Economia e Lavoro
17 Dicembre 2023
La provincia estense al sestultimo posto tra le 106 aree italiane per crescita di lavoratori. I finanziamenti del Pnrr: "Va meno a chi sta peggio"

Ferrara, la bella addormentata: dati shock su occupazione e turismo

di Redazione | 4 min

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“La bella addormentata”, “la cenerentola”: questi gli appellativi che sono stati attribuiti alla nostra provincia oggi, sabato 16 dicembre, alla presentazione dell’Annuario socio-economico ferrarese 2023, ormai giunto alla 36esima edizione, a cura di Cds Cultura Odv.

Nonostante questa dimensione tutt’altro che fiabesca, la presentazione si è aperta (faro nella tempesta) con un prezioso contributo audiovisivo, tratto dall’opera “La saggezza e l’audacia” di David Sassoli, le cui pagine sono state interpretate da Silvia d’Ambrosio e che hanno dimostrato l‘importanza della pace in un momento così buio della nostra storia.

L’annuario è stato realizzato con il patrocinio dell’istituto di storia contemporanea e del Comune, come ha sottolineato Cinzia Bracci, presidente del Cds Cultura Odv, ed è stato reso possibile grazie al contributo di aziende e soci che hanno sostenuto questa iniziativa. Metà di esso si basa su temi legati ai fondi europei, come il Pnrr e i fondi di coesione, sui quali sta investendo la provincia: “È stato un lungo lavoro di ricerca dei dati su vari siti, soprattutto quello della Regione, e dei vari soggetti attuatori del Pnrr” ha dichiarato Bracci, che ha poi espresso una nota amara per le amministrazioni: “ci siamo rivolti a 21 sindaci e solamente 2 hanno risposto in modo autonomo, mentre 3 hanno risposto solo dopo essere stati sollecitati”.

Successivamente è intervenuto Andrea Gandini del Comitato d’istituzione dell’annuario: è sua la similitudine tra Ferrara e la bella addormentata. Egli ha dapprima fatto il punto sulla situazione dell’uguaglianza e della prosperità economica di Ferrara, che, a partire dai primi trent’anni del dopoguerra, si attestano in una lunga decrescita.

In seguito, sono stati presi in riferimento alcuni dati, che valgono sia per l’Italia che per la nostra provincia: il tasso di occupazione, se si considera l’incremento dei contratti a tempo determinato e part-time, è molto debole, data la riduzione del monte-ore lavorato; l‘economia individuale (reddito, costo della casa) è in calo, così come il sistema di welfare (“soprattutto la scuola ha bisogno di interventi urgenti” ha sottolineato Gandini); si registra, infine, un aumento degli “effetti indesiderati prodotti dalla modernità” come inquinamento, minaccia climatica, povertà.

La provincia di Ferrara, in particolare, nel 2022 ha perso 4mila occupati e risulta al sestultimo posto tra le 106 aree italiane per crescita di lavoratori. Anche i dati sul turismo non sono incoraggianti: in calo le presenze turistiche, che rispetto al 2019 sono in negativo dell’8,3%. Buono il dato sull’Università: Unife ha riscontrato la più alta percentuale di immatricolati fuorisede, “ma non siamo ancora diventati una città universitaria, per la mancanza di studenti pubblici e di buone pratiche di inserimento al lavoro” ha concluso Gandini.

La parola è passata poi al professore Aurelio Bruzzo, già afferente al dipartimento di economia e management di Unife. Il professore si è concentrato sulle disuguaglianze territoriali, evidenziando un duplice squilibrio: tra Ferrara e le altre province della regione, tra il Basso Ferrarese e il resto della provincia. “Il presupposto dello studio – ha dichiarato Bruzzo – è stato la mancanza di adeguate informazioni per i cittadini in merito all’impostazione attribuita al Pnrr. Il Cds – ha proseguito –  ha deciso di condurre iniziative e avviare un portale dedicato al Pnrr che viene aggiornato costantemente”.

I risultati che sono stati tratti dalle ricerche hanno mostrato qualche anomalia. Nella distribuzione del Pnrr nelle province dell’Emilia-Romagna, i finanziamenti pro capite vedono svettare Bologna (44% in più delle risorse) e Ferrara (quasi il 31% in più). Ovviamente queste risorse se sono eccedenti da una parte devono essere minori da un’altra. Analizzando il reddito pro capite espresso in valore aggiunto, è stato analizzato che l’indice è al di sopra della media regionale per la parte occidentale della regione (da Piacenza a Bologna), mentre è al di sotto per la Romagna. Ferrara ha il 28% in meno della media regionale, con un divario del 40% con Bologna. In conclusione, i due estremi (Bologna e Ferrara) ottengono il maggior numero di fondi: “se questo è positivo per Ferrara, dall’altra parte Bologna, che è prima della classe, ottiene anche più risorse” sono le parole di Bruzzo.

Il professore ha poi dimostrato i risultati raccolti per la provincia di Ferrara: se il reddito pro capite della provincia è pari a quasi 21mila euro e le risorse del Pnrr sono di 2mila e 300, per l’area interna del Basso Ferrarese, dove il reddito pro capite è di circa 17mila euro, il Pnrr dà poco più di 2mila euro. “In pratica va meno a chi sta peggio” ha rimarcato Bruzzo. “L’unica eccezione è Goro“: infatti il comune della bassa ha il maggior valore di Pnrr pro capite di tutta la provincia (6mila euro).

In conclusione, la funzione trasversale del Pnrr di favorire il riequilibrio dei divari territoriali non sembra realizzarsi, né per la regione, né per le aree territoriali della provincia. “Ciò è riconducibile –  ha espresso in ultima battuta Bruzzo – probabilmente al fatto che le singole amministrazioni comunali lavorano in modo autonomo l’una dall’altra”.

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