Cronaca
21 Ottobre 2025
La battaglia legale del giornalista ferrarese Mario Fornasari dopo la morte della moglie arriva a una prima sentenza. L'ospedale dovrà risarcire quasi 360mila euro

Tecnica sbagliata per rimuovere un tumore. Condannato il Sant’Anna

di Davide Soattin | 3 min

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La giudice Monica Bighetti del tribunale civile di Ferrara ha condannato – in primo grado – l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara a pagare quasi 360mila euro di indennizzo a Mario Fornasari, firma storica del Resto del Carlino, riconoscendo la responsabilità civile del Sant’Anna per la morte anticipata della moglie, la 55enne Elisabetta Marcigliano, scomparsa – il 20 luglio 2021 – per le complicazioni dovute a un errore durante un’operazione chirurgica per rimuovere un sarcoma all’utero.

La donna si era presentata il 15 agosto 2018 all’accettazione ostetrico-ginecologica d’urgenza di Cona accusando dolori addominali persistenti da due giorni. Venne dimessa due giorni dopo. Con sé la prenotazione per un intervento di isterectomia d’urgenza, al quale si era sottoposta il successivo 6 settembre. Il referto istologico era atteso un mese dopo, ma le era stato consegnato solamente il 31 ottobre. La diagnosi parlava di sarcoma uterino al primo stadio.

Le erano stati prescritti dei cicli di chemioterapia, al termine dei quali venne eseguita, il 4 maggio 2019, una tac al torace che evidenziò “una ripresa ed una grave diffusione della malattia”. Le venne quindi consigliato un nuovo ciclo di chemioterapia, al quale la paziente rispose in modo nefasto: perse coscienza e cadde a terra.

La donna si fece operare nell’agosto 2020, questa volta presso il Policlinico Federico II di Napoli per un “residuo macroscopico di malattia” e l’esame istologico descrisse “una recidiva di sarcoma connotato da un alto grado di replicazione (80%)”.

Nonostante il secondo intervento le condizioni di Elisabetta Marcigliano continuarono progressivamente e rapidamente a peggiorare, tanto da rendere nel frattempo necessaria anche l’attivazione di un’assistenza domiciliare fino alla fine, avvenuta il 20 luglio 2021.

Ora – a distanza di quasi quattro anni e mezzo – la sentenza del tribunale di Ferrara ha riconosciuto la responsabilità civile dell’ospedale, poiché invece di asportare l’utero in blocco, durante l’operazione chirurgica, i sanitari lo hanno fatto con una tecnica chiamata di “morcellazione” che consiste nel frammentare un tessuto solido per consentirne l’estrazione attraverso piccole incisioni.

“L’utero – scrive il tribunale – doveva essere rimosso intatto e non frammentando alcuna delle parti della struttura che conteneva la massa sospetta”. La scelta terapeutica dei medici è stata quindi inadeguata” aggiunge il giudice, dal momento che avrebbe provocato con elevatissima probabilità la disseminazione delle cellule tumorali e quindi la rapida recidiva della malattia.

La conseguenza dell’errore medico è effettivamente l’anticipazione della recidiva e quindi l’anticipazione del decesso della paziente, che “se non avesse sviluppato rapidamente la recidiva a causa della disseminazione delle cellule tumorali nelle pelvi, avrebbe vissuto libera la malattia con una altissima percentuale, più probabile che non per un periodo consistente”.

“La condotta colpevole dei sanitari – aggiunge quindi il giudice – ha provocato, secondo un nesso causale del più probabile che non, una anticipazione della recidiva pelvica e di conseguenza una anticipazione del decesso della paziente”.

Per questo motivo, l’evento di danno risarcito dal giudice del tribunale civile di Ferrara al marito della donna – assistito dall’avvocato Carlo Berti di Bologna –  è quindi la morte anticipata, e non la morte tout court, anche se secondo i periti l’evento morte sarebbe avvenuto comunque, seppur in un tempo significativamente posteriore.

Nel frattempo prosegue l’inchiesta penale su quanto accaduto, dopo che – lo scorso giugno – il gip Andrea Migliorelli aveva ordinato alla Procura di Ferrara di iscrivere nel registro degli indagati tre medici per omicidio colposo.

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