di Andrea Pieroni
“Stragi d’Italia: il caso Almasri e tutto quello che Giorgia Meloni e il suo governo non vogliono ammettere”. È questo il titolo del libro di Luigi Li Gotti, avvocato e politico italiano, già difensore di pentiti mafiosi come Tommaso Buscetta e Giovanni Brusca, presentato all’Ego’ Lounge in piazzetta Cacciaguida a Ferrara.
Accanto a lui Stefano Baudino, giornalista per “Il Fatto Quotidiano” e saggista per “Il Corriere della Sera” mentre a moderare è stato l’avvocato Domenico Morace. L’evento si è concentrato sulla lotta alle mafie e sulla tutela della legalità e della trasparenza istituzionale, mettendo in evidenza come spesso il conflitto con la mafia si intreccia con la denuncia di depistaggi e falsità di Stato.
Prima di raccontare gli interventi è rigoroso ripercorrere, in breve, ciò che è successo a Torino nel gennaio 2025. Il capo della polizia giudiziaria libica, Osama Almasri, è stato arrestato in seguito ad un mandato della corte penale internazionale per presunti crimini contro l’umanità. Tuttavia, dopo soli tre giorni, l’uomo è stato scarcerato a causa di un errore procedurale legato alla mancata trasmissione degli atti dal Ministero della Giustizia alla Corte di appello. Successivamente, Almasri è stato rimpatriato in Libia dal governo italiano con un volo di Stato, decisione che ha sollevato polemiche politiche all’interno del paese.
In un audace intervento ricco di passione e profondità, l’avvocato Luigi Li Gotti rompe il silenzio e mette in discussione molte delle scelte del nostro sistema giudiziario e politico, prendendo spunto dal recente caso Almasri e da vicende che toccano da vicino il cuore della nostra nazione. La sua analisi disegna un quadro inquietante di ingiustizie, omissioni e atteggiamenti di sudditanza a poteri sovranazionali che, secondo lui, minano la nostra sovranità e alla capacità di fare pienamente giustizia.
Li Gotti si presenta come un uomo che, di fronte alle notizie di stampa, ha sentito il dovere di agire: “Ho preso l’iniziativa quando ho letto i giornali e mi sono sentito offeso dal comportamento del governo. La denuncia nasce dall’aver individuato reati gravi, tra cui il favoreggiamento personale, un reato che si inserisce nel più ampio quadro di protezione e imbarazzo delle istituzioni di fronte ai propri doveri di giustizia e legalità. Recentemente, questa fattispecie è stata anche rafforzata, includendo tra i soggetti passivi non solo l’autorità giudiziaria italiana ma anche la Corte penale internazionale”.
“Il caso di Almasri, tra gli aspetti più sconvolgenti successi nella nostra nazione, – prosegue Li Gotti – rappresenta una ferita aperta: un uomo accusato di gravissimi crimini, tra cui omicidi e violenze sessuali su un minore, viene trasferito in Libia e, incredibilmente, accolto come un eroe. Il suo rimpatrio trionfale, con un aereo di Stato italiano, solleva numerose domande sulla compatibilità di tali comportamenti con la legge e sui veri interessi nazionali”.
“Il governo italiano – denuncia Li Gotti – ha preferito piegare la legge e i principi di giustizia alle sue convenienze politiche, lasciando che un criminale di così elevata pericolosità rientrasse in Europa come se nulla fosse.” La vicenda si intreccia con le modalità con cui l’Italia tratta i casi di estradizioni e il rispetto dei mandati di cattura internazionali, evidenziando un sistema complicato e, a suo avviso, troppo spesso sottoposto a logiche di potere.
Li Gotti, racconta, che per lui un’altra fonte di grande dolore è il caso di una bambina italiana di nome Hager di sette anni sottratta alla madre, Federica Federici, quattro anni fa, rapita e portata illegalmente in Libia dal padre Mohamed B. membro di una famiglia protetta da un potente clan locale. “Le autorità italiane sembrano incapaci di intervenire efficacemente;- spiega Li Gotti – la madre, disperata, si rivolge all’ambasciata e agli istituti diplomatici, ma si scontra con un muro di silenzio e di promesse non mantenute. Gli esponenti politici hanno illuso questa donna, dandole false speranze e poi lasciandola sola nel suo calvario.”
Li Gotti si sofferma anche sui rapporti internazionali e il pensiero dell’Italia rispetto a temi di grande attualità globale, come la crisi venezuelana e il ruolo degli Stati Uniti. Racconta della vicenda di Alberto Trentini detenuto da oltre un anno in Venezuela senza accuse formali nonostante gli sforzi diplomatici italiani tesi all’estradizione. “Ciò non accade – dice – ai cittadini francesi che vengono invece celermente estradati da quel paese. Questo evidenzia un indebolimento della nostra posizione diplomatica, alimentato dalla mancanza di una linea decisa e di un rapporto di reale fermezza con le potenze straniere”.
