Cronaca
21 Settembre 2024
La Procura riconosce le attenuanti generiche all'ex fidanzata del calciatore. "La pena prevista sarebbe l'ergastolo ma sono passati trentacinque anni ed è una persona diversa"

Processo Bergamini. Chiesti ventitré anni per Isabella Internò

di Redazione | 6 min

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di Stefania Scarfò

Cosenza. Ventitré anni di reclusione. Questa la condanna chiesta dalla Procura di Castrovillari nei confronti di Isabella Internò, unica imputata in Corte d’Assise a Cosenza, con l’accusa di omicidio volontario in concorso con ignoti, nel processo sulla morte di Denis Bergamini.

A formulare la richiesta, dopo la due giorni di requisitoria, è stato Alessandro D’Alessio, procuratore capo di Castrovillari, che ha condotto la discussione alternandosi con il pm Luca Primicerio.

“Ma non vi sembra strano che un giovane calciatore di 27 anni, idolatrato e che ha 200 milioni sul conto corrente ed una carriera importante davanti, decida di lasciare il ritiro prima di una gara, di partire senza un bagaglio e con pochi soldi dietro e di farlo, per di più, con Isabella Internò con la quale non stava più insieme?” è stata la domanda con cui D’Alessio ha ripreso la propria requisitoria.

Ad entrare nel dettaglio è stato poi il pm Luca Primicerio che ha ripercorso il rapporto tra Denis e Isabella. I due si conobbero nel 1985 e tra loro nacque subito una relazione che tra alti e bassi andò avanti fino più o meno all’inizio dell’estate del 1989. Una relazione caratterizzata dalla grande gelosia di Isabella, confermata dalle dichiarazioni di tanti testimoni ascoltati in aula nel corso delle udienze. Un’ossessione quella di Isabella nei confronti di Denis che veniva controllato, con appostamenti e telefonate continue.

Testimone chiave, per ricostruire il rapporto tra i due e l’ossessione della Internò per Bergamini, è Tiziana Rota, moglie di Maurizio Lucchetti, ex compagno di squadra di Denis: “Era l’unica che conoscevo a Cosenza – avrebbe affermato Rota nell’escussione effettuata a Crema (a Cosenza non si era riusciti a farla scendere) – e uscivamo insieme. Con me è stata brava, eravamo amiche e dormiva da me quando mio marito era in ritiro. Con lei ho passato due anni molto belli a Cosenza, andavo spesso a mangiare a casa sua. Qualche mese dopo averla conosciuta mi ha raccontato dell’aborto, mi ha detto che lo sapevano la madre e la zia ma non doveva saperne nulla il padre e che lo aveva fatto perché Denis non la voleva sposare. Mi ha detto che ci stava di mezzo l’onore, che non potevo capire perché io ero del nord”.

Lucchetti lascia il Cosenza nell’estate del 1989 per trasferirsi a Salerno. Il 6 novembre dello stesso anno, dodici giorni prima della morte di Denis, Tiziana Rota torna a Cosenza per rivedere l’amica Isabella Internò e le due si incontrano davanti ad un bar di Rende: “Eravamo io, lei e la mia bimba – dirà Rota nel suo interrogatorio oggi in parte reso pubblico – ma lei non l’ha neanche guardata. Mi ha detto che mi doveva parlare di Denis, che la aveva lasciata e lo aveva perso per sempre. Io le ho detto che ne avrebbe trovati altri nella vita ma lei insistette che non potevo capire, che il suo problema era spiegare che era stata lasciata dall’uomo con cui era stata per tanti anni. Mi disse «Tizià è un uomo morto, se non torna con me lo faccio ammazzare. Tu non puoi capire, l’onore. Lui mi ha disonorata, ora mi deve sposare. Deve tornare da me o lo faccio ammazzare». Non dimenticherò mai quelle parole. Mentre parlavamo arrivarono dei tipi che erano i suoi cugini e Isa mi ha detto «Stai zitta, chiudi la bocca. Se a loro racconto che Denis mi ha lasciata e se sanno dell’aborto lo ammazzano»”.

