“Ero appena arrivato a Bologna, era l’ultimo arrivato. Mi hanno affidato le grane più fastidiose, cioè il processo per l’Italicus bis e successivamente uno stralcio del processo alla strage di Bologna”.
Quella di Leonardo Grassi è una delle otto clip che raccontano le storie di chi ha perso un familiare, o è rimasto ferito, oppure ha prestato i soccorsi alla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Si tratta di una testimonianza di tre minuti che verrà proiettata il 4 agosto in occasione del 45esimo anniversario della Strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980: un progetto promosso dall’Associazione tra i familiari delle vittime e dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna in collaborazione con la Cineteca di Bologna e la Fondazione Bottega Finzioni. Le musiche originali sono di Paolo Fresu.
Leonardo Grassi, magistrato che vive a Ferrara, nel 1980 era arrivato da poco a Bologna, si occupò delle stragi dell’Italicus e delle indagini sul massacro del 2 agosto. Qui la sua intervista resa al Servizio Informazione dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna.
“L’indagine dell’Italicus – spiega Grassi – nasceva grazie all’iniziativa e all’impulso di Claudio Annunziata che allora era pubblico ministero, sulla base dell’ovvia considerazione che una strage di quel genere non potevano averla commessa solo tre persone, ma occorreva una organizzazione alle spalle”.
Il magistrato ricorda che “cercavo di avere una visione di insieme rispetto alle stragi precedenti, cioè tutte stragi che facevano arte di una strategia definita strategia della tensione che alla fine si è protratta fino a 1980 con queste certe modalità culminando nella strage di Bologna che è stata come sappiamo tutti la più cruenta”.
“La gestione dello stragismo negli anni ’70 e inizio ’80 – sottolinea – era dei neofascisti, c’era un vertice piduista, Licio Gelli per semplificare al massimo e gli esecutori erano questi gruppi neofascisti”.
E lui, “per via di questi processi, non sono stato un giudice ordinario, ero in un’altra dimensione, una dimensione pericolosa ma anche avvincente. Si trattava di andare dentro a questi meccanismo per questo è stata una esperienza umana e professionale importantissima”.