Politica
24 Novembre 2025
Le professoresse Annoni e Giolo tracciano un quadro della situazione durate un incontro organizzato a Grisù da Sinistra per Ferrara

Gaza, una pace lontana e nuove forme di occupazione

di Redazione | 3 min

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“Quale pace per la Palestina?”, probabilmente nessuna anzi, il cosiddetto Piano Trump potrebbe trasformarsi semplicemente in una diversa occupazione sotto l’egida di una “strana bestia”, il board presieduto dal presidente degli Stati Uniti di cui dovrebbe far parte anche l’ex primo ministro britannico Tony Blair.

A parlarne al Consorzio Factory Grisù sono state due professoresse dell’Università di Ferrara invitate da Sinistra per Ferrara, Alessandra Annoni (Diritto internazionale) e Orsetta Giolo (Filosofia del diritto). Accanto a loro Franco Ferioli di Ferrara per la Palestina e Saad Kiwan, giornalista libanese in collegamento da Beirut. A moderare il giornalista di estense.com Pietro Perelli.

La professoressa Annoni ha innanzitutto ricordato che “l’origine del Piano Trump non è la penna di Donald Trump ma quella di Tony Blair”, un progetto nato nel 2025 che inizialmente aveva la parvenza di un piano economico per Gaza e trasformato nella proposta in venti punti approvata dalle Nazioni Unite lunedì scorso. Un documento che “fino all’altro ieri non aveva alcun valore giuridico” e che ora, allegato alla risoluzione, “diventa fonte di diritti e obblighi internazionali”.

Ciò che di più sorprendente prevede il piano è la realizzazione del Board of Peace, definito da Annoni “una strana bestia, un soggetto nuovo che non è un organo delle Nazioni Unite né un’organizzazione internazionale” ma che amministrerà Gaza. Un organismo a cui per ora si prevede la partecipazione di Trump e Blair, “uno strano soggetto misto”, lo definisce Annoni, poiché avrebbe una composizione che a soggetti in rappresentanza di Stati e soggetti che paiono scelti come singoli individui.

Accanto alla Board of Peace opererà poi un “governo tecnocratico” palestinese: un comitato di figure che non dovrebbero essere legate a forze politiche attive a Gaza, incaricate di gestire la vita quotidiana nella Striscia, ma sempre “sotto la supervisione della Board of Peace”. Una forza internazionale di stabilizzazione dovrebbe avere invece il compito di occuparsi della sicurezza pur non trattandosi “di una missione di caschi blu”, chiarisce Annoni. Gli Stati partecipanti agiranno “sotto propria responsabilità”, senza una catena di comando Onu, e potranno essere coinvolti solo “previo approvazione di Israele ed Egitto”.

Una configurazione che, secondo la giurista, rischia di trasformarsi “in un’altra occupazione militare, solo che cambiano gli attori”. A colpire Annoni è anche ciò che la risoluzione non dice. “Non c’è una parola sulla Cisgiordania o su Gerusalemme Est”, osserva. Né vi è traccia delle pronunce della Corte Internazionale di Giustizia sul genocidio o sull’obbligo di ritiro israeliano: un silenzio che la professoressa definisce “assordante”.

Se Annoni analizza la struttura giuridica del testo, la professoressa Giolo inizia la sua riflessione partendo dalla parola “pace”, oggi “oggetto di una trasformazione orwelliana: chiamiamo pace la guerra e guerra la pace”. Per Giolo, la risoluzione è il prodotto di una transizione lunga vent’anni: la collisione tra il vecchio modello costituzionale dei diritti e la logica della globalizzazione neoliberale. “Sono due sistemi – spiega – concorrenti e incompatibili. Uno si fonda sui limiti al potere, l’altro sul potere disinibito”.

La Board of Peace incarna questa fusione impossibile: “Il monstrum tenta di mescolare un pezzo del vecchio sistema con la logica dello spazio globale”. È un ibrido in cui soggetti pubblici, privati, tecnocrati e forze militari vengono tenuti insieme artificialmente, creando “un tentativo di fusione di due modelli che non possono stare assieme”.

Giolo richiama l’attenzione sul ritorno della violenza come strumento di comando, quella brutale vista a Gaza “è la massima espressione nello spazio globale” che oggi “pervade le relazioni sociali e politiche”.

Eppure, uno spiraglio resta, “nulla è perduto in via definitiva”. L’alternativa, secondo Giolo, viene dall’idea di una “Costituzione della Terra” proposta da Luigi Ferrajoli che in uno degli articoli propone il bando universale delle armi. “Non è utopia – conclude Giolo -, ma realismo dei tempi lunghi”.

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