Tresignana
30 Settembre 2025
L'approfondimento investigativo non ha permesso di chiarire i dubbi evidenziati dal gip. Gli avvocati dei familiari dei cugini Benazzi: "Già presentata opposizione. Chiediamo l'imputazione coatta"

Duplice omicidio di Rero. La Procura chiede un’altra archiviazione

Sopralluogo Carabinieri a Rero
di Davide Soattin | 4 min

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Tresignana. Nessun colpo di scena, nemmeno dopo le ulteriori indagini ordinate – a novembre 2023 – dal gip. La Procura di Ferrara ha nuovamente avanzato una richiesta di archiviazione per Filippo e Manuel Mazzoni, padre e figlio, unici indagati per il duplice omicidio di Dario e Riccardo Benazzi, i due cugini che il 28 febbraio 2021 furono prima uccisi a fucilate e poi bruciati dentro a una Volkswagen Polo, dove vennero trovati carbonizzati, in un campo a Rero, al confine tra i territori comunali di Tresignana e Fiscaglia.

Per il pm Ciro Alberto Savino – che ha ereditato il fascicolo dalla pm Lisa Busato – l’approfondimento investigativo, infatti, non ha permesso di chiarire i dubbi evidenziati dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ferrara e da quello del tribunale del Riesame di Bologna relativamente alla gravità indiziaria, dal momento che gli elementi raccolti risultano essere “sicuramente compatibili con l’impostazione d’accusa” ma – scrive il pubblico ministero – “non univoci” circa la responsabilità dei due indagati finiti nelle carte dell’inchiesta.

Nello specifico, richiamando quanto già evidenziato dall’avvocato di parte offesa Denis Lovison nella propria opposizione, il gip aveva chiesto di effettuare ulteriori accertamenti tecnici, non solo sulla presenza delle tracce di lantanio sulla maglia in cotone nero di Manuel Mazzoni, ma anche per stabilire il numero minimo di soggetti necessari per portare a compimento l’azione successiva all’omicidio, quando i corpi dei cugini Benazzi sarebbero stati presi e sistemati sui sedili posteriori dell’automobile, poi data alle fiamme.

Ma non solo. Il giudice aveva anche chiesto ulteriori analisi sui profili genetici ritrovati, inserendoli nella banca dati e comparandoli con il dna di un altro soggetto che sarebbe stato presente sul luogo del delitto quella mattina. Si trattava della stessa persona che per ultimo avrebbe visto in vita le due vittime e che, proprio per questo motivo, come chiedeva il gip agli inquirenti, poteva essere interrogato ulteriormente dal momento che, sotto intercettazione, avrebbe avanzato sospetti sulle responsabilità di Filippo Mazzoni.

Gli accertamenti sul lantanio e sul materiale genetico hanno però dato riscontro negativo, mentre quelli relativi al numero minimo di soggetti per trasportare i corpi senza vita dei Benazzi hanno confermato che una sola persona non fosse in grado di fare quello che è stato fatto, come peraltro già era stato evidenziato durante le indagini. Così come nessun ulteriore contributo è arrivato dalle sommarie informazioni testimoniali a cui era stata sottoposta la terza persona che diceva di aver visto per ultimo i cugini Benazzi prima del fatto.

Le risultanze, quindi, permettono “solo di stringere il campo degli assassini – o quanto meno di coloro che occultarono, distruggendoli, i cadaveri – non su uno ma su almeno due soggetti” sottolinea il pm Savino, mentre “restano aperte le perplessità evidenziate dai giudici” circa l’orario del delitto (i giudici non hanno ritenuto provato che l’omicidio fosse stato commesso prima delle 11), alla riconducibilità dei Mazzoni dell’incendio della vettura (non sufficientemente probanti i tabulati e la presenza all’interno dell’auto di stracci e materiale incendiabile rinvenuto nell’abitazione di padre e figlio), all’arma utilizzata per il delitto e il munizionamento (non compatibili con l’arma in sequestro) e alla possibilità di collegare l’atto efferato all’uno, all’altro o a entrambi gli indagati.

Gli avvocati Denis Lovison e Massimiliano Sita – che assistono i famigliari delle due vittime – hanno fatto sapere di aver già presentato opposizione alla richiesta di archiviazione, chiedendo l’imputazione coatta per i due indagati, oltre che ulteriore attività istruttoria: “Riteniamo che sussistano tutti gli elementi di prova necessari a spiegare un’imputazione coatta e questo chiederemo al gip. Dopo la prima opposizione erano state disposte ulteriori investigazioni che, a nostro avviso, hanno portato a ulteriori elementi di prova, idonei a sostenere un’accusa in giudizio”.

I due legali concludono: “Insisteremo per ottenere quindi un’imputazione coatta, chiedendo nuove prove e suggerendo alcuni temi d’indagine finora rimasti inesplorati. L’obiettivo è quello di arrivare a celebrare il processo al fine di individuare le responsabilità degli indagati e dare giustizia alle vittime di questo efferato duplice omicidio. Lo diciamo perché riteniamo sia giusto che i familiari possano sapere quello che è successo, com’è successo, ma soprattutto possano finalmente venire a conoscenza di chi ha commesso tutto questo”.

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