di Marco Blanzieri*
Non basta avere ai vertici delle istituzioni una donna, cosa che non corrisponde necessariamente con un avanzamento complessivo della condizione delle donne né sul piano economico-sociale né su quello culturale. Ciò vale per le Istituzioni internazionali e per i vertici di governo come per le aziende pubbliche o private che siano.
Per arrivare a noi, Ferrara non fa eccezione: infatti scorrendo la graduatoria dei dirigenti dell’Ausl si rileva che nelle prime quindici posizioni ci sono solamente degli uomini, dirigenti medici che sommano al proprio stipendio i proventi che derivano dall’esercizio della libera professione, questione che a ben guardare la classifica pare essere quasi un affare esclusivo del genere maschile.
I rapporti sul gender gap economico evidenziano come l’area del potere politico e quella del potere istituzionale siano quelle in cui la parità appare più lontana. E queste sono le aree di potere che più di tutte dovrebbero agire politiche e interventi mirati all’eliminazione delle disparità e alla promozione della parità di genere ad ogni livello.
Questo a testimonianza di quanto ancora ci sia da fare per arrivare ad una parità di genere reale che cambi radicalmente la grande disparità economica che ancora oggi esiste tra uomini e donne ad ogni livello.
L’ingiustizia di genere nasce sia da disuguaglianze economiche sia da modelli culturali e pertanto per contrastarla necessitano politiche contro la povertà e lo sfruttamento sia politiche per contrastare il sessismo, vale a dire politiche che coniughino azioni contro le disuguaglianze distributive con azioni finalizzate a contrastare l’esclusione dai processi decisionali o la marginalizzazione culturale delle donne.
Per tornare al nocciolo della nostra questione, si impone una riflessione seria sulla necessità di un riordino normativo volto ad affrontare i nodi culturali (l’accesso alle carriere, la selezione delle candidature, il merito per l’accesso ai ruoli di responsabilità e di direzione, ecc.) e a riempire i vuoti della pratica amministrativa, anche attraverso la contrattazione collettiva e integrativa.
Oggi una donna che decide di diventare madre, nel contesto pubblico e nel sistema della performance aziendale, deve affrontare strutturalmente una riduzione dello stipendio, questione che già nella contrattazione abbiamo affrontato che ci ha permesso di fare qualche piccolo passo avanti evidentemente non sufficiente.
Non bastano le donne al comando, servono alleanze e un cambiamento culturale profondo, politiche antidiscriminatorie e pratiche amministrative improntate sul merito e sulle competenze, abbattere gli stereotipi e parlare un linguaggio inclusivo e, soprattutto, deve essere chiaro che il soffitto di cristallo si romperà quando non una donna “ascende” al potere bensì quando molte donne, le donne, avranno buona vita!
* Segretario generale Fp Cgil Ferrara
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