Si va verso lo sciopero dei chimici di base e la situazione per il Petrolchimico di Ferrara rimane “allarmante” anche dopo l’incontro al ministero dello scorso 14 gennaio sui petrolchimici italiani. “Sarà indetto – comunica Filctem-Cgil in una lettera inviata ai lavoratori – uno sciopero nazionale del settore chimico di base, accompagnato da una grande manifestazione, per impedire lo smantellamento della chimica italiana e tutelare il lavoro e il futuro dei territori”.
La dismissione dei cracking di Priolo e Brindisi, fondamentali per l’approvvigionamento del polo estense, preoccupano sempre più i chimici ma anche il sistema industriale della nostra provincia e non solo. “Il sito di Ragusa – spiega Filctem – ha già cessato l’attività, mentre quelli di Ferrara, Mantova e Ravenna sono stati definiti ‘non competitivi’ da Eni, e l’Italia rischia di essere il primo paese europeo a uscire dal ciclo dell’etilene, diventando completamente dipendente dai mercati esteri, sempre più minacciati da continue variazioni”.
Non a caso dai diversi interventi al tavolo, con i quali si è evidenziata “la necessità di un cambio di passo”, è emersa anche “una forte preoccupazione per il futuro della chimica italiana e per l’impatto che le scelte di Eni avranno sui territori e sui lavoratori, sia diretti che dell’indotto”.
“La chiara volontà di Eni di uscire dal ciclo di etilene – afferma Filctem-Cgil – non solo è concreta, ma è rapida e veloce; ai tavoli nazionali Eni non menziona le chiusure degli impianti e le riduzioni di attività che di fatto sta perpetrando nei territori interessati dalla dismissione dei cracking, inoltre non ha ancora prodotto alcun elemento concreto che giustifichi tale rapidità di esecuzione a scapito delle lavoratrici e dei lavoratori, diretti e in appalto, che di conseguenza determineranno un impoverimento del territorio“.
A Brindisi le Rsu sono state convocate urgentemente “per comunicare la chiusura” dell’impianto “di butadiene p30 il 23 gennaio”. L’azienda, come “uniche garanzie”, avrebbe fornito solo “il mantenimento dell’occupazione per smaltimento e bonifiche” senza definire “un margine temporale e un futuro per questi lavoratori”. Una notizia che “aggrava la situazione già drastica del petrolchimico brindisino sempre più vicino a un definitivo smantellamento”.
La realtà ferrarese sarebbe dunque “interessata da un altrettanto rapido e decisivo tentativo di dismissione del sito” con lavoratori della ricerca che “sono stati contattati per ‘vaghe offerte’ di lavoro in altri siti (Gela, Mantova, Viggiano e Milano) senza addurre motivazioni specifiche né modalità di trasferimento e inquadramento”. Un tentativo che sarebbe “già stato adoperato con alcuni colleghi del laboratorio che hanno ricevuto proposte di trasferimento, così come pensionamenti locali con brevi trasferimenti per poter accedere a procedimenti pensionistici aperti in altri stabilimenti”. “Concretamente – dice il sindacato – si sta già dismettendo parte importante del sito di Ferrara, perché alle uscite pre-pensionistiche e non, non c’è un cambio generazionale o di professionalità, ma solo la volontà di chiudere la ricerca e tutte le attività che ne conseguono“.
Lo ritengono un “atteggiamento grave e ingiustificato” e non sono queste “le modalità che un’azienda come Eni può adottare anche in caso di crisi”. “La discussione – precisano – deve coinvolgere il sindacato, sia nazionale che locale per trovare le migliori soluzioni per i lavoratori laddove ve ne sia un reale bisogno e garantire l’occupazione del territorio e la continuità produttiva“.
Allo stabilimento Versalis di Ferrara smantellare la ricerca “vorrebbe dire privarsi delle tecnologie per aggiungere e modificare prodotti nel portafoglio, di conseguenza ridurre ulteriormente la produzione di Epdm (gomme)”.
Dopo la chiusura dei cracking “rimane inoltre l’incognita sul futuro del GP10 (Polietilene)” con “la mancanza di investimenti sistematici su ricerca e sviluppo degli impianti di produzione di etilene e propilene di proprietà di Versalis” che “hanno determinato, quello che adesso Eni dichiara per la Chimica di base: una crisi strutturale e irreversibile, non il mercato o gli alti costi dell’energia che di certo ne fa parte, ma non lo determina”.
Il sindacato descrive la scelta dell’azienda di chiudere questo settore industriale come “scellerata” e, dicono, “ci preoccupa su cosa si svilupperà e che valore avrà il tessuto industriale dell’intero Paese e la città di Ferrara”.
“Non possiamo lasciare – concludono – che un territorio a forte vocazione industriale venga privato di tutte le realtà che hanno offerto un impiego duraturo e di valore. Da qui la necessità, come sindacato, di fare il punto sul sistema industria che insiste sul territorio e di costruire un percorso comune di valorizzazione del petrolchimico e delle altre realtà industriali, di sostenerle con iniziative collettive a livello locale e nazionale”.
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