C’è una sorta di cortocircuito interno alla componente femminile di questa amministrazione che in occasione della giornata del 25 novembre, organizza in Sala del Consiglio comunale una giornata di riflessione “sulla prevenzione e contrasto alla violenza di genere”.
Iniziativa sulla quale ovviamente non ho niente da ridire, corredata poi da un successivo convegno nel pomeriggio tutto a cura dei Fratelli d’Italia (Fratelli e non Sorelle) dal titolo “Tutti assieme contro la violenza”.
Fa piacere che almeno una volta all’anno ci si fermi a riflettere sulla condizione femminile senza considerarlo un “piagnisteo femminista”, come l’ineffabile assessora Francesca Savini ha avuto modo di dire nell’aula consiliare riferendosi alle mie considerazioni sulla violenza verbale utilizzata dagli stessi rappresentanti istituzionali nel confronto dialettico durante le sedute di Consiglio comunale o sui social.
La stessa assessora (che predilige il termine maschile di assessore e consigliere anche in spregio alla grammatica italiana) con l’infelice espressione “piagnisteo femminista”, ha tirato un calcio ad anni e anni di conquiste femministe, comprese quelle delle suffragette le cui battaglie all’inizio del secolo scorso consentirono di arrivare al suffragio universale e alla scrittura della parità di genere scolpita dall’art.3 della nostra Costituzione: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso” [..], ribadita all’art. 37: “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore” e all’art.51 : “tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne”.
La scelta del 25 novembre come celebrazione della Giornata contro la violenza di genere risale al 1981, quando le attiviste dei diritti per le donne (le femministe da piagnisteo) scelsero la data in onore delle sorelle Mirabal, tre attiviste politiche della Repubblica Dominicana che vennero brutalmente uccise proprio il 25 novembre nel 1960 per ordine del dittatore del paese, Rafael Trujillo.
Come definita dalla Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne emanata dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 1993, la violenza sulle donne è: “ogni atto di violenza basato sul genere che risulti, o potrebbe risultare in, sofferenza e danni fisici o psicologici per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o l’arbitraria deprivazione della libertà, che occorra in pubblico o nella vita privata”.
Quando all’interno di un luogo istituzionale o da parte di un rappresentante istituzionale o perfino della massima autorità cittadina si usa la violenza verbale o lo scherno contro una persona che esprime dissenso, se quella persona è femminile si incappa esattamente in quel tipo di violenza psicologica che alimenta il maschilismo da cui discendono le degenerazioni di violenza di genere.
Dunque l’auspicio è che il contrasto alla violenza di genere parta dal cuore stesso del dibattito politico istituzionale cittadino e nazionale e che soprattutto le donne di potere, siano esse premier, direttrici d’orchestra, assessore o consigliere introiettino il diritto ad essere riconosciute nella valenza della propria differenza di genere, rimarcandone l’uso adeguato della parola.
“Nessun mondo nuovo, senza un nuovo linguaggio” (Ingeborg Bachmann).
Marzia Marchi, capogruppo M5S in Consiglio comunale
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