I sindacati chiedono di rimodulare l’aumento della pressione fiscale regionale per tutelare maggiormente i redditi medio-bassi, mentre le associazioni di impresa, pur comprendendo le ragioni della manovra, esprimono preoccupazione per una possibile contrazione dei consumi e auspicano un controllo della spesa pubblica.
Queste le principali reazioni delle parti sociali al Bilancio 2025 e al Documento di economia e finanza regionale (Defr) della Regione Emilia-Romagna. I rappresentanti di lavoratori e imprese sono intervenuti durante l’audizione tenutasi nel corso della Commissione Bilancio presieduta da Annalisa Arletti.
“La commissione Bilancio – spiega Arletti – ha il compito di garantire trasparenza sui conti della Regione e, come in questo caso, di permettere il dialogo e il confronto, di portare dentro il dibattito della Regione le istanze e le domande del mondo imprenditoriale, sindacale, degli Enti Locali”.
Il Bilancio 2025 della Regione è una manovra da 14,3 miliardi di euro che prevede nuove entrate (aumento di Irpef, Irap, bollo auto e ticket sanitari) pari a 400 milioni di euro e un aumento di investimenti in settori come il Fondo per la non Autosufficienza (+85 milioni di euro già nel 2025, altri 25 milioni di euro in più nel 2026 e nel 2027), la messa in sicurezza del territorio (+25 milioni di euro), il trasporto pubblico locale (+15 milioni di euro), il fondo per l’affitto (9 milioni di euro complessivi fin dal bilancio iniziale), la riqualificazione del patrimonio residenziale pubblico (+30 milioni di euro nel prossimo triennio).
“Agiamo all’insegna dell’equità. Sappiamo che viviamo un momento difficile, ma operiamo per tutelare sanità, welfare, sviluppo economico e coesione sociale. La manovra tutela la sanità pubblica, che deve fare i conti con gli insufficienti finanziamenti da parte dello stato, e ci impegniamo ad investire su welfare e politiche per l’affitto. L’aumento dell’imposizione fiscale è fatto in modo da tutelare le fasce più deboli”, spiega il relatore di maggioranza Fabrizio Castellari (Pd) che ricorda come “la nostra manovra avviene in un quadro nazionale dove il sistema delle autonomie deve fornire risorse allo Stato centrale per fare fronte alla tenuta della finanza pubblica nazionale. Per questo è importante il confronto con le parti sociali”.
Per il relatore di minoranza Francesco Sassone (FdI), invece, si tratta di una manovra che “prevede un’imposizione fiscale troppo elevata, peraltro maturata senza sufficiente confronto. La Regione non ha minimamente preso in considerazione ipotesi alternative come la razionalizzazione della spesa, in primo luogo nelle aziende partecipate. Da parte della giunta e della maggioranza c’è troppa tifoseria nel criticare il governo, quando invece si deve lavorare nell’interesse dei cittadini e delle imprese”.
Per quanto riguarda il Defr, invece, il relatore di maggioranza Lodovico Albasi (Pd) ricorda che “bisogna tenere presente il quadro generale; siamo pronti al dialogo e al confronto e stiamo lavorando per difendere i punti fondamentali della nostra comunità”, mentre il relatore di minoranza Priamo Bocchi (Fdi) sottolinea come “il Defr è ideologico, pieno di riferimenti a green e affini nonché privo di riferimenti a famiglia e sicurezza: la conseguenza è un aumento delle tasse a causa del malgoverno specie in sanità”. “Sì tratta di una manovra depressiva che farà contrarre i consumi, c’è un forte impatto sulla pressione fiscale sia per il mondo della lavoro, sia per le imprese, di questo siamo molto preoccupati: lavoriamo per cambiare la manovra in modo da non mettere le mani in tasca ai cittadini. Se oggi si fa un aumento fiscale da 400 milioni di euro è perché ereditiamo un deficit in sanità da 200 milioni di euro, bisogna fare una riflessione sulla spesa pubblica regionale. Sì sono aumentate le tasse regionali, ma senza mettere sotto controllo la spesa pubblica, a partire da quella sanitaria e del trasporto pubblico locale”, spiega Alessandro Aragona (FdI), relatore di minoranza della parte del Bilancio che riguarda aspetti di natura fiscale.
Marinella Goldoni di Federconsumatori ha sottolineato che “questa manovra è pesante e colpisce anche i redditi medi. Si chiede molto ai cittadini e deve essere chiaro ciò che viene restituito sui territori a partire dalla sanità. I problemi sono noti: liste d’attesa, rinunce a cure e ricorso al privato. Anche per il trasporto pubblico locale ci sono evidenti difficoltà ed è per questo che occorre fare sistema. Se lo sforzo richiesto con questa manovra non è un miglioramento tangibile della qualità della vita dei cittadini allora sarà un fallimento. I cittadini vanno coinvolti e resi partecipi”.
