Il chirurgo vascolare arriva negli ospedali del Delta, Cento e Argenta
È stato avviato un nuovo servizio di ambulatori di Chirurgia Vascolare negli ospedali di Cento, Lagosanto e Argenta
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L'associazione Spazio Aperto Ferrara presenterà dal 12 al 14 dicembre in via Carlo Mayr 69 “Femminile plurale quinta edizione” con le imprese Marvielab e Acapo
Ogni scuola ha progetti e identità particolari: non è questa la sede per mettere in evidenza le differenze tra gli istituti cittadini. Però ci fa piacere segnalare una piccola ricchezza di una delle scuole ferraresi
L’albero si è acceso, come da tradizione, nel pomeriggio dell'8 dicembre alle ore 17 davanti alla Cattedrale. La città inaugura il Natale
"Free Gaza", "Palestina libera". In concomitanza con l'accensione dell'albero di Natale a Ferrara, davanti alla cattedrale, gli attivisti di Ferrara per al Palestina hanno voluto "accendere le luci" anche sulla Striscia ricordando che "non c'è Natale finché cadono bombe"
La sala dell’Oratorio San Crispino della Libraccio, nel tardo pomeriggio di martedì 2 dicembre, era piena di volti che quella storia l’hanno fatta davvero. A presentare “Corso Italia 25. La Cgil raccontata da dentro” di Gaetano Sateriale – per oltre trent’anni dirigente sindacale e poi sindaco di Ferrara – c’erano Sergio Cofferati e, in collegamento, Valeria Fedeli, Gianni Cuperlo, Pierangelo Albini moderati dal giornalista Massimo Mascini. Un dialogo fitto, spesso ironico, ma attraversato da una domanda molto seria: che cosa resta oggi di quel sindacato che ha segnato la storia italiana del secondo Novecento?
Cofferati parte da una scena che sembra arrivare da un altro secolo – e in effetti lo è. “Sono entrato in Pirelli il 9 giugno 1969, il 10 ho fatto il primo sciopero”, ricorda. Allora gli impiegati scioperavano per ottenere riconoscimento e diritti, dopo che l’anno precedente erano stati solo gli operai, con la lunga vertenza sul salario a cottimo, a strappare conquiste importanti. “Eravamo 13mila in azienda. Oggi aziende così non le trovate più”, sottolinea. È il primo filo che lega il suo intervento al libro di Sateriale: la dimensione del grande lavoro industriale, con le sue fabbriche-città, è scomparsa, ma per decenni ha plasmato società, politica e territori.
Cofferati ricorda come Pirelli e Marzotto diventino, tra il ’68 e il ’69, laboratori di una nuova stagione sindacale, e come in quegli anni si introducano innovazioni che oggi sembrano quasi esotiche: il passaggio dal lavoro individuale al lavoro collettivo, costruito proprio su una vertenza sul cottimo. C’è anche il sindacato internazionale, molto concreto: il sabotaggio del rame cileno nei cavi elettrici per sostenere la lotta contro la dittatura, una scelta “coraggiosa”, discussa con Napolitano e Lama e accettata dall’azienda. “Dare un senso politico a ciò che facevano tutti i giorni in fabbrica”, la definisce.
E poi il grande tema dei rapporti con le controparti: “Col padrone dell’azienda si parlava di merito, anche quando le opinioni erano diversissime. Quel modo di fare, Gaetano lo racconta bene: ci fa vedere un mondo di conflitto duro ma non urlato, dove la controparte non era un nemico da distruggere”.
Oggi, laddove c’era il deposito di pneumatici, sorge il teatro degli Arcimboldi. Dove c’erano i reparti, ci sono aule universitarie. “Teatro e università al posto della produzione: è un altro mondo, ma non un mondo senza memoria”, conclude Cofferati. Il merito del libro, per l’ex europarlamentare, è proprio questo: restituire quella storia ai figli e ai nipoti di chi non vedrà mai una grande fabbrica dall’interno.
