Cronaca
12 Luglio 2025
Al 44enne Matteo Nocera viene contestato l'omicidio volontario aggravato. Nel corpo di uno degli anziani morti trovate tracce di Esmeron, un farmaco miorilassante che provoca la paralisi dell'apparato respiratorio

Morti sospette all’ospedale di Argenta. Carcere per l’infermiere indagato

di Davide Soattin | 4 min

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Argenta. È stato portato in carcere Matteo Nocera, il 44enne infermiere indagato per le morti dell’83enne Antonio Rivola e della 90enne Floriana Veronesi, i due anziani che – lo scorso settembre – avevano perso la vita all’ospedale Mazzolani-Vandini di Argenta, dove erano ricoverati nel reparto di Lungodegenza Post-Acuzie Geriatrica Riabilitativa. A lui, la Procura di Ferrara contesta attualmente due ipotesi di reato: il duplice omicidio volontario aggravato e i maltrattamenti aggravati a carico di una cinquantina di pazienti tra i 70 e i 90 anni.

Il provvedimento di custodia cautelare in carcere è stato disposto nella mattinata di sabato 12 luglio dal gip del tribunale di Ravenna, dopo che la pm Barbara Cavallo aveva chiesto il fermo per fuga a seguito dei gravi indizi di colpevolezza raccolti dagli inquirenti relativamente a solo una delle due morti sospette, quella dell’anziano 83enne. Il gip però non lo ha convalidato, ma ha comunque ordinato il trasferimento del 44enne nel penitenziario della cittadina romagnola, riconoscendo il pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato da parte del 44enne.

La situazione è precipitata la scorsa settimana” come ha spiegato il colonnello Luca Treccani, comandante del Nucleo Operativo dei carabinieri di Ferrara, quando gli inquirenti hanno acquisito elementi tali da far ritenere che l’indagato avrebbe potuto compiere “atti ritorsivi” verso i colleghi che avevano segnalato anomalie e sospetti. “Abbiamo dovuto agire in fretta e con la massima urgenza” ha aggiunto il procuratore capo Andrea Garau, motivando la richiesta del fermo, “perché abbiamo capito che quest’uomo poteva commettere in brevissimo tempo fatti simili“.

Al momento, i gravi indizi di colpevolezza – come detto poc’anzi – riguardano la sola morte dell’83enne Antonio Rivola. Nello specifico – grazie alle attività di indagine tradizionali e tecniche, oltre che al lavoro dei consulenti tecnici – è stato possibile trovare nel corpo dell’anziano tracce di Esmeron, un farmaco miorilassante che ha come principio attivo il bromuro di rocuronio, che può essere utilizzato solamente da un medico con una speciale abilitazione oppure da un medico anestesista per favorire l’intubazione del paziente o per interventi che richiedono l’anestesia, quindi quasi esclusivamente nel campo della medicina di urgenza e non come trattamento terapeutico di alcun tipo.

“Se somministrato al di fuori di queste pratiche, comporta la paralisi dell’apparato respiratorio perché provoca il rilassamento dei muscoli, bloccando il respiro e quindi portando alla morte della persona che ne fa uso” ha specificato Treccani.

“Nel reparto di Lungodegenza – ha proseguito il colonnello – c’era un carrello per le emergenze con medicinali da utilizzare qualora ci fosse stato bisogno di rianimare qualcuno. E in questo carrello, collocato in frigorifero, c’era anche questo Esmeron. Grazie ai controlli dei Nas siamo quindi riusciti a verificare che mancavano quattro fiale che però formalmente non erano mai state somministrate in quel reparto”. Fondamentale è stata quindi l’attività di indagine del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Bologna. “Abbiamo fatto un lavoro complesso, su più anni, controllando tutta la filiera dei farmaci che arrivavano nel reparto” ha affermato il comandante Fabrizio Picciolo, e “abbiamo individuato una discrasia tra i farmaci ricevuti dal reparto e quelli utilizzati”.

Nel frattempo, “le indagini proseguono a trecentosessanta gradi” ha confermato la pm Barbara Cavallo, titolare del fascicolo di inchiesta. Sia per quanto riguarda le altre presunte persone offese che l’utilizzo di altri farmaci, tra cui il Midazolam, un altro potentissimo medicinale appartenente alla famiglia delle benzodiazepine, che – secondo gli inquirenti – potrebbe essere stato utilizzato. Così come vanno avanti gli accertamenti sul titolo di studio conseguito dall’infermiere, vale a dire una laurea che avrebbe conseguito all’estero, in Romania, dopo un periodo in servizio come operatore socio-sanitario.

L’indagine – coordinata dagli uffici della Procura di Ferrara – aveva preso il via da una segnalazione dell’Ausl di Ferrara al comando provinciale dei carabinieri di via del Campo. Lo scorso 14 ottobre quindi i militari del 112 avevano effettuato il blitz al Mazzolani-Vandini per acquisire le cartelle cliniche e dare seguito a quanto ‘denunciato’ da una collega del 42enne che, insospettita dall’ammanco di un medicinale ‘pericoloso’ dalle dotazioni dell’ospedale, aveva chiesto accertamenti alla direzione sanitaria.

A difendere l’infermiere, oggi sospeso dal servizio, è l’avvocato Lorenzo Valgimigli, che – sentito da Estense.com – non ha rilasciato alcuna dichiarazione, facendo però notare che quella del gip del tribunale di Ravenna è una decisione provvisoria su cui – per competenza territoriale – dovrà prossimamente esprimersi il gip tribunale di Ferrara.

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