Cronaca
1 Ottobre 2024
La grande soddisfazione dell'ex compagno di squadra Gigi Simoni, emozionato come Michele Padovano: "Chi sbaglia paga"

Bergamini. Anselmo: “Da trentacinque anni sapevamo qual era la verità”

di Davide Soattin | 3 min

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“Abbiamo sempre avuto fiducia nella giustizia ma, se avessimo avuto questa Procura e questi pm sin dall’inizio, non ci sarebbero voluti altri trentacinque anni per arrivare alla verità“.

Sorride l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Bergamini, quando raggiunge Donata, sorella di Denis, fuori dal tribunale, pochi minuti dopo la decisione della Corte di Assise di condannare Isabella Internò a 16 anni per l’uccisione del calciatore del Cosenza, avvenuta il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico, lungo la SS 106 Jonica.

“Quando abbiamo chiesto la riapertura del caso – ha affermato – il procuratore Facciolla l’ha sposata subito. Poi si è aperto un nuovo capitolo, che si è chiuso oggi. I momenti difficili sono stati tanti. Il più difficile, probabilmente, quando hanno trasferito proprio Facciolla e abbiamo avuto paura che ci sarebbe subentrato ci avrebbe abbandonato”.

Anselmo ha proseguito: “In realtà il procuratore capo e il pm Primicerio hanno fatto un lavoro meraviglioso. Dico sempre che la giustizia è degli uomini, purtroppo gli uomini non sono tutti uguali e quindi la giustizia non è tutta uguale. Quando hai pm preparati, che non fanno sconti a nessuno, che sono competenti, tutte qualità non facili e scontate da riunire, allora anche la parte civile può fare il suo lavoro ed esercitare il suo ruolo, sperando di poter arrivare alla verità come siamo arrivati oggi”.

“L’importante – ha sottolineato – è che oggi possiamo dire ancora una volta in più che Denis Bergamini è stato assassinato. Che era quello che voleva Donata e che voleva Domizio. Che voleva tutta la famiglia. Perché dire che si era suicidato vuol dire insultare il suo nome. Il nome di chi non si può difendere e non verrà mai più restituito alla famiglia. Ma vuol dire anche insultare quest’ultima, che ha portato con dignità, per 35 anni, uno stigma immeritato e ingiusto. Oggi però è finita”.

“Da oggi – ha concluso l’avvocato – si parla di omicidio. È stato un processo molto difficile, non lo nascondo, ma abbiamo sempre cercato di dare il nostro contributo con lealtà, determinazione e sacrificio. Noi la verità la conoscevamo, era nelle carte sin dal 18 novembre 1989. Già lì, la si poteva conoscere. L’imputata è stata condannata a 16 anni di reclusione. Per lei vale ancora la presunzione di innocenza ma per lui possiamo dire che il fantomatico suicidio è stato definitivamente smantellato. Mi chiedono se sono soddisfatto. Posso dire che son contento per Donata e per i suoi nipoti, questo si. Ma no, non sono soddisfatto perchè la legge non è uguale per tutti”.

Per commentare la sentenza, Gigi Simoni, compagno di squadra di Bergamini, ha scelto di utilizzare una metafora calcistica: “Abbiamo vinto la prima partita e adesso ci sono i supplementari e i rigori, ma se abbiamo vinto questa possiamo vincere anche le altre due appendici di questo campionato. Si chiude una pagina dove hanno cercato di infangare un gruppo di ragazzi che ha lavorato per il bene di questa squadre e di questa città. Noi abbiamo onorato nel migliore dei modi Denis, perché era giusto così. Perché come eravamo un gruppo in campo, lo eravamo anche fuori. Sapere che siamo riusciti a togliere il fango che hanno buttato in tanti sul viso lindo di Donato, è per noi motivo di soddisfazione. Chi sbaglia paga“.

Poche parole, invece, per l’ex juventino Michele Padovano, anche lui presente in aula al fianco di Donata Bergamini, insieme ad alcuni dei compagni di quel Cosenza: “Sono stato travolto da cose incredibili. Per me è una grande soddisfazione, un’emozione incredibile. Una liberazione incredibile”.

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