Attualità
6 Dicembre 2025
I numeri del servizio raccontati dagli operatori Silvia Imbesi e Michele Luciani che chiedono "un tavolo di confronto per facilitare l’ottenimento della residenza fittizia"

Caritas. Cinquantadue persone incontrate in un anno di Unità di Strada

di Redazione | 6 min

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A un anno di distanza dalla nascita dell’Unità di Strada di Caritas Ferrara è tempo di bilanci. Numeri freddi come l’inverno di chi vive e dorme per strada ma utili a capire perché il gruppo è cresciuto tanto e continua a farlo entrando in contatto con sempre più persone in difficoltà.

“Da quando siamo partiti con i giri serali abbiamo incontrato 52 persone – racconta Silvia Imbesi, una delle referenti dell’Unità di Strada – di queste: il 42% sono italiani, il 25% stranieri Ue, il 33% stranieri extra Ue. Siamo riusciti a convincere a farsi seguire da noi, il 50%, 26 persone: il 90% erano senzatetto, il 50% aveva problemi di alcolismo, il 37% di tossicodipendenza, il 42% aveva problemi di salute importanti, il 65% aveva precedenti penali, l’81% era disoccupato, il 46% era senza documenti”.

Dopo l’incontro con l’Unità di Strada il 50% ha intrapreso cure contro l’alcolismo, il 23% ha provato a uscire dalla tossicodipendenza, il 77% si è sottoposto a terapie mediche o specialistiche, il 23% è stato aiutato ad ottenere assistenza legale, il 31% è stato aiutato nella ricerca di un lavoro, il 46% a trovare un tetto, il 79% ha iniziato a frequentare i servizi Caritas e l’85% è stato accompagnato nella risoluzione di questioni burocratico amministrative, come rifare/ottenere i documenti.

E a proposito di numeri e di senzatetto anche Michele Luciani, operatore e vicedirettore di Caritas Ferrara, ne porta alcuni raccolti dal servizio del guardaroba sociale: “Da aprile, cioè da quando il guardaroba è attivo al Centro diurno di via Arginone, abbiamo avuto 179 accessi. Noi qualifichiamo il disagio abitativo in 4 tipologie: senzatetto, ovvero chi vive e dorme in strada; senza dimora, cioè coloro che non hanno una sicurezza abitativa ma vanno comunque nei dormitori o usufruiscono di un’ospitalità temporanea; disagio abitativo vero e proprio, per identificare coloro che hanno una casa ma non hanno le utenze, vivono comunque in condizioni precarie, spesso si tratta di famiglie numerose che vivono in bilocali o di persone che la casa l’hanno ereditata dai genitori ma non riescono a mantenere il tenore di vita che avevano prima; infine chi ha la sicurezza abitativa: una casa, le utenze, magari anche un lavoro ma risulta comunque vivere sotto la soglia della povertà. Indicativamente i senzatetto e senza dimora sono la metà di questi 179 accessi, oltre il 60% sono stranieri extra Ue, nordafricani o provenienti dall’Africa subsahariana e sono quasi tutti uomini, anche se la percentuale delle donne che vivono in strada sta aumentando, sta diventando un’emergenza, a causa dell’impoverimento generale e soprattutto per la mancata disponibilità di alloggi. Il mercato degli affitti è comunque inaccessibile per tutte quelle persone che non hanno una solidità sociale medio alta, uomini e donne”.

La necessità riscontrata è quella di nuovi dormitori ma anche di alloggi in affitto più facilmente accessibili.

“Questi numeri – prosegue Luciani – raccontano di un mancato collegamento tra il fenomeno migratorio e il mercato del lavoro, a cui queste persone non riescono ad accedere. Tanti migranti non ce la fanno perché le pratiche sono lunghe, discontinue, mancano canali di ingresso regolari orientati al lavoro. Tutti cercano di regolarizzarsi come richiedenti asilo ma non lo ottengono perché quella è una tipologia specifica di permesso di soggiorno. Chi non lo ottiene finisce per contribuire a generare forme di povertà estrema, come la vita in strada. E queste situazioni di fragilità non possono essere superate o sanate dall’accoglienza privata, non si possono certo accogliere tutti a casa di ognuno di noi. L’accoglienza, come la salute, deve essere garantita e a vantaggio di tutti”.

