Prima la preoccupazione, poi lo stress e la paura e infine la rabbia. È l‘escalation che, dalle prime richieste estorsive subite fino all’uccisione di Davide Buzzi a colpi di lucchetto, avrebbe attraversato il 43enne Vito Mauro Di Gaetano, titolare del bar Big Town. Lo sostengono lo psichiatra Renato Ariatti e lo psicologo Marco Samory – periti incaricati dal tribunale di Ferrara – che, pur riconoscendo il progressivo intensificarsi delle emozioni e degli stati d’animo fino a un grave turbamento emotivo, escludono non solo la presenza di una patologia psichiatrica, ma anche qualunque stato psicotico o dissociativo. Sia nel 43enne che nel padre di quest’ultimo, il 71enne Giuseppe Di Gaetano, anche lui alla sbarra per la mattanza all’interno del locale di via Bologna.
Gli esiti della perizia – già anticipati da questo giornale – sono stati illustrati oggi (giovedì 11 dicembre) mattina durante l’ultima udienza del processo. Esiti che escludono l’infermità mentale per i due imputati, finendo per divergere consistentemente dalle considerazioni di Roberto Zanfini, consulente della pm Barbara Cavallo, e di Luciano Finotti, consulente della difesa. Il primo aveva parlato di seminfermità mentale tale da compromettere completamente o parzialmente la capacità di intendere e volere nel momento in cui il barista uscì da dietro il bancone e colpì Buzzi con il lucchetto. Il secondo, invece, aveva evidenziato per il titolare del bar una totale incapacità, mentre per il padre una capacità solo parzialmente compromessa.
“Per quanto allettante – hanno spiegato Ariatti e Samory sull’ipotesi di una dissociazione avanzata da Finotti – non è sostenibile, perché non c’è nulla che travalichi la sfera emotiva. Allo stesso modo, non rileviamo alcun elemento che possa far ipotizzare uno stato psicotico”. A sostegno di questa valutazione, i periti richiamano il comportamento di Vito Mauro durante la serata in cui avvenne l’omicidio di Buzzi e il grave ferimento del 22enne Lorenzo Piccinini, che era con lui, quando il barista “svolge più azioni contemporaneamente, mantiene la capacità di orientare l’attenzione e di modulare il comportamento in maniera adeguata e quindi non è dissociato”.
Ma soprattutto, dai test a cui padre e figlio sono stati sottoposti durante la perizia non emerge alcun elemento che faccia pensare a impulsi aggressivi o difficoltà nel controllo della rabbia. Entrambi, in condizioni normali, mostrano una buona capacità di gestire gli impulsi e un equilibrio emotivo adeguato.
I due esperti escludono anche la possibilità di un’infermità temporanea. “L’eclissi momentanea della ragione è un fenomeno che riguarda tutti noi, ma in questa situazione non c’è un qualcosa che ci permetta di ancorare le emozioni a qualcosa di patologico” hanno evidenziato. Del resto, periti e consulenti concordano su un aspetto: i Di Gaetano non hanno patologie psichiatriche. Non lo è nemmeno l’overkilling, vale a dire l’eccesso di violenza inferta alla vittima oltre quanto necessario a provocarne la morte, come nel caso dei trentotto colpi di lucchetto, dal momento che “chiunque in preda a una rabbia soverchiante può infierire” hanno aggiunto, sottolineando anche l’assenza di un disturbo post traumatico da stress nei due.
L’avvocato Michele Ciaccia, difensore di Vito Mauro, ha inoltre chiesto ai periti se lo schiaffo che il barista avrebbe ricevuto da Buzzi – come già ipotizzato dal consulente della pm, Roberto Zanfini – potesse aver rappresentato il fattore scatenante di una eventuale seminfermità mentale, prima che il titolare del bar scatenasse la propria rabbia. Un’aggressione, tuttavia, mai confermata dalle immagini, poiché sarebbe avvenuta in un punto cieco del locale, l’angolo sinistro, non raggiunto dall’inquadratura della telecamera di sorveglianza dietro al bancone. I due esperti, pur precisando che “una sequenza di eventi di questo tipo può risultare destabilizzante“, hanno comunque escluso che un episodio simile possa giustificare una condizione di seminfermità mentale.
In aula ha testimoniato anche il perito informatico Claudio Cesaro. Il tecnico ha confermato che Vito Mauro ha interagito con la telecamera tramite l’app installata sul proprio smartphone nel 2022, ma che non ha effettuato alcuna cancellazione. Il video della mattanza, lungo 7 minuti e 27 secondi e relativo agli eventi tra le 22.09 e le 22.18, è stato scaricato sul telefono a partire dalle 00.31 del 2 settembre 2023 e salvato alle 00.40. Alle 00.42 Vito Mauro lo ha inviato via WhatsApp alla moglie. La geolocalizzazione indica che tra le 00.31 e le 00.37 era ancora al bar, mentre al momento del salvataggio e dell’invio era già nella zona del comando provinciale dei carabinieri.
Il processo tornerà in aula il 21 gennaio, quando inizierà la discussione con la requisitoria della pm Barbara Cavallo. Successivamente sono state calendarizzate altre tre udienze: 4 febbraio, 18 febbraio e 4 marzo, data ultima entro cui dovrebbe arrivare la sentenza.
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