La capra sulla rupe
25 Aprile 2024

Un ragionamento semplice

di Alessandro Chiarelli | 3 min

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Quando gli animali scelgono il capobranco lo fanno in base ad indicatori prognostici della sua capacità di guidare e proteggere il gruppo.

Per essere un capo nel regno animale sono importanti la forza fisica e l’intelligenza, la capacità di garantire la difesa dai predatori e quella di trovare cibo.

La società umana è molto più complessa di quelle animali, e tuttavia, il discorso di base rimane identico.

Chi si propone per la guida di un gruppo umano, paese, città, regione o nazione che sia, dovrebbe possedere quelle attitudini che almeno indicativamente garantiscano che possa essere all’altezza del compito.

Questione non banale.

Le società umane postmoderne sono difficili da decifrare; al loro interno si sommano istanze contraddittorie, e gli interessi dei gruppi sono spesso difficili da comporre.
Come scegliere dunque una figura tanto importante? Su quali parametri basarsi nella valutazione dei candidati? Come si fa a sapere se una persona è adatta a guidare una comunità?

Certo non è sufficiente ascoltare le cose che dice, che a dire bene di sé sono capaci tutti.

Serve approfondire, serve vedere la persona nell’interazione sociale e politica. L’educazione formale, che pure è importante, non basta; occorre osservare la qualità del contatto con gli altri, i suoi amici e i suoi avversari.

Altri elementi di valutazione possono essere il tono della voce, la postura, la mimica facciale involontaria, e tutto il non verbale che si esprime con il corpo.

E grande importanza ha la comunicazione implicita, che si compone anche di tutto quello che, intenzionalmente o meno, non viene portato nel contatto umano (la politica è una variante della relazione umana).

Ciò che manca è importante come quello che c’è. Ciò che manca dice dell’attenzione che una persona riserva a chi non la pensa come lui e rivela la sua capacità di essere inclusivo e non divisivo.

Tutti questi sono indicatori molto più accurati del semplice ascolto di quello che una persona racconta, o tace, di sè.

Oltre a questo, anche la corporeità è rivelatrice di cose interessanti.

Albert Camus diceva che dopo una certa età ognuno è responsabile della sua faccia, e a maggior ragione lo è se questa faccia tappezza ogni angolo della città.

Camus dice che ciò che fai di te stesso, del tuo corpo, di come curi o trascuri persino la tua salute, è tua precisa responsabilità.

Dice che anche la decenza con cui lo vesti e l’ordine e la pulizia che gli altri percepiscono nel rapportarsi con te, sono tua responsabilità e raccontano chi sei.

Dice infine che l’attitudine che ogni essere umano sviluppa nell’incarnare il corpo, curandolo e rispettandolo, è una variabile dipendente dal livello di armonia interiore, di equilibrio, di accettazione di sé, che ha raggiunto nel suo cammino.

Una personalità equilibrata, armoniosa e capace di cura, che intenda la vita come un percorso di crescita in cui ogni persona è legata all’altra in quanto parte della stessa umanità; ecco il candidato per guidare una comunità in questi tempi di smarrimento rabbioso.

Una persona che testimoni con la sua vita, ed il suo corpo non è l’ultimo degli indicatori, che esiste un cammino di crescita e di equilibrio in cui credere; una persona che mostri di saper limitare se stesso e quanti, attorno a lui, non conoscono alcuna misura, alcuna decenza.

Personalmente non sceglierei qualcuno che se lo osservo, tutto in lui mi parla di trascuratezza, di smodatezza, di sciatteria verbale, politica ed estetica.

Tutte queste parole stanno in un ragionamento molto semplice. Se non sei in grado di avere cura di te stesso, perché mai dovrei credere che saprai avere cura di me?

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