Sateriale, da parte sua, intreccia il filo personale con quello collettivo. Racconta l’amicizia “composta di molti litigi” con Cofferati, nata ai tempi dei chimici e della Montedison di Ferrara e un episodio emblematico: l’occupazione del petrolchimico fermata da un giovanissimo segretario nazionale dei chimici arrivato da Roma “senza nemmeno avvisare”. “Aveva ragione lui – ammette Sateriale – ma per me, giovane segretario, andare all’assemblea generale a dire che l’occupazione era finita non fu proprio una passeggiata”.
C’è spazio anche per un ricordo che colloca la Cgil sul crinale, allora tutt’altro che scontato, dell’autonomia. Sateriale racconta quando, in un congresso di sindacati filosovietici nell’Est Europa, il segretario di un sindacato cecoslovacco ringraziò l’Unione Sovietica di essere intervenuta con i carri armati a Praga. Tornando al suo posto, accanto a Luciano Lama, si ritrovò le sue gambe tese sul corridoio per impedirgli di passare e costringendolo a fare il giro di tutta la sala: un gesto muto ma chiarissimo. Piccoli episodi, che nel libro diventano tessere di un mosaico: la storia di una Cgil spesso in tensione con il mondo sovietico, mai subalterna.
Fedeli entra poi nel vivo del “come” si faceva sindacato. Ricorda le sue origini a Milano, maestra delle scuole dell’infanzia del Comune, quando organizzava le mobilitazioni contro la giunta di sinistra che voleva aumentare l’orario senza capire cosa significasse “stare in classe con 35 bambini di sei anni”. Scioperi creativi che non penalizzavano i genitori, ma che colpivano l’amministrazione.
Il libro di Sateriale, dice Fedeli, “andrebbe studiato da chiunque voglia occuparsi di lavoro, impresa, società: è un manuale vivente di relazioni sindacali”. E ne coglie soprattutto due aspetti: il rigore della rappresentanza, citando l’episodio di Bruno Trentin che nel ’92 firma un accordo contestato e si dimette per non aver rispettato fino in fondo il mandato, e la costruzione dei gruppi dirigenti.
Nella parte più attuale del suo intervento, Fedeli indica la frattura: populismo politico, disintermediazione e sindacati spesso divisi nel rapporto con i governi. “Per anni abbiamo smarrito l’idea che uniti si vince”, dice, augurandosi che il recente contratto dei metalmeccanici apra una nuova fase.
Infine, Cuperlo legge “Corso Italia 25” come un libro “sincero, non agiografico”, reso più libero dall’alter ego narrante che ricorda un po’ certa “dinamica morettiana”: dire, attraverso un personaggio, ciò che l’autore forse si tratterrebbe dal dire. Il suo intervento allarga lo sguardo: mette accanto le pagine di Sateriale ai passaggi degli ultimi decenni – dalla crisi del socialismo europeo alle derive securitarie sui migranti, fino agli attuali modelli di capitalismo.
Per Cuperlo non basta criticare la disintermediazione “alla Renzi” (Palazzo Chigi che parla direttamente all’opinione pubblica), se dall’altra parte si immagina un sindacato che si rivolge “direttamente al popolo” senza ricostruire un rapporto forte con la politica. “Se vogliamo sconfiggere questa destra – conclude – serve un’alleanza grande del mondo del lavoro, in tutte le sue forme, con una politica umile ma capace di rappresentare e garantire quegli interessi”.
In fondo, cos’è “Corso Italia 25”? Non solo la memoria “da dentro” della Cgil raccontata da uno dei suoi protagonisti, ma una lente per guardare a un presente dove il lavoro è cambiato, le grandi fabbriche non ci sono più e la rappresentanza sociale fatica a trovare voce. La scommessa di Sateriale, e di chi martedì ha discusso con lui, è che quella storia, anziché chiudersi con un “punto”, possa ancora servire da bussola per immaginare nuove forme di sindacato, di politica e di democrazia.
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