La testimonianza fatta a Crema di Tiziana Rota si arricchisce di ulteriori particolari quando racconta della visita a Salerno di Isabella Internò a pochi giorni di distanza dalla morte di Denis. Nel corso di quei giorni trascorsi a casa Lucchetti Isabella le avrebbe detto: “È morto, è giusto così“.

D’Alessio e Primicerio sottolineano la credibilità delle affermazioni della Rota che non avrebbe alcun interesse ad accusare quella che lei stessa ha definito un’amica e per la quale a Crema ha chiesto alla Corte di essere clemente e non condannarla “perché adesso è una persona diversa“.

Proprio dall’incontro con la Rota a Rende del 6 novembre 1989, secondo la ricostruzione del pm Primicerio, si verifica un’escalation di episodi che allarmano e preoccupano Denis che il 12 novembre afferma all’amica Roberta Sacchi di avere ragione. La Sacchi, qualche mese prima lo aveva invitato a stare attento nel gestire la situazione con Isabella perché “al sud certe cose di risolvono con la lupara“. Seguono la telefonata ricevuta a casa dei genitori ad Argenta il 13 novembre, alla quale risponde e dopo la quale risulta visibilmente scosso. Il 16 novembre un’altra telefonata, quella con Roberta Alleati (con la quale instaura una relazione sentimentale proprio nell’estate del 1989) alla quale dice di essere preoccupato che qualcuno possa volergli male e che l’unico torto che avrebbe commesso è quello di aver lasciato Isabella. Le dice anche di confidare nella possibilità di poter presto risolvere la situazione. Quindi, due giorni dopo, la famosa telefonata in hotel a Cosenza dove è in ritiro con la squadra dopo la quale Padovano lo vede scuro in volto. Dopo aver lasciato il ritiro, Denis e Isabella vengono fermati per un controllo dai carabinieri già a Roseto Capo Spulico e Denis, che secondo la Internò stava scappando per abbandonare il mondo del calcio, fa di tutto per farsi identificare. “Forse – è l’ipotesi della Procura – per lasciare traccia del suo passaggio perché cominciava a capire di essere in qualche modo in pericolo“.

Qual è allora il ruolo della Internò nella morte di Denis? Secondo la Procura è la mandante dell’omicidio e concorre all’omicidio. Bergamini non ha voluto sposarla allora deve morire e non potrà essere di un’altra. Così Isabella “ripara” il suo onore.

A formulare la richiesta di condanna è D’Alessio che afferma: “Non abbiamo dubbi che Denis non si sia suicidato e che invece sia stato assassinato mediante asfissia meccanica violenta. Isabella Internò è stata, assieme ad altre persone, protagonista dell’azione omicidiaria, ne è il motore primo”. Escluse alcune aggravanti D’Alessio ne riconosce però due per l’imputata: la premeditazione e i motivi abbietti e futili. “Per questo reato la pena prevista è l’ergastolo – afferma il procuratore – e Isabella non meriterebbe alcuna attenuante. È lei la responsabile di 35 anni di ritardo nella ricerca della verità, ha tradito la fiducia di Denis e per salvare l’onore non ha esitato ad abortire e ad uccidere Bergamini. Ma oggi è una persona diversa, sono passati trentacinque anni e merita le attenuanti generiche. Va quindi evitato l’ergastolo ma vi chiediamo la pena di ventitré anni di reclusione“.

Chiesta, inoltre, la trasmissione degli atti in Procura per falsa testimonianza per Assunta Trezzi, Concetta Tenuta, Roberto Internò, Dino Pippo Internò, Michelina Mazzuca, Luigi D’Ambrosio (tutti parenti di Isabella Internò) e per Raffaele Pisani, l’autista del camion che sormontò il corpo di Denis.

Si torna in aula lunedì 23 e martedì 24 settembre per la discussione finale della parte civile rappresentata dagli avvocati Fabio Anselmo, Silvia Galeone e Alessandra Pisa.

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