Giallo in via Poletti, 60enne trovato morto in casa
Un uomo ferrarese di 60 anni è stato trovato senza vita all'interno del proprio appartamento in via Poletti, a Ferrara
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Avrebbe adescato online, usando la violenza, un ragazzo all”epoca dei fatti minorenne, costringendolo a subire ripetutamente atti sessuali che avrebbe anche dovuto filmare, minacciandolo di ritorsioni nei confronti dei familiari, se non avesse ubbidito alle sue richieste.
È quello di cui, secondo la Procura di Ferrara, dovrà rispondere B.M., un 31enne di nazionalità bulgara, accusato di violenze sessuali continuate e aggravate per una serie di fatti avvenuti nel Ferrarese tra gennaio e ottobre 2016.
Ieri (mercoledì 3 marzo) sono stati sentiti in aula tre dei carabinieri che hanno svolto le indagini, a cui è spettato il compito di ripercorrere gli accertamenti informatici – e non solo – con cui sono riusciti a risalire all’identità dell’attuale imputato nel procedimento, soffermandosi anche su quanto trovato nel computer dell’uomo, tra cui i video girati e le minacce inviate al ragazzo.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il ragazzo – oggi maggiorenne e assistito dall’avvocato Emiliano Mancino – sarebbe entrato in contatto con l’imputato attraverso l’app Blablacar, con cui quest’ultimo si sarebbe offerto di andarlo a prendere con l’automobile per portarlo in una discoteca della città. Una volta caricato il giovane, però, l’uomo si sarebbe diretto in un parchetto alla prima periferia della città e, stando a quanto raccontato dalla vittima, avrebbe costretto il minore a subire atti sessuali sul sedile posteriore della vettura, dietro la minaccia di conseguenze per la famiglia dell’adolescente in caso di rifiuto. Ma non solo, l’odierno accusato avrebbe chiuso le portiere dell’auto e avrebbe legato il minorenne con un laccio, abusando di lui mentre filmava la scena.
Per il ragazzo è l’inizio di un incubo da cui riesce ad uscire solo molte settimane dopo e con sofferenza. Tant’è che, dopo quell’incontro, il 31enne bulgaro lo avrebbe contattato altre volte, obbligandolo a girare altri video dal contenuto sessuale e ricattandolo di pubblicare sui social il video del primo abuso, qualora non avesse ubbidito alle sue volontà.
L’accusato non sarebbe nuovo a questo tipo di episodi, dal momento che nel 2021 era già stato condannato in primo grado dal tribunale di Venezia a 2 anni e 4 mesi di reclusione per il reato di violenza sessuale continuata su minore, tentata violenza sessuale su altri ragazzini, sostituzione di persona e detenzione e scambio di materiale pedopornografico risalenti al 2017.
In quel frangente, il giudice ne aveva riconosciuto la continuazione con la pena confermata in Cassazione (per gli stessi reati) a 6 anni, 6 mesi e 20 giorni per un totale di quasi nove anni di carcere, essendo stati accorpati alcuni fatti contestatigli nel 2015 a danno di tre minorenni – due raggiunti su Facebook sotto falso nome, il terzo adescato in discoteca – costretti a compiere e a subire atti sessuali, sempre dietro minaccia.
A far partire le indagini, in quell’occasione, fu la denuncia della famiglia di uno di loro, con gli inquirenti che trovarono nei due telefoni dell’uomo quasi 2mila immagini e video di minori in atti sessuali.
Alla fine, venne rinviato a giudizio con quattordici capi di imputazione. Tre violenze sessuali su minori, altre tre tentate e altri otto tipi di reati, tra cui violenza privata e produzione, detenzione e scambio di materiale pedopornografico per un totale di 9 anni di reclusione in primo grado, poi ridotti in Corte d’Appello a 6 anni, 6 mesi e 20 giorni, come confermato dalla Cassazione, oltre che al pagamento di un risarcimento di quasi 40mila euro nei confronti delle vittime.
Si torna in aula il 26 giugno, quando dovrebbe essere sentito l’imputato.
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