Pierlorenzo Rossi direttore di Confcooperative ha ricordato come “un tema sul quale ci confronteremo nei prossimi anni è il cambio di modello di sviluppo e in una manovra importante come questa serve equilibrio verso il sistema produttivo. Torniamo a chiedere che per la cooperazione sociale così come per alcune altre categorie che operano in montagna o aree svantaggiate venga ridotta o eliminata l’Irap. Attenzione ai territori: vanno cambiate le politiche di manutenzioni e gli interventi sui fiumi come investimento per il futuro”.
Netta la posizione di Gianluca Rusconi vicedirettore di Confindustria: “In un contesto come quello attuale dove la produzione rallenta e aumenta la cassa integrazione ci saremmo aspettati una convocazione del Patto per il lavoro e per il clima: non è avvenuta ed è stata un’occasione persa perché avremmo potuto impostare la manovra con dettagli diversi. Il tema è come garantire i pilastri per la tenuta economico-finanziaria nei prossimi quattro anni. In particolare, non emerge un ‘piano di rientro’ a fronte del sacrificio richiesto. Bisogna capire dove si interviene per non ritrovarsi fra qualche anno a rimettere mano alla leva fiscale. Ad esempio, sui Cau non si conosce l’andamento della spesa che a nostro avviso sarebbe opportuno riferire trimestralmente nelle commissioni competenti”.
Stefano Venturini sindaco di Cavezzo (Modena) ha chiesto “di aiutare i piccoli Comuni ad accedere ai bandi per finanziamenti che spesso ‘sfuggono’ perché mancano le competenze tecniche, allargando il divario coi grandi Comuni. Il mio territorio si trova nel cratere del sisma del 2012 e da allora siamo più fragili. Chiediamo attenzione alle delocalizzazioni che rischiano di svuotare i territori e tagliare servizi per fondamentali per la popolazione anziana. Infine, le scuole: le strutture realizzate dopo il sisma comportano manutenzioni insostenibili per i nostri bilanci. Bisognerebbe intercettare fondi europei per realizzare edifici in grado di durare nel tempo”.
Per Natale Vitali (Cgil Emilia-Romagna) “la quota più rilevante di gettito atteso da questa manovra ricade su lavoratori e pensionati che devono già fare i conti con le spese energetiche fuori controllo e il rincaro del costo della vita. Un elemento importante è il fondo affitto: ci aspettiamo almeno lo stesso stanziamento del 2024 per garantire soluzioni abitative adeguate a diverse forme di reddito. Molti rinunciano a posti di lavoro, anche in sanità, perché non trovano casa. Proseguiremo il confronto per riequilibrare la manovra soprattutto nella parte fiscale e rivedere un confronto sbagliato nel metodo”.
Sulla stessa linea Carmela Lavinia (Cisl) che ricorda come serva un reale confronto con la Regione per ridurre l’impatto dell’aumento fiscale sul terzo scaglione di reddito, così come rivedere i nuovi ticket sanitari per tutelare i redditi del ceto medio. “Occorre anche finanziare i fondi per le politiche di Welfare”, spiega Lavinia. Dal versante del mondo cooperativo è netta la posizione di Daniele Montroni (Legacoop): “Dobbiamo tutelare le piccole e medie imprese, specie quelle che si occupano di servizi alle persone, dobbiamo concentrare i fondi europei”, spiega Montroni nel definire la manovra pesante, ma sostanzialmente necessaria per poter garantire la tenuta del sistema regionale.
Capiamo la necessità di una manovra pesante, vogliamo anche noi difendere la sanità pubblica, ma il mondo delle imprese si aspetta delle contropartite e oggi la prima contropartita è la sburocratizzazione”, spiega Paolo Cavini (Cna).
Netto Marco Pasi (Confesercenti): “Condividiamo gli obiettivi del Defr e del Bilancio, c’è una manovra fiscale impattante e pur capendo le motivazioni, siamo preoccupati per il possibile impatto sui consumi”.
“È una manovra lacrime e sangue, fatta di tasse che aumentano: noi non sappiamo questo aumento di tasse che benefici porta ai cittadini, avremmo preferito una maggiore attenzione alla qualità della spesa”, sottolinea Tullia Bevilacqua (Ugl).
Il segretario generale Confsal Emilia-Romagna Alessio Cavana ha ribadito “l’opportunità di concertare l’impatto di una manovra che incide sul personale dipendente che è quello che paga sempre le tasse. In sanità molti dipendenti stanno lasciando l’Emilia-Romagna anche per le difficoltà di trovare un alloggio e pagare l’affitto. I Cau sono stati un investimento sbagliato: aumentare una spesa senza avere un ritorno come l’abbattimento delle liste di attesa porta solo verso la sanità privata. Per questo la concertazione va fatta prima e non dopo”.
Valentino Minarelli segretario generale Sunia ER ha posto il tema della casa: “Ci sono circa 50mila nuclei familiari con Isee sotto i 9mila euro e non possono permettersi un alloggio. Abbiamo alcune migliaia di alloggi di proprietà pubblica in attesa di essere ristrutturati. Dobbiamo mettere il sistema in condizione di autofinanziare i piani di manutenzione ordinaria per far fronte a questa emergenza. Il progetto del Patto per la casa per intercettare alloggi sfitti deve essere confermato verificando anche l’efficacia degli strumenti per fare gli opportuni aggiustamenti”.
