di Emanuele Gessi
Sollecitare l’opinione pubblica a prendere consapevolezza delle ripercussioni sulla salute e il territorio che potrebbe portare il progetto Callisto (finalizzato alla cattura e stoccaggio di CO2) che è in via di sviluppo su iniziativa di Eni e Snam, le due grandi corporation che operano nel settore del fossile, le quali hanno individuato nella città di Ravenna l’epicentro designato dell’opera, ma che interesserà molti altri territori della regione, fra i quali un posto di rilievo è rappresentato proprio da Ferrara.
L’iniziativa per fare divulgazione approfondita sul tema è stata organizzata dalla Rete Giustizia Climatica al Consorzio Factory Grisù di Ferrara e ha visto la partecipazione speciale di Elena Gerebizza e Eva Pastorelli, attiviste e ricercatrici dell’associazione ReCommon, una realtà che si occupa a livello nazionale di battaglie a difesa del clima e del pianeta.
“Guardando ai rischi e agli impatti – ha esordito Pastorelli – nella nostra analisi (il report La falsa soluzione di Ravenna, ndr) ne abbiamo individuati almeno tre”. E riferendosi al territorio in cui passerebbero i gasdotti, che porterebbero la CO2 dagli impianti che la producono fino alla centrale di compressione di Casal Borsetti, ne ha elencato le fragilità.
“Prima di tutto la subsidenza (ovvero l’abbassamento della superficie terrestre, ndr), che è a tutti gli effetti già in atto in Emilia-Romagna. Quindi il rischio sismico, dato che si tratta di una regione che si muove. Infine è un’area evidentemente interessata da eventi metereologici estremi. Ecco, in un contesto già molto fragile si aggiunge adesso anche questa infrastruttura”. Dunque Pastorelli ha rilevato altre due carenze nella Valutazione di impatto ambientale redatta da Snam: “Assistiamo a una vera sottostima dei rischi legati alle possibili fuoriuscite di CO2, che è un gas ad alta concentrazione tossica. Inoltre, non viene valutato adeguatamente l’impatto cumulativo con altre infrastrutture già esistenti, come la Linea Adriatica (costruita dalla stessa Snam per trasportare gas, ndr) e gli impianti industriali”.
“Il tema della salute pubblica – ha dichiarato da parte sua Gerebizza – viene declassato e coperto da quello della cattura di CO2. Quando noi parliamo dei petrolchimici, degli inceneritori e delle acciaierie la CO2 è solamente uno dei gas che vengono emessi, ma ce ne sono molti altri”. Gerebizza ha inoltre puntato il dito sulla dinamica per cui le infrastrutture che si basano su fonti fossili vedrebbero ora giustificata la loro esistenza, nonostante le ripercussioni sull’ambiente delle emissioni: “Ci sono aziende a Ferrara e Ravenna che si sono impegnate con degli accordi che per il momento non sono stati formalizzati. E hanno ottenuto dei finanziamenti dall’Innovation Fund per installare queste tecnologie di cattura della CO2 che quando i gasdotti saranno costruiti permetteranno di convogliare il tutto verso lo stoccaggio. Per cui se queste imprese si impegnano formalmente a fornire una certa quantità di CO2 fino al 2050, vuol dire che dovranno continuare ad esistere fino a quella data”.
Allo stesso modo si è espressa anche Francesca Cigala Fulgosi, della Rete Giustizia Climatica, che ha sottolineato come il progetto Callisto leghi il futuro a doppio nodo con il modello fossile. Inoltre, ha ricordato, Ferrara sarà attrice protagonista: “Il deposito sotterraneo verrà collegato con un gasdotto di 75 chilometri al polo chimico di Ferrara, passando per Argenta, Voghiera e fino a Ravenna. Si tratta di un progetto che non è stato comunicato alla cittadinanza. E facendo parte della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile del Governo (nonché dei Progetti di comune interesse dell’Unione europea, ndr) è stato sottoposto a una Valutazione d’impatto ambientale semplificata”.
In chiusura di conferenza c’è stato un intervento, in collegamento video da Ravenna, da parte di Giuseppe Tadolini, attivista in prima linea per la battaglia di opposizione al progetto, che ha invitato a partecipare alla manifestazione intitolata Usciamo dalla camera a gas, in programma il 12 aprile nella città romagnola. “È ora di avviare una potente battaglia politica – ha concluso Tadolini – perché il settore dell’energia passi dall’ambito del profitto all’ambito dei beni comuni”.
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