l’amata sposa di Giacobbe, madre di Beniamino, la passione della madre di Mosè per il sui piccino, l’amore di Noemi per il suo nipotino e quella stupenda lirica che è il Salmo 131 che raffigura il fedele come “ un bambino svezzato in braccio a sua madre”. La famiglia ha la sua pienezza quando – come dice il Salmo 128 – il padre  “vive del lavoro delle sue mani”, la sua sposa è  “come vite feconda” e i figli sono “come virgulti d’olivo”. Tuttavia a imprimere un valore ulteriore proprio al bambino – e non tanto al figlio in senso lato – è proprio l’arrivo di Cristo, e questo non solo perché Matteo e Luca riservarono alla sua infanzia i due capitoli iniziali dei rispettivi Vangeli così densi di teologia e di poesia, e neppure perché egli amò essere circondato da bambini, presentati dalle loro madri perché li rendesse forti toccandoli e benedicendoli. Gesù, infatti, come ha fatto per tante altre convinzioni e consuetudini, ebbe il coraggio di porsi in discontinuità col mondo che lo circondava, considerando il bambino come esempio di vita per l’adulto e, quindi, ribaltando i termini della tradizionale pedagogia così che è il piccolo a farsi maestro del grande.

Tommaso da Celano e Bonaventura da Bagnoregio raccontarono che la notte di Natale del 1223 Francesco d’Assisi volle celebrare la ricorrenza dell’umile nascita di Gesù allestendo nella cittadina di Greccio, con la partecipazione dei suoi abitanti, un presepe con il fieno, il bue e l’asinello. In questa nuova Betlemme approntata nella valle reatina, la commemorazione culminò nella visione dell’animarsi del Bambino: “Né la visione prodigiosa – concludeva il più antico biografo francescano, – discordava dai fatti, perché, per i meriti del santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria”. Una tale premessa è indispensabile per contestualizzare l’origine, nell’Italia centrale di fine Duecento, del fenomeno del Gesù Bambino “come immagine devozionale”.

La tradizione vuole che sia stato lo scultore Nicola Pisano ad aver inventato la tipologia della statuetta di Bambino in fasce stante e benedicente, che tanto successo ebbe nella cosiddetta area umbro/senese tra la fine del Duecento e i primi del Trecento, e che in mostra è ben documentata dall’esemplare in marmo della Galleria Longari di Milano e da quello ligneo nella collezione Lisa De Carlo di Firenze.

Nelle sezioni dedicate alla scultura tra Duecento e Quattrocento italiano molti sono gli inediti presenti. Il tema del bambino  viene declinato attraverso opere che hanno segnato la storia dell’arte firmate da nomi come Lucas Cranach il Vecchio, Davide Teniers, Hans Memling, Giovanni Bellini, Paolo Caliari detto il Veronese. “Infine un cenno sul passaggio, dall’Ottocento in avanti – come spiega il curatore Geretti – dall’infanzia sacra di soggetto biblico alla sacralità sociale, con i temi dei bambini sfruttati o della nostalgia di un’innocenza perduta”.

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