Di fronte a problematiche così complesse Caritas pensa che la soluzione debba venire dalle politiche sociali ma anche dalla sensibilità di comunità.

“Ogni persona che abbiamo conosciuto ha storie diverse – sottolinea Imbesi – si prova a fare quello di cui c’è bisogno per ognuno”. Questo livello di personalizzazione richiede un percorso di accompagnamento lungo, non basta fargli fare il primo passo, bisogna stare al loro fianco anche per quelli successivi, altrimenti il rischio di ricaduta è altissimo. E’ un investimento importante che spesso i servizi sociali da soli non sono in grado di offrire, ecco perché diventa fondamentale la collaborazione con l’associazionismo e il volontariato. La forza dell’associazionismo è esprimere prossimità, creare reti, alleanze con le persone. L’Unità di Strada cerca di restare vicino a chi è in difficoltà, creando relazioni sociali sane, “è quello che cerchiamo di fare anche al Centro diurno – interviene ancora Michele – mescoliamo le persone: ospiti, volontari, operatori, ci impegniamo per creare spazi di partecipazione, il coinvolgimento è fondamentale. E lo si capisce dal fatto che poi quegli stessi ospiti ti chiamano anche solo per tenere aperto un dialogo, perché li fai sentire considerati, meritevoli di un riscontro sociale che non hanno mai conosciuto. Certo come ogni relazione ci sono anche delle incertezze, alti e bassi ma sono rapporti veri anche per questo”.

Sinergia è sicuramente una parola abusata e spesso vuota del significato originale ma è quella più corretta per descrivere quello di cui c’è bisogno per intervenire nelle situazioni che si trova di fronte l’Unità di Strada.

“Da poco abbiamo preso contatti anche con l’Unità di Strada del Ser.D. (Servizio per le Dipendenze) dell’Asl di Ferrara – spiega imbesi – l’obiettivo è lavorare insieme e già collaboriamo con l’Asp (Centro Servizi alla Persona). E’ più facile che una persona in difficoltà possa essere presa in carico e seguita dalle istituzioni nell’intraprendere un certo tipo di percorso (cose che noi non possiamo dargli) se fa già parte di una rete, se agli incontri lo accompagna qualcuno che lo conosce e di cui si fida”.

Luciani e Imbesi chiudono lanciando un appello: “Creiamo un tavolo di confronto per facilitare l’ottenimento della residenza fittizia, ovvero la concessione da parte del Comune di un indirizzo finto che permetta l’iscrizione all’anagrafe di persone che sono per strada. Questa iscrizione è fondamentale per poter poi avere accesso ai documenti, come la carta di identità, alla tessera sanitaria, al mondo del lavoro, è il passaggio obbligatorio per la presa in carico da parte di tanti servizi socio sanitari e amministrativi. Si tratta di una prassi ancora poco conosciuta, complessa e quindi non facilmente accessibile, ma se c’è già una rete, se le persone che la chiedono sono già agganciate alle associazioni, sono seguite, perché non rendere questa concessione più facile? Possiamo trovare un punto di incontro? Noi portiamo al tavolo le situazioni reali e siamo pronti a confrontarci su come sanare eventuali problemi”.

E mentre aspettano questo tavolo di confronto i volontari dell’Unità di Strada continuano con le loro iniziative per raccogliere fondi per i senzatetto: domenica 7 dicembre parteciperanno con uno stand a Markettino, che si terrà al Teatro Verdi dalle 10 alle 19: venderanno abiti, scarpe e accessori da donna.

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