Attualità
6 Dicembre 2025
Il confronto all'Ariostea: Italia Nostra presenta il volume "Spazi pubblici, usi privati" e chiede regole per il Parco Urbano, un'area attrezzata e tutele più forti per non "valorizzare rovinando"

Grandi eventi a Ferrara: un’alternativa è possibile

di Elena Coatti | 4 min

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Parte da un “librino” tutt’altro che ‘leggero’ la riflessione sui beni comuni e sul futuro di Ferrara. Nel pomeriggio di giovedì 4 dicembre, nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea, è stato presentato il volume “Spazi pubblici, usi privati. Per una rinnovata tutela dei beni comuni”, curato da Lucia Bonazzi per Italia Nostra – sezione di Ferrara.

Il libro nasce da un incontro pubblico del 2023 ma, come ha sottolineato la curatrice, “a distanza di due anni sembra che nulla sia cambiato: siamo ancora alle prese con gli stessi problemi, dagli eventi al Parco Urbano ai concerti in piazza Ariostea”. Nel mirino, l’uso intensivo di spazi verdi e siti monumentali per megaconcerti e grandi eventi, con l’esempio del nostro “Giorgio Bassani” e, a livello nazionale, del Jova Beach Party sulle coste italiane.

Ad aprire gli interventi è stato Patrizio Bianchi, già ministro e titolare della Cattedra Unesco di Educazione, Crescita ed Uguaglianza dell’Università di Ferrara: “La partecipazione non è un post sui social o leggere il giornale un giorno sì e uno no. È sentire individualmente e collettivamente, la responsabilità per ciò che ci circonda. Questo è il senso profondo di ‘Italia Nostra’”.

Bianchi ha insistito sull’idea di patrimonio come valore intangibile: non solo mura, palazzi, parchi, ma storia, identità, conoscenza, capacità creativa. “Se misurassimo questa biblioteca solo per il valore immobiliare dell’edificio – ha detto – le daremmo molto meno del suo valore reale. Dentro c’è un pezzo della nostra storia e del nostro futuro”.

La curatrice Lucia Bonazzi ha ripercorso poi la genesi del volume, sottolineandone la prospettiva nazionale: “Non è un libro solo ferrarese. Abbiamo chiamato esperti da Monza, Fermo, Bologna, Roma, ci siamo occupati del Jova Beach Party: il modello dei mega-eventi è trasversale, non riguarda solo Ferrara”.

Al centro, i danni alla flora, alla fauna, al suolo e i rischi per il patrimonio storico-artistico, spesso sacrificati sull’altare del marketing territoriale: “I danni – ha osservato Bonazzi – sembrano non interessare a nessuno. Siamo ormai pochi ambientalisti in via di estinzione”. Da qui tre richieste precise di Italia Nostra per Ferrara: un regolamento formale e vincolante per il Parco Urbano, che definisca in modo chiaro cosa si può fare e cosa no; la creazione di un’area attrezzata per i mega-eventi nella zona sud della città, frutto di un investimento strutturale, perché “non possiamo continuare a rovinare ciò che di più bello abbiamo per valorizzarlo”, ha detto; infine, l’innalzamento del livello di tutela del Parco Urbano, attraverso un vincolo paesaggistico ai sensi del Codice dei beni culturali oppure il riconoscimento come Zona di protezione speciale della rete Natura 2000.

Il professor Romeo Farinella, urbanista dell’Università di Ferrara, ha allargato lo sguardo al rapporto tra città, partecipazione e governo del territorio. Da un lato, la partecipazione “di facciata”, che si esaurisce in riunioni simboliche con la cittadinanza attiva; dall’altro, l’assenza di un vero confronto sul bene comune: “Nessuno è contro gli eventi – ha ribadito – ma il nodo è scegliere i luoghi giusti. Una piazza monumentale o un parco fluviale fragile non sono uguali a una piattaforma attrezzata”.

Farinella ha riletto criticamente la stagione del “Progetto Mura” e delle scelte urbanistiche che avevano fatto di Ferrara un modello di tutela e valorizzazione, bloccando la cementificazione tra mura e Po e immaginando la città come sistema di spazi verdi e pubblici. Oggi, ha denunciato, quell’idea sembra “progressivamente erosa” da pratiche che vanno nella direzione opposta: dai concerti al Parco Urbano, all’uso intensivo delle piazze storiche per eventi rumorosi e impattanti, all’assenza di una vera politica per la mobilità sostenibile, fino alla mancanza di un Piano del Verde in una città che ha pure mura, parco urbano e numerosi corridoi verdi potenziali.

In controluce, la critica a una strategia che, tra parcheggi ovunque e priorità al traffico automobilistico, rischia di svuotare di senso le retoriche su “isole di calore” e “transizione ecologica”. Farinella ha infine proposto di immaginare Ferrara come “laboratorio permanente” più che come “città-vetrina”: un luogo in cui università, istituzioni, associazioni e cittadini possano confrontarsi stabilmente, anche attraverso strumenti come Urban Center e una migliore integrazione con le città vicine, Bologna e Modena, sul modello delle regioni metropolitane del Nord Europa.

Il “librino” presentato all’Ariostea diventa così, nelle parole dei relatori, non solo la memoria di un convegno, ma uno strumento di lavoro per rimettere al centro la domanda decisiva: che sviluppo vogliamo per Ferrara e per i suoi beni comuni, tra concerti, turismo, ricerca e qualità della vita quotidiana?

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