Attualità
7 Settembre 2025
Diego Marani replica a Igino Massari: "Innovare senza memoria è amnesia culturale"

“Il pampepato non è una porcheria”

di Redazione | 2 min

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Le parole di Igino Massari sul pampepato ferrarese – definito dallo chef “una porcheria, roba vecchia che bisogna rinnovare” – hanno suscitato reazioni contrastanti. Tra le voci più appassionate si alza quella dello scrittore e intellettuale ferrarese Diego Marani, che in un intervento dal tono insieme intimo e polemico ribalta la logica dell’innovazione a tutti i costi.

Per Marani, ridurre il pampepato a un semplice dolce significa ignorarne il vero significato:

“Dentro un dolce non c’è soltanto il cacao, il pepe, la frutta secca. C’è la memoria. Ci sono le mani che lo hanno impastato per decenni, c’è la voce di chi ti diceva che non bisognava toccarlo ancora caldo, che era meglio aspettare il giorno dopo”.

Il sapore autentico, sostiene, non si trova soltanto nel palato, ma in un intreccio di ricordi, gesti e affetti: “Il sapore vero non sta nella bocca, ma in quella zona imprecisa tra il ricordo e l’affetto, dove ogni spezia diventa evocazione, ogni morso diventa racconto”.

Lo scrittore rievoca poi un’immagine personale e familiare, legata alla vigilia di Natale: “Mia nonna quando preparava i pampepati la notte della vigilia li metteva fuori, nella nebbia. Diceva che dovevano ‘maturare’”. Un gesto apparentemente inutile, ma ricco di senso: “La magia era proprio il gesto inutile, il lasciar fare al tempo e alla nebbia quello che non potevano fare né il forno né lo zucchero. Era un atto simbolico, e per questo più potente di qualsiasi trucco da chef stellato”.

Per Marani, la tradizione non è immobilità, ma stratificazione di vite e di storie: “Un dolce tradizionale non è mai un fossile: è vivo perché porta con sé le generazioni che l’hanno fatto e rifatto […] La tradizione non è necessariamente immobilità, è anche movimento. È sedimentazione, è stratificazione di errori e di affetti”. Il pampepato, con la sua rusticità, diventa così un simbolo di comunità: “Non era pensato per stupire, ma per durare, per accompagnare i giorni di festa e rinnovare il senso della comunità, della famiglia, della nostra terra”.

Innovare, ammette Marani, non è un crimine, ma può diventarlo se privo di radici: “Innovare senza memoria è una forma di amnesia culturale. Quando Igino Massari parla di ‘porcheria’ non offende il pampepato, offende i ricordi che lo tengono vivo”. La cucina, conclude, è prima di tutto identità: “La cucina, in fondo, non è mai solo questione di gusto: è un modo di ricordare chi siamo. Un pampepato modernizzato, alleggerito, reso ‘gourmet’, non sarà mai migliore del nostro vecchio pampepato ferrarese. Sarà un dolce senza radici, senza identità, da brancare fuori da uno scaffale di un supermercato e buttare nel carrello”.

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