Copparo. “Il fronte dei lavoratori è compatto”. Con queste parole Stefano Bondi, segretario provinciale della Fiom Cgil, parla di Berco e in particolare del “teatrino”, così è stato definito in più occasioni, dei dipendenti entrati in azienda sfilando davanti ai manifestanti. Accanto a lui gli rsu di tutte le sigle, Massimo Musacci e Igor Bergamini (Fiom), Antonio Barile e Simone Nonato (Uilm), Riccardo Ravalle, Davide Brandalesi e Roberto Girotto (Fim). Fuori dai cancelli della fabbrica gli operai sono in numero anche maggiore rispetto agli altri giorni, la strada è chiusa e in mattinata operaie e donne solidali con la causa erano all’ingresso con la mimosa in mano. 
La dimostrazione di un fronte compatto “è stata quella di oggi in cui davanti alla Berco non si è presentato nessun lavoratore guidato dal board aziendale, evidentemente hanno capito che i lavoratori sono compatti e che le provocazioni non servono a nulla se non esasperare gli animi”. A Bondi e a tutto il sindacato non è piaciuto l’ingresso di una quarantina di dipendenti amministrativi così come le parole dell’ad Giacomo Bottone che davanti ai cancelli aveva criticato il sindacato per non aver mai fatto proposte.
Bottone in mattinata ha invece parlato ai giornalisti nella sede di Confindustria a Ferrara dicendo di essere stato costretto a riaprire la procedura dei licenziamenti e la disdetta del contratto aziendale non avendo trovato un accordo con i sindacati. Questi invece continuano a replicare facendo notare che “non fanno accordi con la pistola puntata alla tempia” e che sono disposti a “ripartire fin da oggi pomeriggio” a dialogare ma solo se c’è una vera possibilità di discussione.
“Continuano a dire – prosegue Bondi – che il sindacato non ha fatto proposte, che il sindacato non vuole discutere, che il sindacato e quindi i lavoratori non hanno nessuna disponibilità a trovare una soluzione. Non è assolutamente vero”. Il segretario della Fiom ripercorre dunque le varie tappe, dal primo incontro al Mimit di novembre fino a quelli di fine anno “in cui noi abbiamo fatto proposte che avevano anche trovato una condivisione da parte dell’azienda o perlomeno una base di discussione concreta”.
Da gennaio il cambio di passo prima con l’assenza dell’azienda all’incontro al Ministero delle imprese e del made in Italy poi la richiesta “di aprire un percorso di ammortizzatori sociali a condizione che il sindacato accettasse la cancellazione di tutta la parte economica del contratto aziendale”. Inoltre avrebbero chiesto “di impegnarsi con un accordo scritto che, da qui all’eternità, il sindacato non avrebbe mai più discusso eventualmente delle condizioni quando l’azienda dovesse far ricorso agli ammortizzatori sociali”.
“L’azienda – precisa Bondi – se vuole riaprire un tavolo di trattativa sa cosa deve fare, deve semplicemente sgombrare il campo dagli atti unilaterali. Quindi ritirare la procedura di licenziamento, ripristinare la contrattazione aziendale e noi siamo pronti anche domattina a sederci al tavolo a discutere”.
Nel frattempo Fiom, Fim e Uilm hanno “fatto depositare, nella giornata di ieri (6 marzo), in tribunale a Ferrara i ricorsi (ex articolo 28) per il comportamento antisindacale sull’apertura della procedura di mobilità e sulla disdetta della contrattazione aziendale. Siamo in attesa di ricevere la data dell’udienza”.
A margine dell’incontro le rsu rispondono a caldo anche alle dichiarazioni dell’ad Bottone che a Confindustria dichiarava la volontà di investire 58 milioni di euro in quattro anni. Una cifra ritenuta bassa e che corrisponderebbe al risparmio ottenuto dai 400 licenziamenti. “Noi li abbiamo visti come sono distribuiti – dice Roberto Girotto -. Su impianti nuovi due milioni all’anno, un impianto in un’azienda così costa almeno un milione di euro. Vuol dire integrare due impianti all’anno, ma cos’è? Qui abbiamo macchine che cascano a pezzi. Sono 10 anni che non fanno un investimento”. La parte restante, secondo i sindacati, invece la vorrebbero “investire per riparare” gli impianti presenti in azienda “ma non è un piano industriale questo“.
Sul dialogo chiedono infine “fatti”. “Per poter dialogare – dice Nonato – serve sedersi ai tavoli e il tavolo più importante, che era quello al ministero, loro non si sono presentati”. Quindi se si vuole dialogo “oltre alle dichiarazioni serve anche dimostrarlo con i fatti”.
Fatti che i sindacati non vedono e che li ha spinti a indire altre 16 ore di sciopero tra sabato 8 e domenica 9 marzo arrivando così a 174 ore totali. Gli scioperi di febbraio hanno portato gli operai che hanno aderito ad avere una riduzione in busta paga intorno ai 1200 euro, “nonostante tutto – dice Barile – i lavoratori sono con noi”. Anche per questo si sta creando una rete di solidarietà per aiutare a partire dalle famiglie che dovessero trovarsi in maggiore difficoltà.
“Le parti sociali – si legge nella proclamazione – devono essere convocate per ridiscutere la situazione, perché non è più tollerabile un atteggiamento che vede il lavoratore come mero numero, senza alcun rispetto per le persone, le famiglie, i figli e le vite che ci sono dietro ogni singolo posto di lavoro. La nostra lotta non si ferma fino a quando l’azienda non deciderà di risolvere questa situazione in modo equo, etico e umano“.
Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni
Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.
OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:
Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com