Accusato di truffa aggravata, ha patteggiato un anno e 4 mesi l’avvocato Alfredo Zucchi. Il professionista era finito a processo perché si sarebbe appropriato, tra il 2017 e il 2018, del denaro di un uomo di cui era amministratore di sostegno. Il legale 77enne avrebbe presentato al giudice tutelare del Tribunale di Ferrara molteplici, ravvicinate e gonfiate domande di liquidazione di compenso per attività che – a suo dire – sarebbero state necessarie per far avere la pensione all’assistito.
Durante l’ultima udienza dello scorso 15 gennaio il reato, come proposto dal pm Ciro Alberto Savino, era stato derubricato da peculato a truffa aggravata. In questo modo la giudice per le indagini preliminari Silvia Marini ha potuto acconsentire a un accordo che non prevedesse la restituzione di denaro. Il compenso che l’avvocato si sarebbe intascato ammonterebbe a 133.874,24 euro, cifra ritenuta dalla Procura assolutamente spropositata rispetto ai tariffari forensi e comunque totalmente non dovutogli in considerazione della percezione della madre del suo assistito di compensi pari a 37.000 euro per le stesse attività svolte.
Secondo gli inquirenti, Zucchi avrebbe ottenuto fraudolentemente dal giudice tutelare sia l’approvazione postuma che l’autorizzazione preventiva al prelievo dal conto corrente della persona seguita, dietro la presentazione di fatture redatte in forma generica con causali che andavano dall’esame e studio della pratica, passando per conferenze telefoniche, in studio e fuori studio, fino agli incontri col Comune di Ferrara, col patronato, con l’Inps e con l’Inail.
Così facendo, relativamente alle operazioni sul conto corrente della ‘vittima’, il 77enne avrebbe ottenuto l’approvazione postuma al prelievo di 51.433,97 euro in tre tranche avvenute il 12 (10.213,83 euro), il 17 (17.509,44 euro) e 20 (23.710,70 euro) ottobre 2017 e l’autorizzazione preventiva al prelievo di 82.440,28 euro in quattro occasioni, vale a dire il 1° febbraio (21.886,80 euro), il 13 marzo (21.886,80 euro), il 10 aprile (24.805,04 euro) e l’8 giugno (12.861,64 euro) 2018.
Dichiarato invece il non luogo a procedere per un altro punto su cui gli inquirenti avevano messo la lente: l’autorizzazione preventiva che, il 21 settembre 2018, l’attuale accusato avrebbe ottenuto per prelevare 30.000 euro dal conto corrente del suo assistito. La somma doveva essere utilizzata per la restaurazione di un’immobile che però non è mai avvenuta mentre la cifra è stata poi spostati su un conto intestato alla madre dell’amministrato.
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