“Come possiamo accettare – si chiede Li Gotti – che la nostra diplomazia si limiti a un ruolo di comparsa, senza mai alzare la voce e senza tutelare i nostri cittadini? Siamo vassalli di poteri esterni che ci usano come pedine in giochi molto più grandi.”
Cambiando argomento, un capitolo importante del suo discorso riguarda anche il problema del terrorismo in Italia, dal dopoguerra ad oggi. Li Gotti sottolinea come la memoria storica, uno strumento fondamentale per la verità, sia continuamente offuscata da un lavoro di manipolazione e di copertura. La forza di internet, e di un’ampia conoscenza delle sentenze e dei verbali, permette di conoscere più a fondo il passato, ma spesso le istituzioni preferiscono alimentare il velo del mistero.
Un esempio su tutti è il rilancio di teorie e accuse sui gruppi estremisti, spesso sottovalutando le radici e le connessioni reali, e privilegiano la strategia dell’oblio.
“Il ministro Nordio -dice Li Gotti- ha detto che il tempo è il padre dell’oblio. Ma il tempo, invece, deve essere il nostro alleato per fare chiarezza sulle stragi, sugli attentati e sui remoti collegamenti tra mafie, poteri occulti e il sistema politico”. “Muri di silenzio e bugie – specifica Li Gotti- sono diventati strumenti di potere e di intimidazione. La nostra sfida è di continuare a scavare e a portare alla luce ciò che altri preferiscono lasciare sotto il tappeto.”
Stefano Baudino, giornalista per “Il Fatto Quotidiano” e saggista per “Il Corriere della Sera”, spiega di come nell’attuale dibattito politico e giudiziario italiano, permanga una forte tensione sulle responsabilità e sui collegamenti delle stragi degli anni ’90. Recentemente, in commissione parlamentare antimafia, si è assistito a una presa di posizione che ha riacceso la polemica, incentrata sulla controversa affermazione che “l’unica strage è quella di via D’Amelio”, come se le altre fosse possibile ignorarle o relegarle a un piano diverso. Ma la realtà è molto più complessa: le stragi di Capaci, via Palestro a Milano, via dei Georgofoli a Firenze, gli attentati a Roma, sono tutte parti di una strategia di attacco allo Stato orchestrate da ambienti deviati dello stesso che ancora oggi chiedono giustizia e verità.
A mettere nero su bianco questa verità scomoda – fa presente Baudino – è stato Roberto Scarpinato, senatore e già procuratore generale di Palermo, che ha presentato un documento di 52 pagine allegato a un libro ricco di approfondimenti. Un testo che “tenta di fare luce sui tanti interrogativi ancora irrisolti, aprendosi a un percorso di riflessione senza pregiudizi o tesi preconcette, ma con l’obiettivo di arrivare a chiarire i molteplici enigmi di un passato taciuto o distorto”.
La reazione della presidente della commissione antimafia non si è fatta attendere: “un disegno di legge – riprende Baudino – volto a escludere Scarpinato dalla commissione, sostenendo, forse pretestuosamente, che ci siano questioni di incompatibilità”.
Un altro caso emblematico riguarda la presenza di documenti e prove sulle stragi di Bologna, sui collegamenti tra ambienti dell’estrema destra, servizi deviati e il ruolo di personaggi come Licio Gelli, Mario Tedeschi, depistatori delle indagini e altri esponenti di un inquietante sistema occulto che sembra ancora dominare con ombre e misteri.
In questa cornice di misteri irrisolti si inserisce anche il legame tra l’attentato di Bologna, i rapporti tra ambienti di destra e i servizi segreti internazionali, in particolare gli Stati Uniti, e le oscure manovre di influenza sul nostro Paese durante gli anni più tempestosi della nostra storia Repubblicana.
“Nella complessità della memoria collettiva italiana, emergono ancora oggi fenditure profonde che rivelano l’ombra di una storia nascosta o volutamente dimenticata. È doveroso, come cittadini, come cittadini consapevoli, fare luce su quanto di oscuro si cela dietro le tragedie, le stragi e le complicità di un paese che si vorrebbe raccontare solo attraverso una narrazione ufficiale distorta e incompleta.” – spiega Luigi Li Gotti.
Conclude l’avvocato Li Gotti con un messaggio di speranza:” lottare per la verità, per la storia e per un’Italia libera e democratica è un dovere di tutti. Come ha detto qualcuno con coraggio, possiamo e dobbiamo scalare l’oblio e restituire dignità a una memoria democratica che non deve essere mai sopita. La nostra storia, il nostro passato e il presente sono un invito a non arrenderci, a resistere, e a ricostruire un futuro in cui giustizia e verità siano finalmente al centro di ogni azione. Restiamo uniti e vigili. La verità vincerà”.