Tresignana. Torna nuovamente sulle proprie parole – pronunciate nell’intervista pubblicata ieri (giovedì 2 ottobre) su Estense.com – l’avvocato Stefano Marangoni, legale di Filippo e Manuel Mazzoni, i due unici indagati per il duplice omicidio dei cugini Dario e Riccardo Benazzi, per cui la Procura di Ferrara ha nuovamente avanzato richiesta di archiviazione. Lo fa – dice – “al fine di evitare tentativi di strumentalizzazione ed equivoci”.
“Quando parlo di cortesia – ci tiene a precisare – non intendo assolutamente dire che il giudice, accogliendo l’opposizione avverso la prima richiesta di archiviazione, non abbia applicato la legge. Intendo dire che è andato comprensibilmente oltre. Nel senso che, ammettendo quesiti investigativi suppletivi, in ordine ai quali era facilmente prevedibile la conferma di quanto già in atti, è anche andato cortesemente, umanamente e rispettosamente incontro al profondo dolore dei famigliari delle vittime. È un elogio, non una critica”.
Marangoni specifica anche l’utilizzo del termine “irresponsabilità” in riferimento alla decisione dei legali delle famiglie delle vittime di proporre un’ulteriore opposizione. “Quando parlo di irresponsabilità – aggiunge – è ovvio che non mi riferisco ad una irresponsabilità di natura professionale. Peraltro nessun atto di opposizione avverso la seconda richiesta di archiviazione risulta depositata, e se dovesse essere depositata, non c’è dubbio alcuno che si tratterebbe dell’esercizio di un diritto, sebbene criticabile in diritto”.
“Per contro, mi riferisco, in generale, ad un aspetto morale. Se – spiega – un cliente mi chiedesse di esercitare un diritto basandosi solo su ragioni di rancore e vendetta e non fornendomi ragioni giuridiche, mi sentirei moralmente responsabile del mio operato”.
Da qui la decisione di utilizzare, durante l’intervista, l’esempio del buon avvocato e del buon cliente. “Ho sempre parlato in generale e non certo riferendomi, come non ho fatto, a nessun collega. Ho voluto indicare – sottolinea – solo un mio parametro di scelta nell’assumere incarichi professionali. Se un cliente mi chiedesse di esercitare un diritto, basandosi solo su ragioni di rancore e vendetta non sarebbe per me un buon cliente e non accetterei l’incarico. Non vuole certo essere una critica o una denigrazione a chi opera scelte diverse dalle mie”.
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