Federico Serra di Usb confederale Emilia-Romagna ha ribadito “l’assenza di confronto con le parti sociali, che in momenti di crisi va invece allargato. Questa manovra va a colpire i ceti medi per mantenere gli stessi servizi. Il ticket sanitario mette in crisi la visione di servizio universale e spinge, per chi può, sulla sanità privata. Si spinge inoltre ad allargare il mercato degli appalti, anche nel sistema scolastico, con cooperative che vengono da altre regioni ad accaparrarsi i servizi. È una manovra che non guarda al futuro”.
Dopo quasi 20 anni di pressione fiscale invariata, sono state azionate dalla giunta le leve a disposizione delle Regioni per generare progressivamente nuove entrate pari a 400 milioni di euro, derivanti da un incremento dell’addizionale Irpef per le persone che appartengono al terzo e al quarto scaglione di reddito – dai 28 ai 50mila euro e sopra i 50mila – (200 milioni di euro), dai ticket sanitari (50 milioni di euro) e, dal 2026, dall’Irap (100 milioni di euro) e dal bollo auto (+50 milioni di euro). Risorse destinate alla la sanità pubblica, a garantire maggiori investimenti in settori come i servizi per la non autosufficienza (+85 milioni già nel 2025, altri 25 milioni in più nel 2026 e nel 2027), la messa in sicurezza del territorio (+25 milioni di euro a partire dal 2025), il trasporto pubblico locale (+15 milioni di euro nel 2025 e 10 milioni ulteriori nel biennio successivo), il fondo per l’affitto (9 milioni di euro nel 2025 ) e la riqualificazione del patrimonio residenziale pubblico (+30 milioni nel prossimo triennio).
“Non ci rassegniamo a tagliare la sanità pubblica – aveva detto Baruffi – fortemente penalizzata dal disinvestimento nazionale; al contrario, riaffermiamo il valore del servizio sanitario, pubblico e universalistico, per garantire a tutte le persone il diritto alla salute. Al tempo stesso vogliamo realizzare il più grande investimento, a livello nazionale, sulla non-autosufficienza, per migliorare la qualità della vita delle persone più anziane e non autonome, che sono sempre più numerose, così come di quelle con disabilità. Occuparsi di non-autosufficienza significa anche non abbandonare le famiglie ma sostenerle per rendere più forte la nostra comunità. Sono le due scelte principali che compiamo con questo bilancio, mettendo al centro le persone e le famiglie. È la ragione per cui anche sui servizi educativi, di conciliazione, di inclusione spingiamo ancora più avanti il sistema dei servizi dell’Emilia-Romagna, che è già tra i più solidi a livello nazionale ed europeo. Siamo anche consapevoli della necessità di investire di più nella cura del territorio: abbiamo chiesto al Governo un cambio di passo e anche noi vogliamo fare la nostra parte fino in fondo, rafforzando le strutture e raddoppiando le risorse per la manutenzione dei fiumi. Non da ultimo la casa, il trasporto pubblico locale, le politiche di sostegno alla ricerca e all’innovazione, alla formazione e al diritto allo studio. A partire da queste priorità, abbiamo dovuto fare scelte in materia fiscale che avremmo voluto evitare. Una scelta impegnativa e coraggiosa. Chiediamo una mano ai cittadini ma proveremo a farlo col massimo di equità possibile, per rendere l’Emilia-Romagna ancora più forte e più giusta”.
L’assessore aveva ricordato la cornice di finanza pubblica in cui si muove da quest’anno la Regione, fortemente compressa dal nuovo Patto di Stabilità europeo e dalle decisioni assunte dal Governo nazionale circa le modalità per corrispondervi: per l’Emilia-Romagna il contributo richiesto dallo Stato, pari a 40,8 mln nel 2024, sale ora a 68,5 mln per il 2025, per poi portarsi a 101,3 mln per il triennio 2026-2028 e, infine, a 111,5 mln nel 2029.
Tra le priorità della manovra 2025 ci sono infine anche le risorse per dare attuazione alle leggi regionali per attrarre in Emilia-Romagna investimenti e talenti e il cofinanziamento dei programmi regionali dei fondi europei 2021-2027, quale leva di investimento e motore di sviluppo economico e sociale dell’intero territorio regionale. Si tratta di 200 milioni di euro di risorse regionali che insieme ai 77 milioni del Fondo sviluppo e coesione permettono di utilizzare appieno le risorse europee (Fse plus, Fesr e Sviluppo rurale) e finanziare progetti per la buona occupazione e le competenze delle persone e l’inclusione sociale, la transizione ecologica e digitale delle imprese, la ricerca e innovazione, lo sviluppo dell’agricoltura e dell’agroalimentare e per il contrasto alle disparità territoriali, mettendo la montagna e le aree interne al centro delle politiche di sviluppo.