Non ci sarà una sentenza di secondo grado e, forse il fatto più importante, il vigile obiettore potrà esercitare il suo ruolo senza esser costretto a portare la pistola.
La giunta di Alan Fabbri, il dipendente in questione e la Cgil hanno raggiunto un accordo transattivo: nessuno risarcimento ma il diritto a fare il proprio mestiere senza arma, come avveniva prima.
Nell’aprile del 2022 il tribunale del lavoro di Ferrara condannò in primo grado il Comune per il carattere discriminatorio e illegittimo della condotta tenuta nell’armamento del Corpo di Polizia Locale ‘Terre Estensi”. L’amministrazione doveva risarcire i danni e pagare le spese di lite
Questo dopo che era stato citato in giudizio dalla Funzione Pubblica della Cgil e da un agente del corpo. AL centro del contenzioso era l’adozione del nuovo regolamento di Polizia Locale, tramite il quale era stata introdotta una nuova disposizione (l’armamento) che rendeva incompatibile l’appartenenza al Corpo con lo status di obiettore di coscienza“.
Un cambiamento che ha finito per avere importanti ripercussioni sulla vita privata e professionale dell’agente in questione che, dopo aver manifestato in passato l’obiezione di coscienza, rifiutando di prestare servizio militare in occasione della sua chiamata di leva, lo scorso 18 febbraio 2021, era stato rimosso dalle sue mansioni di vigile di quartiere e affidato d’ufficio alla Centrale Radio Operativa, non avendo cambiato la propria idea sul vedersi assegnate armi.
Contro quella sentenza la giunta Fabbri aveva fatto opposizione e il conseguente processo di appello era iniziato a luglio. Nel corso del secondo grado di giudizio le parti hanno trovato un accordo. Accordo che prevede, da parte del Comune la rinuncia all’appello, da parte della Fp Cgil la rinuncia alla rivendicazione del danno non patrimoniale (5mila euro), e da parte del vigile la rinuncia al risarcimento del danno liquidato (2.781 euro). Sia Cgil che agente rinunciano anche al rimborso da parte del Comune di Ferrara delle spese legali (oltre 10mila euro).
La parte più importante della transazione riguarda però la vita professionale del dipendente, al quale viene alla fine riconosciuto dal Comune il diritto, quale obiettore di coscienza, “di non
portare l’arma nell’ambito dei servizi interni ed esterni cui sia adibito e di svolgere
servizi esterni per cui non sia previsto per legge l’uso delle armi”.
Le 10 agenti invece che, in quanto donne e quindi non chiamate alla leva, non avevano avuto occasione di esprimere obiezione di coscienza in materia di porto delle armi, potranno essere adibite “a tutti i servizi, anche esterni, nessuno escluso, senza obbligo di porto dell’arma”.
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