Cronaca
13 Dicembre 2025
La difesa dell'imprenditore ferrarese Andrea Zironi ha avanzato un'eccezione di incompetenza territoriale durante la prima udienza preliminare. Il gup prende tempo per decidere

Traffico illegale di oro e argento tra Ferrara e la Svizzera. “Si sposti il processo a Varese”

di Davide Soattin | 4 min

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Spostare il processo da Ferrara a Varese. È la richiesta – già avanzata in indagini preliminari – che la difesa dell’imprenditore ferrarese 61enne Andrea Zironi, professionista riconosciuto dal 1989 nel campo della intermediazione e della consulenza nel settore dell’oro fisico da investimento, ha riproposto ieri (venerdì 12 dicembre) – durante la prima udienza preliminare – davanti al gup Andrea Migliorelli, sollevando un’eccezione di incompetenza territoriale nel procedimento che lo vede accusato per un presunto traffico illegale di oro e argento tra Ferrara e la Svizzera.

Complessivamente, le persone coinvolte all’interno della vicenda giudiziaria erano state inizialmente venticinque tra collaboratori e dipendenti di Zironi – che dalle carte dell’inchiesta risulta ricoprire un ruolo apicale nella vicenda – e imprenditori nel settore del compro-oro tra varie province italiane.

Una volta chiuse le indagini preliminari, il pm Andrea Maggioni della Procura di Ferrara aveva richiesto il rinvio a giudizio per diciassette persone – tra cui l’imprenditore ferrarese – ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere a carattere transnazionale, commercio abusivo di preziosi usati e riciclaggio. Successivamente, due posizioni sono state stralciate, riducendo il numero a quindici. Ieri in udienza preliminare, un’ulteriore posizione è stata separata per mancanza dell’interrogatorio, arrivando quindi a quattordici imputati effettivi. Altri otto soggetti coinvolti nelle investigazioni avevano invece già presentato una richiesta di patteggiamento, accolta dall’autorità giudiziaria, con un parziale risarcimento del danno interamente destinato a enti benefici.

L’intenzione della difesa di presentare un’eccezione di incompetenza territoriale era già stata preannunciata dall’avvocato Dario Bolognesi, legale di Zironi, respingendo le accuse che la Procura aveva mosso al proprio assistito: “In udienza preliminare – aveva detto – contesteremo alcuni aspetti della formulazione dell’accusa. Alcuni fatti sono per noi insussistenti, altri invece di gravità minore rispetto alle ipotesi accusatorie. Inoltre contesteremo la competenza territoriale di Ferrara a favore di Varese come, tra l’altro, è già stato stabilito da alcuni magistrati”. Questo perché – stando alla richiesta di rinvio a giudizio – la seconda parte del presunto riciclaggio contestato si sarebbe concretizzata a Viggiù, in provincia di Varese.

Secondo l’impostazione accusatoria ricostruita dagli inquirenti della Procura di Ferrara infatti, attraverso l’aiuto fornito da altri soggetti finiti nell’inchiesta, tra gennaio 2019 e dicembre 2020, Zironi avrebbe creato un consistente traffico di preziosi – parliamo di oro e di argento – di provenienza illecita che poi sarebbe stati destinati, per la successiva e relativa fusione, alla Svizzera. Nello specifico, sfruttando le proprie competenze nel settore del commercio dei metalli preziosi usati, l’imprenditore – per l’accusa – avrebbe promosso e capeggiato la presunta associazione a delinquere, stabilendo a Ferrara il luogo di stoccaggio di ori e argenti raccolti e del denaro ottenuto dalla loro vendita in Svizzera.

Per gli inquirenti infatti, questo il quadro, Zironi avrebbe amministrato una società elvetica utilizzata per le cessione in territorio svizzero dei metalli preziosi provenienti dall’Italia ad altre società elvetiche, poi incaricate della successiva cessione per la fusione, sempre in Svizzera. Ma non solo: avrebbe trasportato in prima persona i metalli preziosi che poi avrebbe consegnato a un altro uomo – anch’egli ritenuto al vertice dell’associazione – incaricato di valicare il confine italo-svizzero e di venderli.

Per la Procura, ne avrebbe poi aspettato il rientro in Italia per ricevere le somme di denaro derivanti dalla vendita, prima di fare il proprio rientro a Ferrara.

Stando agli accertamenti eseguiti dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Ferrara, il gruppo sottoposto all’attività investigativa – questa l’accusa principale – avrebbe acquistato in Italia oltre 560 chili di oro e oltre 65 chili di argento di presumibile provenienza illecita, data l’assenza di documentazione utile a consentirne la tracciabilità, che successivamente sarebbero stati esportati con modalità illegali in Svizzera. I proventi derivanti da tali operazioni sono stati quantificati in oltre 26 milioni tutti in denaro contante.

Durante le attività investigative coordinate dagli uffici di via Mentessi erano stati inoltre sottoposti a sequestro monili d’oro e d’argento dal valore stimato di oltre 220mila euro che erano stati trovati nascosti all’interno di un pozzetto interrato nel giardino di casa dello stesso imprenditore ferrarese, mentre al valico di confine con la Svizzera erano stati sequestrati altri 100.000 euro nascosti all’interno di un’autovettura, anche questi – secondo gli inquirenti della Guardia di Finanza – ritenuti essere provento della presunta vendita illecita di preziosi.

L’udienza preliminare tornerà in aula il 6 marzo, data fissata dal gup Andrea Migliorelli per sciogliere la riserva sull’eccezione sollevata dalla difesa di Zironi.

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