Cronaca
17 Gennaio 2025
Due giorni prima della 'mattanza' Vito Mauro Di Gaetano aveva cercato "Davide Buzzi morto Ferrara" su Google

“Mi voleva bruciare il bar, ci siamo difesi”

di Davide Soattin | 5 min

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Ci siamo difesi“. Questa la frase ripetuta più e più volte da Vito Mauro Di Gaetano al vicebrigadiere del nucleo operativo radiomobile dei carabinieri Francesco Laino, il primo – nella serata del 1° settembre 2023 – a entrare nel locale Big Town di via Bologna, pochi minuti dopo la violenta aggressione in cui perse la vita il 42enne Davide Buzzi e fu gravemente ferito il 22enne Lorenzo Piccinini, che lo aveva accompagnato nel raid estorsivo per vendicare la morte del figliastro, il 16enne Edoardo Bovini, avvenuta due settimane prima proprio davanti al locale a seguito di un arresto cardiocircolatorio dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti.

A riportare le parole del gestore del bar è stato lo stesso militare del 112, sentito ieri mattina (16 gennaio) in aula, davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Ferrara, a cui ha riferito quanto accaduto quella serata di fine estate.

“Eravamo di pattuglia in piazza Trento Trieste quando, alle 21.48, la centrale operativa – ha esordito Laino – ci contattò e ci ordinò di andare immediatamente al bar Big Town perché l’esercente, che era turbato, richiedeva il nostro intervento. Ad attenderci trovammo Vito Mauro Di Gaetano, lo identificammo e ci disse che, poco prima, aveva ricevuto minacce da due soggetti a bordo di una moto sportiva. Ne riconobbe il conducente e ci disse che si trattava di Davide Buzzi. Aggiunse che tra loro c’erano stati dei trascorsi e che per questo, nei giorni precedenti, aveva sporto denuncia in Questura”.

Il vicebrigadiere ha continuato: “Io e il mio collega restammo nelle vicinanze del locale per circa trentacinque minuti, facendo passaggi e appostandoci anche in piazza Travaglio, ma non notammo nulla di strano. Così, decidemmo di allontanarci per altri obiettivi, avendo altri servizi di Vgr (servizi di vigilanza generica radiomobile disposti dalla Prefettura nei confronti di soggetti sensibili, in cui però non rientrava il Big Town) da effettuare, tra cui il pronto soccorso dell’ospedale di Cona, dove arrivammo intorno alle 22.45. Successivamente, essendo l’unica pattuglia, rientrammo in città”.

È alle 23.12 che scoppia il caos: “La centrale operativa ci richiamò e ci disse di andare al Big Town con urgenza perché c’era in atto un’aggressione. Nel giro di pochi minuti, alle 23.18, arrivammo sul posto. Ad accoglierci una scena scioccante. Ci venne incontro un uomo completamente sporco di sangue (Lorenzo Piccinini, ndr) e con un vistoso taglio sulla parte sinistra della faccia che chiedeva soccorso. Dietro di lui c’era Giuseppe Di Gaetano, che sembrava lo stesse seguendo, mentre Vito Mauro era sotto il porticato. Aveva gli occhi spalancati, era provato e agitato”.

Proprio in quel frangente, il gestore del locale si rivolse al carabiniere: “Era in stato confusionale e mi ripeté «ci siamo difesi, ci siamo difesi». Poi aggiunse anche «c’è la tanica, venga a vedere, venga nel bar». Appena entrai trovai il bar distrutto, tantissime bottiglie rotte a terra e un uomo agonizzante (Buzzi, ndr) sul pavimento, che era ancora vivo. Richiamai l’attenzione dei soccorsi che fuori si erano fermati ad assistere Piccinini e immediatamente arrivarono un medico e un infermiere. Gli misero ossigeno e respiratore, ma il dottore mi fece intendere che c’era poco da fare. Buzzi aveva il volto sfigurato e rantolava“.

Buzzi e Piccinini furono caricati su due ambulanze. Il primo morì nel tragitto verso l’ospedale di Cona, dove il secondo fu ricoverato, sopravvivendo nonostante le gravi ferite da taglio. All’ospedale fu portato anche Giuseppe Di Gaetano, mentre suo figlio Vito Mauro fu trasferito in caserma.

Sulla scena del massacro furono successivamente inviati i reparti speciali dei carabinieri, impegnati a ispezionare l’area interna e quella esterna del bar e al repertamento di oggetti e utili alle indagini, tra cui un lucchetto da 930 grammi trovato nel cestino all’ingresso del locale, utilizzato da Vito Mauro Di Gaetano per colpire e sfigurare Buzzi, la tanica contenente gasolio che era chiusa e appoggiata sul bancone, ma senza fiammiferi o accendini, e una chiave inglese da 30 centimetri trovata per terra e usata dai Di Gaetano nella ‘mattanza’.

A darne conto è stato il maresciallo maggiore Lucio Fusco del nucleo investigativo dei carabinieri di Ferrara, impegnato personalmente – nella notte tra l’1 e il 2 settembre 2023 – a effettuare i rilievi, che ha raccontato anche il modo in cui i militari del 112 sono riusciti a ritrovare il coltello (senza blocco, ndr) usato da Giuseppe Di Gaetano durante l’aggressione, e che quest’ultimo, dopo essere stato portato in caserma, era riuscito – come in un film – a far avere alla nuora, infilandolo nella borsa dei vestiti puliti che lei gli aveva portato, suggerendole poi di gettarlo via non appena fosse arrivata a casa.

“Sapevamo dell’utilizzo di un coltello – ha sottolineato Fusco – dopo aver visionato le immagini di una telecamera di videosorveglianza. Lo cercammo dappertutto, sia dentro che fuori il locale. Controllammo dietro le insegne, nei cestini della zona, all’interno dell’area dell’ex caserma della polizia municipale che sta di fronte al bar. Ci venne in mente anche di cercare nell’area sottostante all’esercizio, essendoci a terra una grata di areazione del palazzo. Ma non trovammo nulla”.

La situazione si sbloccò più tardi: “Alcuni colleghi che stavano operando ci dissero che il coltello poteva essere a casa della moglie di Vito Mauro Di Gaetano. Facemmo due sopralluoghi. Nel primo non ci disse nulla, al secondo ci chiese di sederci e di poterci parlare. Ci disse che lo aveva gettato in un cassonetto della raccolta indifferenziata all’interno di un sacchetto rosso, poco lontano da casa. Chiamammo i tecnici di Hera che ci aprirono il cassonetto e lo trovammo, sequestrandolo”.

Tra i vari retroscena emersi nell’udienza di ieri, dove è stato – tra le altre cose – incaricato il perito Gian Piero Benedetti per la trascrizione delle intercettazioni (90 giorni di tempo, ndr), anche quello relativo alle ricerche sul web che Vito Mauro Di Gaetano aveva effettuato nei giorni precedenti all’omicidio. Nella cronologia infatti, come riportato in aula dal luogotenente dei carabinieri Davide Bruni, oltre a cercare strumenti di difesa personale come una pistola al peperoncino, su Google, il 29 agosto 2023, il gestore del bar aveva anche digitato “Davide Buzzi morto Ferrara“.

Si torna in aula giovedì 30 gennaio.

 

 

 

 

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