Giallo in via Poletti, 60enne trovato morto in casa
Un uomo ferrarese di 60 anni è stato trovato senza vita all'interno del proprio appartamento in via Poletti, a Ferrara
Un uomo ferrarese di 60 anni è stato trovato senza vita all'interno del proprio appartamento in via Poletti, a Ferrara
La denuncia del compagno di Maria Vittoria, morta a 41 anni all'ospedale di Cona. La Procura ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta, lui ora si oppone
La polizia di Stato - durante il pomeriggio di sabato 31 maggio - ha salvato una donna che aveva riferito a un familiare di volerla fare finita, gettandosi nel fiume Po
Arriva al fotofinish - dopo una rimonta a dir poco incredibile - la vittoria di San Giacomo, a cui va il Palio di San Giorgio 2025, grazie all'accoppiata Francesco Caria su Dididomodossola
Mentre il corteo storico sfilava in direzione di Piazza Ariostea, dove si sarebbero disputate le tradizionali corse del Palio, un gruppo di attivisti ha alzato la voce contro l'uso di cavalli e asini nell'evento
“Non so se sono davvero pentita per quello che ho fatto“. Ha la voce bassa e il respiro leggermente affannato quando pronuncia queste parole Sara Corcione, la 39enne accusata di omicidio premeditato aggravato dal vincolo di parentela per aver assassinato sua mamma, la 64enne Sonia Diolaiti, avvelenandola nel suo appartamento di via Ortigara.
Il fatto risale al 27 luglio 2022, ma il corpo senza vita della donna fu scoperto solamente qualche giorno più tardi, nella serata del 29 luglio, quando una donna che qualche giorno più tardi sarebbe dovuta partire in vacanza con lei, non avendo più risposte, allertò i carabinieri.
“Avrei voluto gestire io la situazione” racconta l’imputata, sentita ieri (15 febbraio) davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Ferrara, rivelando che “due giorni prima (della macabra scoperta) avevo pensato di andarmi a costituire. Di uscire di casa, di andare in caserma dai carabinieri e di dire che avevo ucciso io mia madre“. E invece, a ritrovare il cadavere della donna nel corridoio della sua abitazione, furono gli uomini del 112, con l’ausilio dei vigili del fuoco che entrarono con l’autoscala dal balcone, dove c’era una porta finestra aperta, non riuscendo ad aprire la porta di casa, chiusa dall’interno col chiavistello.
Alcuni carabinieri entrano nell’appartamento della vittima al primo piano, altri fecero qualche rampa di scale in più e si spinsero davanti a quello in cui abitava Corcione. “Stavo finendo di vestirmi in maniera appropriata – ricorda la 39enne – e, quando ho aperto la porta, ho trovato diverse persone sul pianerottolo. Un appuntato scelto mi ha chiesto se fossi la figlia della signora che stava di sotto e se fossi stata io a farle del male. Dissi di sì. Non ho posto alcun tipo di resistenza. Un maresciallo mi chiese invece perché avessi fatto tutto quello. Senza problemi mostrai cosa avevo utilizzato. Un chilo di nitrito di sodio diviso in due barattoli da 500 grammi che era sistemato su una mensola appendiabiti dietro la porta di casa”.
Corcione colpisce per la freddezza e la lucidità nel ripercorrere quegli istanti: “Ho spiegato che l’avevo comprato online con la carta di credito di mia mamma su un sito cinese, circa un anno prima. Avevo pensato anche di anticipare e di usarlo prima. Quel giorno in cui comprai il veleno, acquistai anche la maschera protettiva perché nel bugiardino avevo letto che poteva causare una forte intossicazione oculare. Sapevo che la sostanza poteva causare la morte e io l’ho usata per quello, nel momento in cui avevo deciso di vivere con mia madre e non ero riuscita a trovare una soluzione alternativa“.
Il filo del racconto viene riavvolto così al 27 luglio 2022, giorno in cui la 39enne prepara il mix letale per la madre che, di ritorno a casa dopo qualche giorno sul lago di Garda con un’amica, durante la sera stessa, dopo averlo ingerito, muore: “La casa era vuota, ho sempre avuto le chiavi ed ero sicura che lei non ci fosse. Sono andata, ho preso dal frigorifero un bicchiere e una caraffa di tè freddo che mia mamma aveva preparato. Ho richiuso la porta di casa, ho preso l’ascensore e sono andata sul terrazzo dell’appartamento al piano superiore perché avevo paura di intossicarmi. Non sapevo quanto nitrito servisse per causare la morte e non ero convinta che potesse accadere. Lo avevo letto, ma non sapevo cosa sarebbe potuto succedere. Ho riportato la caraffa nel frigorifero dove esattamente l’avevo trovata, davanti a tutto, così sarebbe stata bevuta per prima”.
