Ieri è scaduto il termine per le uscite su base volontaria concordato durante l’incontro del 25 novembre scorso al Mimit (Ministero delle imprese e del made in Italy), 158 sono i lavoratori Berco che hanno aderito. Una cifra molto distante dai 400 sperati dall’azienda e corrispondenti al numero per i quali c’era, prima dell’incontro, il rischio di licenziamento unilaterale.
Ora questo rischio torna e, non a caso, già in mattinata è stato convocato dal Ministero un altro incontro per il prossimo 28 gennaio. “L’obiettivo – fa sapere il sindaco di Copparo Fabrizio Pagnoni – è l’individuazione di una soluzione alla vertenza quanto più possibile accettabile per i lavoratori e le loro famiglie e per il territorio tutto”.
“A oggi i numeri – dice Pagnoni – sono lontani dai 400 esuberi previsti dall’azienda e ci troviamo ad affrontare uno snodo tanto cruciale quanto delicato di questa crisi. È fondamentale scongiurare l’avvio di una nuova procedura con licenziamenti unilaterali e approdare a un’intesa sostenibile“.
Al ministero ci saranno Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil che sperano di trovare una soluzione alla crisi evitando sia il licenziamento unilaterale di quanti mancano al raggiungimento della quota di 400 uscite chieste dall’azienda, sia una crisi aziendale deleteria per tutto il territorio. Ritengono necessario rilanciare Berco senza alcun licenziamento.
Rimane valido insomma quello che era già stato sottolineato dopo l’ultimo incontro coni vertici di Berco, quando questi avevano presentato il piano industriale: “Ricercare, anche con il Governo, tutte le soluzioni utili a far fronte a un piano industriale che oltre ai propositi ha bisogno di una forte struttura economica a cui l’azienda, da sola, non riesce a far fronte“.
Un piano che pare mancare della concretezza necessaria al rilancio dell’azienda. Non a caso avevano sollecitato percorsi di partenariato, “pubblico o privato, per poter affrontare il piano presentato e che quanto si voglia realizzare non gravi sui lavoratori con ulteriori procedure di licenziamento“.
Per farlo serve tempo e una soluzione che si potrebbe prospettare è quella che Ferrara diventi un’area di crisi complessa come lo sono Taranto per l’Ilva e Termini Imerese per lo stabilimento ex Fiat. Le difficoltà del territorio sono anche maggiori rispetto a quelle del 2016, oltre a Berco ricondiamo la crisi Rexnord ma anche un’economia nella provincia che stenta a decollare. La manifattura, nell’ultimo trimestre del 2024 ha avuto una flessione di produzione del 7% rispetto allo stesso periodo del 2023 e del 6,1% sul fatturato come mostrano i dati della Camera di Commercio.
Ora non resta che aspettare il giro di boa del 28 gennaio con la speranza che nel frattempo non arrivi alcuna decisione unilaterale a scompigliare le carte in tavola. Pare comunque difficile, se non impossibile, che Berco faccia mosse avventate verso licenziamenti unilaterali.
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