Attualità
27 Settembre 2025
Michele Dalai, l’autore: “Sarebbe bello se il male avesse una sua dimensione ma il mondo è pieno di predatori freddi”

Aldro e il libro che non andava scritto

di Camilla Mondini | 3 min

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“E poi c’è lui, Federico, che cammina da solo verso casa, inconsapevole che il suo tempo scivoli via, veloce come il suo respiro”. Così recita il libro ‘Aldro, storia di un orrore perbene’ di Michele Dalai (pubblicato da Compagnia editoriale Aliberti) presentato ieri (venerdì 26 settembre) al Korova Milk Bar di Ferrara.

Michele conosce Patrizia e Lino da molti anni, li ricontatta in occasione della scrittura del suo libro rientrando in punta di piedi in una vicenda che ha visto “l’assurdità di vedere l’opinione dividersi davanti ad un corpo di un diciottenne”, spiega l’autore.

“Sarebbe bello se il male avesse una sua dimensione – continua Dalai – ma il mondo è pieno di predatori freddi e il male, a volte, è banale. Questo è un libro che non andava scritto perché una cosa del genere non doveva succedere. Nelle storie c’è sempre il detto e l’indicibile ma l’indicibile prende un’importanza enorme nel racconto della verità”.

“Michele ha trovato le parole che avrei voluto sentire da Federico e che mi immagino direbbe se fosse ancora qua tra noi – spiega Patrizia Moretti – questo libro ha una profondità che apre il cuore”.

A moderare l’incontro la giornalista Stefania Andreotti che, nel rivolgersi a Lino, afferma che durante la fiaccolata “ho sentito ancora il peso del silenzio che ha accompagnato questa storia”.

“Federico quella mattina non era niente di quello che hanno raccontato dopo – ricorda Lino – avrei voluto da parte dei ferraresi una presa di distanza risotto all’accaduto, cosa che non è avvenuta. Avrebbero dovuto chiedere agli amici e ai familiari chi era veramente, ma non lo hanno fatto”.

La narrazione che fece la stampa dell’accaduto, 20 anni fa, fu frutto di un silenzio e di un depistaggio che nasconderà la verità ancora per molto. “Oggi le notizia sono più fruibili ma anche più istantanee – afferma l’amico Andrea Boldrini – quella sera secondo il racconto che ne era stato fatto fummo noi a gettarlo giù dall’auto. Noi eravamo strafatti e lui era un drogato. Questa etichetta ci e lo perseguitò per troppo tempo. Sono stati poi tre giornalisti nazionali, con i loro articoli mossi dal blog di Patrizia, ad spingere la stampa ferrarese ad indagare sulla vicenda. Ci sono state tante persone che hanno ucciso Federico” – conclude.

Dalai parla poi del rancore, quello che non è presente nella sua narrazione e nemmeno nelle parole dei genitori di Federico. “Nelle parole di Lino e Patrizia sento rabbia e dolore – afferma – ma mai rancore perché è proprio il rancore che in tutti questi anni ha permesso il silenzio e la menzogna. Oggi da una narrazione ci si aspetta leggerezza ma non è così, bisogna anche disturbare”.

Lino, invece, ancora aspetta il ritorno di Federico a casa: “con la mente sono ancora là che aspetto che si apra la porta e lui rientri”.

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