di Elena Coatti
In una Ferrara che d’estate si riempie di concerti, festival, street food e grandi eventi, c’è un altro volto della città che resta nell’ombra. E’ il centro storico, dove i tavoli vuoti, frigoriferi pieni e bilanci in rosso raccontano una realtà ben diversa da quello delle affollate Darsena e piazza Ariostea. A denunciarlo apertamente sono Chiara Galassi di Retrò Vino e Marco Forlani di Enoteca10, due gestori che hanno deciso di metterci la faccia. Ma, dicono, non sono soli: il problema riguarda ormai molte delle attività del centro storico. Alcune di queste contattate dalla redazione, o per paura o per rassegnazione, hanno preferito non rilasciare dichiarazioni.
“A giugno ho perso il 30% del fatturato”, racconta Forlani. “Io ho perso 6mila euro nello stesso mese”, dice Galassi. “È un crollo economico evidente, che in tanti stanno vivendo in silenzio”, convengono. Lo dimostra anche una chat di gruppo su Whatsapp con una cinquantina di altri gestori, sulla quale lamentano questo clima di crisi. Una crisi che, dicono Galassi e Forlani, è ben visibile a chi lavora senza dipendenti: “Le grandi attività magari lo sentono dopo, noi subito. Se una sera non entra nessuno, noi lo paghiamo il giorno dopo. Frigoriferi da riempire, bollette da saldare. E clienti che non ci sono”. E la causa, secondo loro, è chiara: la progressiva desertificazione del centro, dovuta a una programmazione degli eventi estivi che porta tutto “fuori dalle mura”, o quasi, lasciando le vie centrali spente e senza attrattiva.
La denuncia non è contro l’amministrazione o gli eventi in sé, ma contro una scelta urbanistica e culturale che secondo loro lascia il centro storico ai margini della programmazione estiva. “Al centro cosa resta? La festa della pizza, quella irlandese… – dice Galassi -. Ma sono piccole cose, nient’altro. Non c’è più un evento musicale o culturale serio qui”. L’impressione è che sia cambiato il paradigma: “Una volta si veniva in centro per vivere la città. Ora serve un pretesto. E se non c’è, la gente resta a casa o va altrove. Il risultato? Le attività chiudono e la città muore”.
Per entrambi, alla base c’è una mancanza di offerta culturale solida e diffusa: “Il Palazzo dei Diamanti è fuori dalle rotte. Le mostre attraggono poco. Manca una cultura seria che riporti le persone a vivere il centro”, dice Marco, che ha aperto Enoteca10 nel 2018. Chiara lo ha seguito nel 2021 con Retró Vino. Ora entrambi si sentono in riserva anche psicologicamente: “Non possiamo reggere all’infinito. Se le luci si spengono nel centro, alla fine manca anche la voglia di accenderle”.
“Non siamo contrari agli eventi, ma serve equilibrio”. Galassi e Forlani non puntano il dito contro l’amministrazione né contro gli organizzatori. “Serve però maggiore attenzione nel garantire un flusso anche qui. Altrimenti si rischia di avere isole piene e un centro vuoto”. E non si tratta solo dei grandi concerti. Anche in vista di uno degli eventi più caratteristici di Ferrara, il Buskers Festival, i due gestori segnalano di non essere stati coinvolti. “Nessun contatto, nessuna proposta – dicono -. Eppure siamo qui, pronti a collaborare. Ci piacerebbe poter essere parte attiva dell’organizzazione”.Forlani lamenta anche i rumori delle prove della contrada di San Giorgio, che ogni sera, confessa, infastidiscono la clientela: “Fanno scappare chi si siede ai miei tavoli. Rimangono solo per una consumazione, poi se ne vanno”.
I due esercenti ora chiedono l’apertura di un tavolo di confronto con l’amministrazione comunale, per trovare una soluzione concreta alla desertificazione del centro. “Non vogliamo che tolgano i concerti né che si smetta di animare la Darsena – ribadiscono -. Ma ci deve essere un’idea, un piano, una strategia che permetta anche a chi lavora in centro di sopravvivere. Se il centro si spegne, Ferrara perde un pezzo della sua identità”.
Una richiesta che non arriva da due singole realtà, ma da una categoria intera che sta soffrendo. “Noi parliamo apertamente, ma ci sono decine di colleghi nella stessa situazione. Molti non parlano per paura o per rassegnazione. E intanto le serrande abbassano. Non possiamo resistere da soli”. E concludono: “Ferrara ha bisogno di una visione. Una visione che non dimentichi chi tiene viva la città tutti i giorni dell’anno”.
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