Economia e Lavoro
14 Marzo 2024
L'unicità del Made in Italy, spiega agli studenti il professor Bettiol, sta nella "manifattura culturale" che "tutto il mondo ci invidia"

La Scuola di Sviluppo Territoriale tra le storie e le eccellenze del ferrarese

di Redazione | 3 min

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Cento. Testa, cuore, mani. Non è una formula magica, né un’equazione matematica. Sono le tre componenti “indispensabili” che il responsabile territoriale di Confindustria Emilia, sede di Ferrara, Giacomo Pirazzoli, sceglie per descrivere il comparto manifatturiero del nostro territorio.

Se dovessimo utilizzare la metafora del corpo umano, potremo dire che il pastificio Andalini e la Artec Pneumatic, le due imprese che i ragazzi della Scuola di Sviluppo hanno visitato nei giorni scorsi, sono vertebre fondamentali della spina dorsale dell’economia estense. Storie di artigiani, industriali che – ognuno nel suo settore – sono riusciti ad affermarsi diventando delle vere e proprie eccellenze.

Eccellenze nel mercato interno ma anche nell’export del Made in Italy. Quella “manifattura culturale” che “tutto il mondo invidia e apprezza” per usare le parole di Marco Bettiol, docente di economia e gestione delle imprese all’università di Padova, che ha tenuto una lezione molto apprezzata dagli studenti al Cen Tec di Cento, dopo i saluti della presidente della fondazione della Cassa di Risparmio di Cento, Raffaella Cavicchi e dell’excursus sull’orientamento in ingresso a Unife del docente Marcello Bonfé.

Tornando all’unicità del Made in Italy, Bettiol giunge alla conclusione che la chiave di volta della produzione italiana è il “non aver mai interrotto il rapporto fra industria e artigianato”. Per cui i prodotti italiani “che diventano veicoli di cultura” sono il frutto di una “sinergia di valore tra competenze tecniche ed estro artigiano”. Autenticità, originalità. In una parola? Storie. Quelle che “le imprese, ancora oggi, faticano a raccontare talvolta ma che sono esse stesse un grandissimo patrimonio”.

Storie di tradizione e innovazione, binomio caro al presidente della Scuola di Sviluppo Territoriale, Ruggero Villani che, come ideatore del progetto, incassa il plauso del sindaco di Cento, Edoardo Accorsi. “Sosteniamo convintamente la Scuola di Sviluppo – dice Accorsi – perché rappresenta un unicum per il nostro territorio che, mai come ora, ha una grande necessità di giovani che si mettano al servizio delle loro comunità. La vera sfida è quella di creare una governance territoriale di qualità”.

Dopo un passaggio sul progetto del Movimento Donne Imprese Confartigianato affidato alla presidente, Caterina Paparella, è la volta del segretario di Confartigianato Paolo Cirelli. “Dialogando con i ragazzi – spiega il segretario – che hanno ricevuto, dai loro colleghi, il mandato di rappresentarli ci mettiamo in sintonia. Ciò che ci accomuna è proprio la rappresentanza. E dunque è fondamentale che i giovani portino all’interno delle loro classi l’esperienza della Scuola di Sviluppo e le sensazioni che hanno provato visitando le imprese. Aziende strutturate, ma legate al valore e allo spirito artigiano”.

Riprende Pirazzoli, rivolgendosi sempre ai ragazzi, costruendo una responsabilità in capo ai corpi intermedi. “Noi – dice – abbiamo la responsabilità di investire su di voi”. D’altra parte, chiude il presidente provinciale di Cna, Davide Bellotti, “il lavoro che abbiamo impostato alla Scuola di Sviluppo è a lungo termine. Servono persone, nell’ottica della collaborazione tra pubblico e privato, in grado di pensare allo sviluppo di domani”. I protagonisti di questa responsabilità, ancora una volta, hanno tutti meno di vent’anni.

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