Cronaca
10 Maggio 2024
Un 46enne di nazionalità italiana è stato condannato a tre anni di reclusione. Era arrivato a far licenziare la donna dalla casa di riposo dove lavorava

Gelosia e minacce alla compagna convivente. “Sei carne morta”

di Davide Soattin | 5 min

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Un incubo senza fine fuori e dentro casa, che l’ha catapultata in una quotidianità fatta di terrore, prostrazione e asservimento tra insulti, minacce e botte da parte del compagno convivente che voleva controllarne in maniera spasmodica la vita.

È quello che, tra settembre 2018 e agosto 2020, è stata costretta a vivere una donna ferrarese 45enne per mano di un uomo di nazionalità italiana di 46 anni, a cui ieri (giovedì 9 maggio) la giudice Alessandra Martinelli del tribunale di Ferrara ha inflitto una condanna a tre anni con l’accusa di maltrattamenti.

Quella dell’uomo, secondo quanto sostenuto durante la propria arringa da Sara Bruno, legale che ha assistito la donna, è stata “una gelosia morbosa“. Era “ossessionato” a tal punto da imporle di fare la spesa entro un certo tempo massimo, controllarle la borsetta, il telefono e gli scontrini poiché sospettoso che lei potesse avere un’altra relazione.

“Le privava di frequentare uomini e donne o solamente di chiacchierare” ha aggiunto l’avvocato, che ha anche evidenziato come lui fosse “sostanzialmente mantenuto” da lei e “le chiedeva spesso soldi” e “se lei non li trovava era meglio che non tornasse a casa perché lui le metteva le mani addosso“.

Tutto, secondo la ricostruzione della Procura di Ferrara, inizia il 15 settembre 2018, quando gli agenti della Polizia di Stato soccorrono la donna molto spaventata a causa di un diverbio con l’uomo, che l’aveva pesantemente offesa e spintonata, al punto da costringerla a trascorrere la notte a casa della madre: è la prima avvisaglia di quanto sarebbe accaduto nei mesi successivi.

Due mesi più tardi infatti, il 25 dicembre, i poliziotti intervengono nuovamente su richiesta di un uomo, che li aveva chiamati dicendo di aver prestato soccorso a una donna in difficoltà. Una volta arrivati sul posto, la donna riferisce di essere stata strattonata al collo dal compagno, che le avrebbe anche sottratto il telefono, causandole un trauma cranico facciale secondario.

Oggetto della discussione, stando a quanto la vittima ha spiegato in aula durante le precedenti udienze, sarebbe stata la presenza della madre di lei al pranzo di Natale. La situazione però era degenerata e lui l’aveva aggredita, tirandole i capelli, scuotendole la testa e prendendola per il collo, appunto, costringendola a farsi refertare al pronto soccorso.

Gli atteggiamenti violenti dell’uomo non si placano nemmeno con l’anno nuovo. È il 2 agosto 2019, quando le forze dell’ordine intervengono per una lite in strada, allertati dallo stesso imputato che, nonostante la presenza degli agenti, offende e minaccia la donna davanti ai loro occhi.

“Se esci ti ammazzo”, “ti taglio la testa“, “ti spacco la faccia”, “domattina sei morta appena esci di casa”, “appena la polizia va via ti ammazzo” le dice in quei momenti, ignorando l’invito dei poliziotti a calmarsi. Inizialmente, gli uomini del 113 lo convincono ad allontanarsi ma, dopo un’ora, lui si ripresenta sotto casa di lei, dove lui è ospite, e riprende a minacciarla.

Viene così portato in Questura e denunciato in stato di libertà per minacce.

Sei giorni più tardi, la storia si ripete nuovamente. Gli operatori della Polizia di Stato raggiungono casa della vittima e trovano i due in strada, intenti a litigare per gli attacchi di gelosia di lui, insospettito perché – a detta sua – lei abitualmente si allontanava di notte.

C’è sempre la gelosia di mezzo anche qualche settimana più tardi. Stando a quanto ricostruito, durante la serata del 20 agosto, l’uomo vede sul cellulare della 45enne alcune foto scherzose di lei con un ragazzo e inizia a promettere a entrambi di fare una brutta fine, urlando “vi ammazzo”, “vi mischio le ossa“, “ti taglio la testa”.

Il giorno seguente, il 21 agosto 2019, il litigio riprende mentre i due restano soli, dopo che la mamma di lei esce di casa. Lui le tira un calcio e la fa cadere a terra e poi le ruba il cellulare, prima di allontanarsi.

Un anno esatto più tardi, il 22 agosto 2020, otto giorni prima della denuncia sporta, la donna chiede addirittura aiuto e protezione al suo dirimpettaio, dopo un diverbio senza violenza fisica, che però l’aveva spaventata per il tenore delle offese e delle minacce.

Se esci ti spacco la testa” e “sei carne morta” le dice lui, geloso del figlio della signora anziana residente in un paese della provincia a cui lei, dal marzo di quell’anno, aveva iniziato a fare da badante, ricevendo in cambio ospitalità per dormire lì tutta la settimana, dal lunedì al sabato, evitando così di fare la pendolare tra la casa e il lavoro.

La chiude in casa al termine di una discussione in cui la donna gli fa sapere che se ne sarebbe andata lasciandolo da solo. Ma lei, approfittando di lui che doveva andare in bagno, riesce a uscire dall’appartamento e a chiedere aiuto al vicino.

In aula, il signore che l’aveva aiutata chiedendo l’intervento delle forze dell’ordine, aveva raccontato che, una volta scoperto che la donna aveva trovato riparo nel suo appartamento, l’uomo aveva iniziato a minacciare entrambi, prendendo la porta a calci e pugni.

Dopo quell’episodio, non senza difficoltà, la 45enne riesce a salire sul bus e ad andare a casa della donna per cui faceva la badante. Da quel momento, i due non si vedono più per un anno. Lei infatti continua a lavorare dall’anziana fino a ottobre 2021, quando quest’ultima viene ricoverata in una struttura, ma anche in quei mesi continua comunque a ricevere le pressioni dell’uomo tramite l’app Messenger e numerose chiamate al suo telefono cellulare.

A ottobre 2021, senza un posto sicuro in cui stare, si trova così costretta a fare ritorno a casa insieme al suo ‘carnefice‘ che, un anno di distanza, a novembre 2022, mettendo in atto azioni di disturbo tramite commenti denigratori sui social network, riesce a farla licenziare dalla casa di riposo in cui era stata assunta e in cui, nel frattempo, aveva trovato ‘vitto e alloggio’.

Tornata nuovamente a convivere con l’uomo per qualche giorno, la vicenda si conclude solo quando, con una scusa, riesce a chiedere al suo aguzzino il permesso di uscire e si rifugia in un bed&breakfast trovatole dal Centro Donna Giustizia, dove rimane per venti giorni, prima di andare ad abitare con sua madre, con cui tutt’oggi vive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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