Sbandano con la moto. Due feriti in via Calzolai
Schianto con feriti a Malborghetto di Boara, dove - nella serata di giovedì 1° maggio - una motocicletta su cui stavano viaggiando due persone è andata a sbattere autonomamente contro un guardrail
Schianto con feriti a Malborghetto di Boara, dove - nella serata di giovedì 1° maggio - una motocicletta su cui stavano viaggiando due persone è andata a sbattere autonomamente contro un guardrail
Non molti sanno che nelle vene di Arrigo Boldrini (il mitico comandante Bulow) scorreva anche sangue ferrarese, poiché la madre, Angelina Gulminelli, era originaria di Argenta. E non molti sanno che,per trovare lavoro presso l'Eridania, si iscrisse anche al PNF...
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Ci sarebbe un momento – complicato da ricostruire – in cui Vito Mauro Di Gaetano avrebbe perso totalmente o parzialmente la capacità di intendere e di volere. Un momento che non compare mai nel video dell’omicidio perché sarebbe avvenuto nell’angolo cieco del locale, quello sinistro, dove l’inquadratura della telecamera di sorveglianza – posizionata dietro al bancone – non è mai riuscita ad arrivare. Lì, pochi istanti prima di infierire col lucchetto sul corpo steso a terra di Davide Buzzi, il gestore del bar Big Town sarebbe stato aggredito dal 42enne.
Un ‘frame‘ mancante – già ipotizzato genetista forense Matteo Fabbri – su cui ieri (giovedì 27 marzo) mattina, davanti alla Corte di Assise del tribunale di Ferrara, sono nuovamente tornati gli psichiatri Roberto Zanfini e Luciano Finotti, rispettivamente incaricati da Procura e difesa per fornire – anche attraverso la visione del filmato della ‘mattanza’ e lo svolgimento di un colloquio con gli imputati – la loro consulenza psichiatria su Mauro e Giuseppe Di Gaetano, accusati insieme per l’uccisione di Buzzi e il ferimento di Lorenzo Piccinini.
Un ‘frame’ che per Zanfini è il fattore scatenante della seminfermità del barista. “Buzzi mi ha colpito al volto, mi ha fatto volare via gli occhiali e ha cercato di aprire la tanica” sono le parole di Mauro Di Gaetano che lo psichiatra ha riportato in aula. Parole che il consulente della Procura ha utilizzato per spiegare cos’abbia spinto l’imputato a uscire da dietro il bancone e a rifilare la prima trentina di colpi alla testa di Buzzi, prima di tornare in sé poco più tardi quando, dopo aver cercato di aggredire anche Piccinini, “rabbia” e “capacità di intendere e di volere” erano subentrate a quella situazione “emotiva perturbata” che – pochi istanti prima – lo aveva portato a vivere una “disorganizzazione del suo stato”.
Il consulente ha quindi escluso l’esistenza di qualsiasi tipo di patologia mentale a carico dell’imputato – “un uomo che non ha mai avuto e che non ha alcuna malattia mentale o disturbo psichico” – e ha definito l’efferata aggressione col lucchetto come una “reazione umana, fisiologica” a una “situazione di pericolo” che “non fu controllabile a pieno” e che finì per provocare – nella sua persona – “una distorsione della percezione e della volontà“.
Per Luciano Finotti invece, consulente della difesa rappresentata dall’avvocato Michele Ciaccia, Vito Mauro Di Gaetano – al momento del fatto – sarebbe stato totalmente incapace di intendere e di volere. Una condizione che avrebbe cominciato a sviluppare nel momento in cui si accorse che, in quegli attimi di concitazione all’interno del locale, “tutti i tentativi di mediare non gli riuscirono”. E così “piano piano è scivolato nel baratro” finendo per avere una “reazione emotiva devastante di breve durata“.
Per spiegare il modo in cui ciò avvenne, lo psichiatra ha riavvolto il nastro alla serata del 1° settembre 2023, quando – poco prima delle 22, in sella a una moto – Buzzi effettuò un passaggio davanti al bar, promettendo che sarebbe ritornato di lì a poco, come fece. Un gesto che mandò “in ansia” Vito Mauro Di Gaetano. Un’ansia che “non si risolse e che aumentò quando Buzzi e Piccinini entrarono nel locale, perché – a differenza delle proprie aspettative – tutti i clienti scapparono e lui restò da solo col padre”.
Così il titolare finì per riconoscere il momento come “pericoloso”. “Si bloccò un attimo e considerò la situazione” ha aggiunto Finotti, spiegando che in questi casi – fisiologicamente – sono due le reazioni: combattere o scappare. “Ma scappare? Poteva farlo? No” ha proseguito il consulente. “Arrivarono due uomini con una tanica, lui era dietro il bancone, il passaggio non era ampio e i due si frapposero tra lui e l’uscita. In quel momento non poté né scappare né combattere. Cercò così di instaurare un dialogo, chiamò il 118 e provò ad allontanare il padre, ma questo non avvenne e il suo stato d’ansia s’incrementò“.
Poi però anche per lo psichiatra della difesa sarebbe successo qualcosa in quell’angolo di bar non inquadrato dalle telecamere. Questioni di secondi e partì una “furia distruttiva che si concluse in meno di un minuto”. Secondi in cui il barista fu travolto da una “attività assolutamente scoordinata che diede luogo alla distruzione che si vede nel video” quando colpì Buzzi alla testa con “un atto ripetitivo e ritmico apportato – sempre ed esclusivamente – in quel punto del capo, come se avesse un binario da percorrere, in maniera automatica e non volontaria, senza essere in grado di dosare la propria aggressività“.
Finotti ha eseguito anche una consulenza su Giuseppe Di Gaetano, che è difeso dagli avvocati Stefano Scafidi e Giulia Zerpelloni, rilevando – al momento del fatto – una parziale incapacità di intendere e di volere, dettata “dalla paura” per la propria incolumità e per quella del figlio Vito Mauro. Anche in questo caso però – così come per l’altro imputato – è stata esclusa l’esistenza di qualsiasi patologia mentale.
Il processo tornerà in aula il 15 maggio.
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