4 Maggio 2011
La piccola aveva il dorso interamente ricoperto da un nevo gigante. Rischiava un melanoma maligno

Chirurghi Sant’Anna salvano neonata di 12 giorni

di Redazione | 3 min

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Equipe medico-chirurga di Ferrara ‘salva’ una piccola nata da appena 12 giorni. E’ il risultato eclatante di un’operazione avvenuta al Sant’Anna grazie alla stretta collaborazione tra la specialità chirurgica plastica e quella pediatrica: l’asportazione di un nevo melanocitico gigante su una neonata di appena 12 giorni.

Il nevo gigante si estendeva lungo tutto il dorso, dalla nuca ai glutei, per una lunghezza di quasi 30cm, spingendosi poi anteriormente fino al torace

“I nevi – spiega il dott. Andrea Franchella, direttore dell’unità operativa di chirurgia pediatrica – sono lesioni pigmentate cutanee che comunemente si possono vedere sulla pelle di tutti noi e sono presenti alla nascita oppure compaiono nelle prime settimane di vita. Questi nevi possono avere diverse dimensioni e un bambino ogni 20mila presenta un nevo congenito gigante, che può raggiungere i 20 cm di diametro in età adulta.” E’ una patologia abbastanza rara e pericolosa: “i nevi giganti possono andare incontro a una trasformazione maligna e dare origine ad un melanoma. Il rischio che ciò accada è circa 14 volte maggiore di quello della popolazione in generale ed è maggiore nei primi anni di vita: il 50% dei melanomi maligni si sviluppa entro i 5 anni di età e il 70% entro i 13 anni”.

“Nelle prime quattro settimane di vita – spiega il prof. Carlo Riberti, direttore dell’unità operativa di chirurgia plastica – le cellule neviche sono ancora sospese ad un livello superficiale. Negli ultimi venticinque anni nella chirurgia plastica si sono adottate diverse soluzioni per rimuovere queste cellule: curretage, dermoabrasione, peeling chimico, laser. Per la prima volta al mondo invece abbiamo utilizzato una tecnica diversa: la dermoabrasione della lesione è stata fatta utilizzando uno strumento come il “Versaget”, che si avvale di un getto di soluzione idrosalina ad alta pressione, normalmente utilizzato sui pazienti per la revisione di ustioni o cicatrici, che ha permesso una dermoabrasione rapida ed omogenea degli stati più superficiali”.

Questa tecnica ha richiesto un particolare tipo di anestesia: “era come se la piccola paziente fosse stata ustionata e avesse perso la capacità di trattenere l’acqua” ci dice l’anestesista Roberto Zappellari.

Naturalmente il getto dello strumento “è stato regolato in intensità per rispettare il derma profondo e permettere una buona ripresa di quello in superficie” spiega la dott.ssa Ilaria Pezzini, dell’U.O. di Chirurgia plastica. 

Nel decorso postoperatorio la piccola non è andata incontro a significative perdite di liquidi o alcun problema di tipo infettivo e a 25 giorni di vita è stata ripetuta la procedura per un perfezionamento in alcune aree in cui erano ancora apprezzabili cellule neviche.

Centrale in queste fasi il ruolo assistenziale infermieristico poiché “i bambini sono una parte fragile della nostra comunità e l’impatto emotivo di chi vive a contatto con i piccoli pazienti e i familiari richiede una certa sensibilità ed attenzione”.

A distanza di un anno dall’intervento “ il risultato è nel complesso molto soddisfacente, anche se non è una cute normale siamo riusciti a ridurre nettamente il rischio di malignità del tumore”.

La bambina continua comunque ad essere sorvegliata periodicamente e il programma futuro potrà prevedere anche dei ritocchi estetici “per i quali attenderemo l’età puberale”.

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