Cronaca
17 Aprile 2025
Anche la Procura di Ferrara sta aiutando quella di Firenze nella ricostruzione degli ultimi istanti di vita di Federico Perissi. Il viaggio, l'uccisione, la fuga e l'incidente

Omicidio di Barberino, le tappe dell’orrore prima dell’arresto a Ferrara

di Davide Soattin | 4 min

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Anche la Procura di Ferrara sta aiutando quella di Firenze nella ricostruzione degli ultimi tragici istanti di vita di Federico Perissi, guardia giurata di 45 anni, lasciato senza vita sulla riva del lago di Bilancino, vicino al casello dell’A1 a Barberino del Mugello, dal 41enne di nazionalità senegalese Mor N’Diaye che, nella giornata di lunedì 14 aprile, dopo essere stato arrestato dagli agenti della Squadra Mobile di Ferrara per evasione, furto e tentata rapina, aveva confessato il delitto, fornendo tutte le indicazioni necessarie al ritrovamento del cadavere.

Il pm Stefano Longhi infatti, nelle scorse ore, ha disposto una serie di accertamenti tecnici per individuare eventuali tracce di materiale biologico presenti sia sulla persona di N’Diaye (tamponi sotto le unghie) che sul veicolo – ora sotto sequestro – di proprietà della vittima, utilizzato dal killer per la fuga fino all’incidente avvenuto in A13 tra i caselli di Ferrara Sud e Ferrara Nord, dove sono state ritrovate alcune bottigliette di bevande che il 41enne senegalese avrebbe acquistato, a seguito dell’omicidio, dopo una sosta in due aree di servizio.

N’Diaye e Perissi si conoscevano. Entrambi lavoravano per una società di vigilanza all’interno dello stabilimento di un’azienda nota a livello mondiale nel settore della moda a Firenze. In possesso di un regolare permesso di soggiorno, fino al 2023, N’Diaye era stato affidato in prova ai servizi sociali e in passato aveva già avuto svariati precedenti penali che lo avevano portato anche a trascorrere qualche periodo di detenzione in carcere. Problemi con la giustizia che lo avevano portato a svolgere l’attività di security senza però aver mai avuto il porto d’armi.

Padre di una bimba piccola e in attesa della seconda figlia, viveva in una casa a Campi Bisenzio accanto alla famiglia della compagna incinta. Lì, da qualche giorno, stava scontando gli arresti domiciliari dopo che lo scorso 5 aprile – come riporta La Nazione – aveva seminato il panico davanti allo Strizzi Garden, a Novoli. Dopo aver trascinato in auto un suo conoscente, aveva puntato una scacciacani alla testa del buttafuori del locale. Quando la polizia lo aveva fermato poco dopo, vicino al parco delle Cascine, aveva trovato nella sua vettura 18 dosi di cocaina.

Il braccialetto elettronico però – sempre secondo quanto scrive il quotidiano fiorentino – non sarebbe mai arrivato perché in ritardo nella consegna e così, domenica scorsa, ne avrebbe approfittato per lasciare Firenze a bordo dell’automobile guidata proprio dal collega Perissi, diretta in Austria per motivi ancora sconosciuti. Durante il tragitto però qualcosa avrebbe scatenato la furia del 41enne a tal punto da uccidere il compagno di viaggio a colpi di pietra e col calcio di una pistola scacciacani, buttandone il corpo giù da un cavalcavia vicino al lago di Bilancino, a Barberino del Mugello.

Dopo l’omicidio, secondo le prime ricostruzioni, salito nuovamente a bordo della vettura, N’Diaye aveva imboccato l’A1 al casello di Barberino in direzione Bologna. Poi, una volta arrivato nel capoluogo, aveva svoltato in direzione di Rimini, salvo uscire e rientrare immediatamente a Forlì e fare inversione verso la città felsinea e imboccare l’A13 verso Padova. La sua corsa però era finita al chilometro 36 tra Ferrara Sud e Ferrara Nord, quando la Yaris Rossa su cui stava viaggiando aveva finito per tamponare un furgone, finendo in maniera rocambolesca fuori strada.

Dopo quello schianto, miracolosamente illeso, il 41enne era riuscito a fuggire a piedi per i campi arrivando fino in città, dove gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Ferrara – nella mattinata di lunedì 14 aprile – lo hanno arrestato per evasione, furto e tentata rapina. Portato prima negli uffici di corso Ercole I d’Este e poi al Sant’Anna di Cona, l’uomo aveva deciso di vuotare il sacco e di confessare l’omicidio del collega, fornendo le indicazioni necessarie al ritrovamento del corpo, individuato sepolto sotto sassi e fango dagli agenti della Squadra Mobile di Firenze.

Ancora da chiarire il mistero sul movente, anche se al momento si ipotizza una lite per futili motivi, ma nessuna pista è esclusa.

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