Portomaggiore
6 Marzo 2023
Comune, sindacati, forze dell'ordine e associazioni di categoria, con la collaborazione della cooperativa Cidas, insieme per fare rete contro lo sfruttamento dei lavoratori agricoli

A Portomaggiore siglato un accordo per combattere il caporalato

di Redazione | 3 min

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Portomaggiore. Lotta al caporalato: un obiettivo che ha dato origine, a Portomaggiore, a una iniziativa per contrastare il fenomeno. Il tutto messo nero su bianco in una sorta di protocollo d’intesa, un “Memorandum”, che getta le basi per una sinergia d’intenti tra le istituzioni locali, Comune in testa, assieme a forze dell’ordine, parti sindacali e associazioni di categoria.

Un territorio questo particolarmente colpito dal problema. Il caso del novembre scorso è emblematico: due immigrati pakistani, poi arrestati, imponevano a loro connazionali turni di lavoro massacranti, 16 ore sottopagate, 7 giorni su 7, con soli 10 minuti di sosta per pranzare e bere. Chiamate a collaborare le forze dell’ordine, in primis i Carabinieri, rappresentati in municipio dal capitano Raffaele Tufano, e Polizia Municipale, nella persona dell’ispettore Andrea Taroni. Ma soprattutto le associazioni di categoria, sindacali e datoriali agricole che hanno sottoscritto l’accordo: Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Flai-Cgil, Fi-Cis, Uila, unite tutte in un plauso all’Amministrazione portuense.

Il progetto rientra nell’ambito del Sipla, il sistema integrato di protezione per lavoratori in agricoltura gestito dalla cooperativa Cidas sul territorio di Portomaggiore e in collaborazione con altri progetti mirati alla lotta locale al caporalato: Diagrammi e Oltre la strada Ferrara. “Rappresenta – come ha spiegato in conferenza stampa il sindaco Dario Bernardi, affiancato dall’assessore Enrico Belletti – un punto di arrivo, ma anche di inizio di un percorso che punta a imbastire una rete di azioni per sradicare o comunque limitare questo fenomeno illegale che lede la dignità delle persone, danneggia non solo chi si presta a questo tipo di lavoro irregolare, ma anche le aziende sane e oneste”. Aziende che non si rivolgono a organizzazioni e infiltrazioni malavitose, che non assumono in nero, o con contratti in grigio, senza tutele. E che invece dei ricatti per l’ottenimento di autorizzazioni, permessi di soggiorno, la cittadinanza o la casa agli immigrati, soprattutto extracomunitari, garantiscono diritti e sicurezza. Aziende, insomma, che pagano contributi e tasse, anzichè una percentuale sulla mano d’opera sfruttata, collocata dai cosiddetti “caporali” considerati, a torto, degli intermediari del mercato del lavoro. Caporali che pretendono quote dei miseri salari corrisposti abusivamente, sui costi di trasporto, integrazioni e indennità salariali.

Un allarme, quello sul caporalato, lanciato a più riprese anche da imprese cooperative del settore. In sostanza il protocollo, illustrato da Anna Occhi di Cidas, è riferibile a un tavolo di confronto con funzioni di osservatorio e di presidio che, oltre a sensibilizzare l’opinione pubblica (seminari e incontri organizzati per diffondere la cultura della legalità nei campi), mira a favorire l’intreccio tra la regolare domanda e l’offerta. Ma anche assistere, integrare, alzare i livelli di salvaguardia, informare, prendere in carico e indirizzare i disoccupati al mercato del lavoro e ai servizi. Inoltre prevenire, raccogliere segnalazioni di casi anomali a supporto di eventuali indagini e controlli. Nella fattispecie a Portomaggiore viene attivato uno sportello, aperto il giovedì dalle 15 alle 18 in municipio.

“Ggestendo il progetto per conto dell’Amministrazione comunale – ha spiegato Anna Occhi – abbiamo portato avanti un intervento multilivello che ha visto tre tipi di attività: la creazione e la conduzione di uno sportello d’ascolto, la costituzione di un’équipe multidisciplinare a supporto dei lavoratori agricoli su diversi aspetti, da quello psicologico a quello legale, e infine lo sviluppo di un rete territoriale tra i soggetti coinvolti nel fenomeno e da cui è scaturito proprio il documento progettuale siglato oggi”.

Dario Alba di Flai-Cgil, condividendo appieno le finalità di contrasto e in difesa delle attività e del lavoro legale, ha proposto di “sollecitare i livelli superiori, invitati a far parte del progetto”. Gli ha fatto eco Mirko Cavallini di Uila-Uil quando ha posto l’accento su di “un possibile sostegno da parte dell’Inps, e anche di un coinvolgimento di Regione e Provincia”. Paolo Cavalcoli di Confagricoltura e Milena Grassi di Fai-Cisl hanno individuato una sorta di concausa nel “fabbisogno occupazionale nel comparto, dovuto al mancato ricambio generazionale e nella disaffezione dei giovani verso il lavoro agricolo”.

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