Ultimo giorno di Gaza
L’Europa è anche Gaza. E Gaza è anche Europa. Non serve avere una stessa bandiera per riconoscersi tra essere umani
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Fede, denatalità, partecipazione, emergenza educativa, oltre che un pensiero per la morte di Papa Francesco. Sono i temi principali che Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, ha affrontato nell’omelia pronunciata in Cattedrale nella mattinata di mercoledì 23 aprile, durante la messa per celebrare San Giorgio.
“Oggi sarebbe stato anche il giorno dell’onomastico di Papa Bergoglio, il cui nome è Giorgio, che vogliamo ricordare e ringraziare per un magistero ricco e profondo che ci ha orientati in questi dodici anni del suo Pontificato” ha esordito il vescovo, ricordando il pontefice scomparso lunedì scorso (21 aprile) a 88 anni.
“Giorgio – ha poi proseguito – è un patrono che almeno dal VII secolo accompagna la vita della nostra città, prima con la costruzione dell’antica Cattedrale fuori le mura e poi nella Cattedrale romanica, centro della vita medioevale della città. La nostra Cattedrale somiglia alla nostra città che cresce nei secoli con incontri diversi sul piano religioso – penso alle diverse comunità ebraiche prima e oggi alle comunità ortodosse o islamiche o induiste – sul piano sociale, con un meticciato che attraversa le diverse invasioni di ieri e migrazioni di oggi“.
A tal proposito, “nessuna città rimane sempre e solo la stessa, perché rischierebbe di morire. Sarebbe come una famiglia senza figli, una pianta senza frutti” ha spiegato Perego, sottolineando che “oggi la nostra città rischia questo declino, questa denatalità, accompagnata dall’abbandono delle campagne nel territorio, dalla chiusura di servizi commerciali, ma anche medici, sociali, religiosi. Il realismo ci chiede di guardare con verità questa situazione, che nei nostri Comuni dura almeno da dieci anni e non accenna a cambiare“.
Interrogandosi sul tema della fede, il presule si è domandato: “C’è ancora fede in questa città? La risposta non può che essere positiva. La fede attraversa, senza clamore le strade, le case, le famiglie, le chiese, i monasteri di questa città. È una fede di pochi? Non sono pochi che hanno la fede, forse sono pochi quelli che frequentano l’Eucaristia domenicale: tra il 5% e il 10%. Ma anche loro sono un tesoro della nostra città: un tesoro di fedeltà, di preghiera, di partecipazione alla vita delle nostre comunità parrocchiali e unità pastorali, di volontariato, di lavoro e di impresa, di sofferenza nelle case di cura, di fatica educativa”.
“Forse – ha detto, illustrando il proprio punto di vista – c’è bisogno che questa fede, soprattutto di tanti laici, diventi più vita, movimenti maggiormente la nostra vita ecclesiale e sociale almeno su alcuni temi importanti per la vita della città: la solidarietà verso i più poveri, la lotta a ogni forma di violenza e l’impegno educativo per la pace, la cura degli anziani, la partecipazione alla vita politica, a partire dal voto. Questo impegno sarebbe un esempio, una testimonianza per i più giovani, che sono coloro che maggiormente sono assenti dalle nostre celebrazioni eucaristiche, ma anche nella vita delle parrocchie che sono però alla ricerca di qualcosa per cui valga la pena spendere la propria vita“.
“Ma a fronte della denatalità crescente e della vita che muore”, secondo Perego “l’impegno urgente dei cristiani è a una testimonianza di vita familiare fedele, coerente, aperta alla vita. Senza famiglia la città continua a morire. Senza famiglia la vita, un figlio rischia di diventare qualcuno importante solo in un momento particolare della vita e forse assecondando solo un bisogno personale. Senza famiglia l’amore rischia di essere segnato gravemente dalle situazioni, dalle circostanze. Sulla famiglia cristiani e non cristiani si devono interrogare insieme, per non lasciare che modelli di convivenza scardinino i principi su cui la vita nasce, cresce, è tutelata e muore. E la famiglia ha bisogno di una casa”.
“Il tema della casa – ha aggiunto – è un tema vitale che non può essere lasciata solo al mercato, ma ha bisogno di un nuovo impegno pubblico che sappia rispondere alle esigenze delle giovani coppie, degli studenti universitari o lavoratori che un domani – come sta avvenendo – scelgono la nostra città per vivere, delle famiglie di migranti e rifugiati. Come anche la famiglia ha bisogno di vivere in un ambiente curato, non inquinato. Purtroppo, la nostra Pianura Padana è la zona più inquinata d’Europa. Forse dobbiamo dare più risorse a investimenti per la bonifica del territorio, per la riconversione di alcuni siti industriali, per un’agricoltura sostenibile, ma anche abituarci a uno stile di vita più sobrio, più essenziale ed educare i giovani a questo stile”.
“La famiglia – ha evidenziato – ha bisogno di luoghi educativi che la supportino. Oggi entrambi i genitori lavorano, a motivo dei costi della vita. Pur rimanendo loro il perno dell’educazione dei figli, soprattutto laddove il padre o la madre restano lontano giorni per il lavoro o purtroppo sono separati, è fondamentale il ruolo di ambienti educativi che abbiano cura dei figli, della loro educazione. La scuola è importante, ma per i preadolescenti e i giovani non basta. Servono luoghi educativi, associazioni e centri giovanili, esperienze diverse sportive, musicali, la stessa contrada che offrano non solo luoghi, ma cammini educativi, relazioni importanti per la loro crescita e le loro scelte, con figure educative al fianco. Come Chiesa sentiamo fortemente questa emergenza educativa a cui, però, non possiamo far fronte con le stesse risorse di ieri: scuole, istituti religiosi, centri parrocchiali, strutture sportive. Occorre unire le forze, perché la città abbia una forza educativa importante“.
Perego ha chiuso: “Per fare questo dobbiamo seguire il Signore, come San Giorgio, dando anche la propria vita. Non si può pensare di costruire una famiglia senza dare la propria vita. Non si può pensare di costruire una città senza fatica, sacrifici, senza regalare tempo e denaro per gli altri, i più poveri. Non si può pensare di costruire una città pensando solo a se stessi, solo curando i propri spazi, le proprie esigenze, nascondendosi dietro le mura dell’antica città, pensando di lasciare fuori chi non desideriamo”.
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