Cronaca
11 Giugno 2025
Ascoltato il consulente della Procura nel processo che vede imputato il medico in pensione Alberto Dallari per omissione di soccorso per la morte di un paziente che aveva in cura

Morì col Covid dopo “cure non convenzionali”. Il medico avrebbe dovuto dirgli: “Vada in ospedale”

Alberto Dallari
di Pietro Perelli | 3 min

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Il Covid-19 “condizione necessaria al decesso” e la saturazione sotto il 92% già dal secondo giorno di presa in carico è un “campanello d’allarme” tanto che “non solo un medico ma anche un laico avrebbe consigliato l’ospedalizzazione”. Sono due passaggi riportati davanti alla giudice Rosalba Cornacchia da Guido Viel, consulente del pubblico ministero Ciro Alberto Savino nel processo che vede imputato Alberto Dallari, medico (oggi in pensione) di Reggio Emilia, con l’accusa di omissione di soccorso.

Omissione di soccorso che sarebbe avvenuta ai danni di Mauro Gallerani, 68enne di Corporeno colpito da Covid-19 e poi morto dopo un mese di ricovero al Sant’Anna di Cona. Ricovero avvenuto ai primi di settembre 2021, pochi giorni dopo essere stato preso in carico da Dallari, il 25 agosto. Il consulente della Procura evidenzia criticità nel quadro clinico del paziente proprio a partire dalla saturazione al 92% già durante il secondo giorno di presa in carico, un dato destinato a calare fino al 57% riscontrato il 3 settembre 2021, primo giorno di ricovero al Sant’Anna di Cona.

Il consulente fa anche notare l’assenza di un’anamnesi dettagliata oltre all’utilizzo di una “cura non convenzionale” e al non aver dato sufficiente peso a fattori di rischio come obesità, asma e problemi cardiaci. Dallari era un medico volontario del gruppo Ippocrate.org (però non coinvolto in questo caso) e usò il protocollo di cura propagandato come efficace dal sito, che prevedeva l’uso di ivermectina (farmaco antiparassitario di prevalente uso veterinario) e la colchicina (farmaco indicato per la cura della gotta).

Secondo Viel inoltre Dallari non avrebbe rispettato le linee guida per la telemedicina che prevedevano contatti con il paziente in videochiamata “perché un medico deve valutare almeno in video le condizioni del paziente”. Videochiamate che, stando ai documenti presentati dalla Procura non ci sarebbero state. “Da quello che ho letto in atti – dice il consulente – è stato proprio il dottor Dallari a richiedere comunicazioni solo attraverso messaggistica, in maniera assolutamente sintetica vietando anche delle registrazioni audio quindi Gallerani non poteva ne chiamare ne mandare dei messaggi vocali”.

Doveva invece inviare messaggi mattino e sera nei quali indicare tre parametri: temperatura corporea, saturazione e frequenza cardiaca. Agli occhi del consulente non sufficienti per un adeguato controllo di “un paziente sempre più in sofferenza” al quale lo stesso Dallari avrebbe dovuto dire: “Vada in ospedale”. Dunque non considera vi sia stata “una risposta efficace” considerando che lo stesso medico di Reggio Emilia avrebbe “dovuto chiamare il 118” poiché “le ragioni del ricovero sussistono già dal 26 agosto”.

Viel, nella sua consulenza, non evidenzia e quindi non rileva errori nella condotta del medico di base di Gallerani così come nella condotta avuta dal personale del Sant’Anna durante l’ospedalizzazione. Ritiene invece configurabile in omissione di soccorso la condotta di Alberto Dallari “perché non si è attivato in osservanza del codice deontologico nel dedicare adeguato tempo di comunicazione e tempo di cura”.

Allo stesso tempo Viel conferma l’impossibilità a procedere per omicidio colposo dovuto all’uso di una cura non adeguata. La Procura aveva inizialmente indagato Dallari per l’ipotesi di reato più grave ma gli accertamenti tecnici eseguiti non hanno stabilito l’esistenza di un nesso univoco tra la cura errata e il decesso del paziente. Questi infatti aveva anche altri gravi problemi di salute, di modo che non si è potuto dare la necessaria certezza, richiesta dalla giurisprudenza, che la cura ‘standard’ lo avrebbe sicuramente salvato, anche se la probabilità stimata è più elevata.

Linda Corrias, avvocata di Alberto Dallari, fa notare che i tabulati telefonici prodotti agli atti mostrano diverse chiamate tra il suo assistito e il paziente, chiamate che sarebbero avvenute di frequente e, in particolare in un caso, per una durata superiore ai 25 minuti. Il consulente della procura ribadisce però l’assenza di videochiamata, come da linee guida, oltre al fatto di avere difficoltà ad esprimersi nel merito visto che i tabulati mostrano ora e durata della chiamata ma non i contenuti.

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