La pm Ombretta Volta le chiede i motivi relativi alla scelta di usare il tè e il nitrito. “Il tè è dolce e forse avrebbe inibito il sapore della sostanza salata. Una sostanza che non era nitida e trasparente. Avevo provato a metterlo nell’acqua ma avevo visto che diventava gialla, quindi ho pensato che nel tè alla pesca si poteva confondere. È un veleno che alcuni giovani avevano deciso di usare per sé stessi per farla finita durante la pandemia. Avevo letto che due o tre giovani si erano uccisi così e quindi lo avevo scelto. Se avessi dovuto usare un altro metodo non ne sarei mai stata capace, non ce l’avrei fatta. Non sarei mai riuscita ad affrontare mia madre”.
Corcione – rispondendo alle domande degli avvocati di parte civile Fabio Anselmo e Silvia Galeone – fa sapere di non aver pensato ad alcun antidoto per poter cercare di salvare la vita della madre nel caso in cui fosse sopraggiunto un suo ripensamento. Anzi, oltre al nitrito di sodio, spiega di aver pensato anche di utilizzare il cianuro di potassio, ma – poiché “impaurita perché troppo pericoloso” – avrebbe abbandonato quell’idea.
Il racconto delle ultime ore della donna, nella serata del 27 luglio, è agghiacciante: “L’avevo sentita rientrare poi più tardi, verso mezzanotte, ho ricevuto una telefonata dal suo cellulare. Era inusuale perché lei chiamava dal fisso e lì avevo già capito che sarebbe potuto accadere qualcosa. Aveva la voce debole, offuscata, sintomi tipici del forte abbassamento di pressione. Mi disse di andare giù da lei perché non si sentiva molto bene, così l’avrei aiutata a chiamare la guardia medica se ce ne fosse stato bisogno. Pensava fosse stata colpa dell’aria condizionata del viaggio. Le dissi che sarei scesa ma alla fine decisi di non andare. Avevo paura di affrontarla, paura di vederla viva e di vederla morta. Paura che fosse ancora in vita e che avrebbe potuto chiamare qualcuno”.
“Inizialmente – prosegue – ho quindi cominciato a vestirmi per affrontare quello che stava accadendo. Poi quando non l’ho sentita più richiamare, mi sono messa a guardare dalla finestra per vedere se arrivava qualcuno. Mi sono spogliata e sono andata a letto in camera mia. Ho spento tutto e ho dormito”. Agli inquirenti, durante l’interrogatorio successivo all’arresto, dirà di aver “dormito bene, come mai aveva fatto prima”.
Al centro dell’udienza anche i rapporti tormentati che la 39enne avrebbe avuto con la madre, alla base di quel suo gesto estremo: “I rapporti sono da sempre stati pesantemente orribili. Nonostante dopo la morte di mio padre ci fosse in lei un desiderio di riavvicinamento nei miei confronti, non sono mai riuscita ad avere un dialogo autentico. Non mi parlava, dava solo ordini e io ubbidivo. Non ho mai avuto modo di esprimere il mio parere. Io di lei avevo paura e avevo paura delle sue reazioni. È stato così tutta la vita. Quando stavamo insieme non vedevo l’ora di rientrare nel mio appartamento, mi sentivo molto imbarazzata e impaurita. Arrivò addirittura a dire che la mia nascita era stato un incidente“.
A parlare in aula anche il dottor Michele Pavanati, consulente della difesa, che ha evidenziato come la capacità di volere di Corcione sia scemata. Secondo l’esperto, infatti, la 39enne – affetta da un disturbo paranoide schizoide che si è aggravato negli anni poichè mal curato – non sarebbe capace di autodeterminarsi. Di conseguenza, i legali difensori Antonio Cappuccio e Tiziana Zambelli hanno formalizzato con riserva la richiesta di una perizia super partes sulla loro assistita che possa indagare questi aspetti.
Si torna in aula il 29 febbraio.
Da 20 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.
OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:
Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com