È stato formalmente ammesso alla messa alla prova il 48enne professore ferrarese finito a processo con l’accusa di aver approfittato del proprio ruolo di docente per adescare una giovanissima studentessa che frequentava una scuola secondaria di primo grado della provincia di Ferrara, dove l’uomo insegnava.
La messa alla prova è un istituto previsto dal codice penale italiano, che permette all’imputato di evitare la condanna a patto di seguire un percorso di riabilitazione sociale e controllo.
La decisione del giudice Giuseppe Palasciano del tribunale di Ferrara è arrivata ieri (lunedì 20 ottobre) mattina, a seguito del raggiungimento di un accordo economico per il risarcimento dei danni da parte dell’imputato a favore della parte civile, rappresentata dall’avvocato Simone Bianchi.
Durante l’udienza di ieri mattina, inoltre, l’imputato – finito alla sbarra per adescamento di minore – ha inoltre prodotto una certificazione medico-sanitaria che attesta l’inizio di un percorso terapeutico psicologico dopo quanto accaduto.
I fatti finiti sotto la lente della magistratura risalgono all’inizio dello scorso dicembre, a seguito della denuncia della madre della ragazzina, che nel frattempo ha già cambiato scuola.
Secondo il pm Augusto Borghini della Procura di Bologna, approfittando del proprio ruolo, l’uomo avrebbe indotto la ragazzina – che ha meno di 14 anni – a compiere atti di natura sessuale. E lo avrebbe fatto raccontandole – come recita il capo di imputazione – le proprie fantasie erotiche. Lo avrebbe fatto di persona e tramite uno fitto scambio di messaggi su Whatsapp. Oltre 10mila, secondo il consulente informatico della Procura che ha trovato anche tracce di telefonate e videochiamate tra i due, una delle quali di oltre un’ora e cinquanta minuti.
Un comportamento che, secondo la Procura di Bologna, avrebbe portato l’uomo a guadagnarsi la fiducia della vittima. Al punto tale che – secondo quella che è l’accusa – si sarebbe spinto anche a comportamenti morbosi, come baci e carezze, senza però sfociare in atti sessuali di nessun tipo. Così come, dalle consulenze informatiche eseguite su telefono, tablet e pc dell’insegnante, non sarebbero emersi file contenenti foto o video pedopornografici, né foto della ragazzina.
Il processo tornerà in aula il 20 gennaio, quando il giudice valuterà il programma stilato dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna per poi ammettere ufficialmente l’imputato alla messa alla prova.
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