Economia e Lavoro
9 Ottobre 2024
Venerdì incontreranno l'azienda per ridiscutere il piano che oltre alla riduzione del personale prevede anche l'abolizione dei contratti integrativi aziendali

Berco, 480 esuberi. I sindacati: “Il disastro dei disastri”

di Pietro Perelli | 3 min

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L’attuale vicepresidente della Camera di Commercio di Ferrara e Ravenna è benvoluto sia dalla parte politica (Comune di Ferrara in primis, che detiene il 48% della società) che da quella imprenditoriale

Copparo. “La situazione è drammatica”. Forse anche più drammatica di quella del 2013 a cui si arrivava con alle spalle anni floridi, almeno fino al 2009. Oggi all’orizzonte ci sono 480 licenziamenti che Berco vorrebbe portare a termine entro la fine dell’anno oltre alla cancellazione per tutti coloro che restano dei contratti integrativi aziendali. “Il disastro dei disastri su un territorio che è già disastrato” lo definiscono i segretari di Fiom Stefano Bondi, di Uilm Alberto Finessi e di Fim-Cisl Patrizio Marzola.

A loro la comunicazione è arrivata venerdì scorso quando hanno incontrato i vertici aziendali e ieri, martedì 8 ottobre, hanno parlato con i lavoratori che sono “molto preoccupati” perché “perdere qua il lavoro significa non trovarne altri”. Quindici anni fa Berco contava 2500 operai che oggi si sono dimezzati e che scenderebbero a 800 se si arrivasse a completare il processo per i 480 esuberi che richiede l’azienda (altri 70 sono previsti nello stabilimento di Castelfranco Veneto).

Altrettanto grave, per i sindacati, la volontà di eliminare i contratti integrativi aziendali. “Non è giusto – dicono – che a pagare le ristrutturazioni siano sempre i lavoratori” e se venerdì 11, all’incontro con i sindacati, l’azienda vuole trovare una soluzione questa “non può essere solo la sua”.

“Se si dovessero cercare delle correzioni – hanno chiesto ai vertici di Berco venerdì scorso -, di modellare quello che vogliono fare in maniera così perentoria, quali sono i rischi?” La risposta è stata di “chiudere entro tre anni”. In ogni caso all’azienda verrà chiesto di utilizzare tutti gli ammortizzatori sociali possibili, “abbiamo ancora tredici mesi di contratto di solidarietà da poter utilizzare” e non capiscono perché non si possa usare questo periodo per cercare soluzioni più utili a tutti.

Vogliono poter contrattare perché, se anche si rendono conto che la situazione geopolitica mondiale ha creato rilevantissimi disastri economici, dall’inflazione all’aumento dei costi dell’energia, solo per fare due esempi, sanno anche che non solo le aziende ne hanno subito le conseguenze. I lavoratori sono stati altrettanto colpiti nel loro potere di acquisto e nel benessere economico e stanno andando incontro a “una morte lenta”, loro così come la metalmeccanica e il settore manifatturiero ferrarese.

Si tratta di una situazione per cui ad intervenire deve anche essere la politica che “deve assumersi le sue responsabilità”. “Si parla tanto di un Piano Marshall europeo ma ne serve uno anche per Ferrara”, una provincia che sta perdendo la sua industria. Non è un caso se è di ieri la notizia di 77 licenziamenti alla Rexnord di Masi Torello i cui lavoratori oggi si trovano in presidio davanti a Confindustria dove i sindacati incontrano i vertici aziendali. “Serve un intervento a 360° su tutto il territorio” per rendere il “territorio attrattivo” e far si che “le aziende vengano a investire” cosa che “oggi non sta avvenendo, le aziende vanno via dalla nostra provincia”.

“La ricetta – dice Igor Bergamini (Rsu Fiom Cgil) a margine dell’incontro – non può essere sempre quella di tagliare il numero e il salario dei dipendenti”. “I lavoratori hanno dato – aggiunge – i lavoratori non ce la fanno più e c’è bisogno di supporto da parte delle istituzioni”. “I lavoratori di Berco hanno già pagato a caro prezzo – dice Roberto Girotto Rsu Film Cisl – in termini economici e occupazionali. È ora di dire basta, l’azienda non può comunicare ogni tra quattro anni tagli al personale”. Serve “investire su questa azienda perché sono anni che vengono fatti pochissimi investimenti sia a livello tecnologico che di competenza del personale”. “Penso – conclude Simone Nonato di Uil Uilm – che il board aziendale e la proprietà debbano iniziare a essere responsabili anche delle conseguenze che provocano in un territorio già povero come il nostro”.

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