La capra sulla rupe
17 Gennaio 2024

Io non sono uno snob

di Alessandro Chiarelli | 4 min

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La politica può essere vissuta in molti modi; può essere nobile, o gretta, interessata o disinteressata, trasparente o torbida

“Io non sono uno snob. Chiedete a chiunque. Cioè, a chiunque conti qualcosa.”

Simon Le Bon (sì, quello dei Duran Duran)

Il sindaco dice al Vescovo che “dovrebbe prendersi i migranti nella sua reggia, perché è anche piuttosto vuota”. 

Niente di nuovo. Il sindaco usa categorie concettuali molto basiche, attinge dai luoghi comuni e confeziona slogan. Niente di nuovo nemmeno sui modi; niente gentilezza e tanta, troppa aggressività. Salta anche quel galateo istituzionale che è prassi nella comunicazione tra autorità. Alimentare risentimento e invidia sembra essere il solo modo di parlare agli elettori.

Io invece credo che ad un linguaggio tanto aggressivo sarebbe preferibile anche una “istituzionale” ipocrisia – perché per quanto fasulla – l’ipocrisia rimane “l’omaggio che il vizio rende alla virtù”.

Ma nella nouvelle vague ferrarese, l’idea condivisa su cosa sia vizio, e cosa sia virtù, è scomparsa da ‘mò.

E tuttavia, è da ieri che si parla quasi solo di questo, della “Reggia” del Vescovo. Cioè di niente. Poi tutti quanti parlano anche del sindaco, che in quanto rappresentante dell’intera comunità, dovrebbe stare ben più attento alle parole che dice.

Ma il sindaco, o chi gli scrive i testi, è estremamente attento alle parole, e non una di quelle che ha messo in fila per attaccare il vescovo è messa lì a caso. 

La strategia è nota. Si alza il livello dello scontro a livello verbale, si costruisce un nesso causale – non importa quanto approssimativo – e si attribuisce ad un avversario una colpa. Stavolta i capri espiatori sono due, la Regione Emilia Romagna a guida PD, ed il Vescovo.

Sono loro che non vogliono dare le case agli italiani. Sono loro che preferiscono darle agli africani.

Il nesso tra premessa e conseguenza non è argomentato logicamente. L’affermazione non poggia su argomenti logici, anzi ne lascia volutamente fuori una parte consistente (tipo la Costituzione della Repubblica). Ma non fa niente: l’idea non è formulare un sillogismo valido, bensì uno slogan da usare per la propaganda. 

Ma soprattuto l’obbiettivo è dettare l’agenda mediatica. Come accade da molti anni, l’ufficio stampa del sindaco decide di cosa si parla e di cosa no.

Ora la narrazione è che la “follia ideologica” del PD e del Vescovo, li renderebbe nemici degli italiani. 

Ma questo non è un livello a cui è possibile confrontarsi. Non si può farsi trascinare a discutere di questo. Bisogna andare oltre.

Se si abbocca a provocazioni come queste, ogni commento allo slogan si trasforma in cassa di risonanza involontaria di quel contenuto. E il dibattito si impantana nel fango.

A questo livello meglio ignorare.

Se il Sindaco dice al Vescovo di prendersi in casa sua i migranti, a cosa serve commentare? Non si commenta già da solo?

Di queste intemperanze verbali, e temo anche di peggiori, se ne vedranno, da qui a giugno, tutti i giorni, ma a rispondere ogni volta, si finisce solo per accrescerne la visibilità. 

Inseguire il sindaco in questo terreno vuol dire infilarsi in un vicolo cieco in cui non si agisce, ma si reagisce solamente. Si diventa irrilevanti.

Solo se ci si sottrae alle discussioni sugli slogan si può scegliere il proprio campo di azione.

Credo che sia molto più utile concentrarsi sulla poca qualità che questi amministratori esprimono nella loro azione. 

Ed è con gli elettori che occorre parlare, anche quelli – anzi soprattutto quelli che li hanno votati. 

Va accolta come un dato neutro che sono persone che non si indignano se uno canta De Andrè e il giorno dopo fa una barricata per respingere migranti incinte; ci sono persone che se un ministro lascia degli affamati in mezzo al mare e con l’altra mano bacia il rosario, non ne fanno un gran problema.

Molti elettori non sono interessati alla coerenza intellettuale di chi li governa, bensì a come il loro interesse concreto viene rappresentato.

Disprezzare più o meno sottilmente questo modo di porsi non porta da nessuna parte, o meglio porta a perdere le elezioni.

Se questi cittadini non “particolarmente” impegnati nella polis, si convinceranno che la politica populista danneggia i loro interessi economici, e penalizza la qualità complessiva della loro vita, forse (ma non è detto) voteranno diversamente. 

La prima battaglia da vincere è quella con li snobismo intellettuale.

Lo dico a me, per primo.

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