Attualità
7 Dicembre 2023
Il parroco: "Oggi Roberto ci mette tutti insieme, tutti noi che siamo stati attraversati dai suoi libri, dai suoi scritti e dalle sue poesie"

L’ultimo saluto a Roberto Pazzi

di Redazione | 3 min

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Sono molte le persone al Tempio di San Cristoforo nella Certosa di Ferrara arrivate, giovedì 7 dicembre per salutare lo scrittore Roberto Pazzi deceduto nel pomeriggio di sabato 2 nell’ospedale di Cona dopo che vi era stato ricoverato dal 27 novembre. Il figlio Stefano, i famigliari e gli amici lo accolgono e lo trasportano in spalla fino ai piedi dell’altare.

Sono presenti anche degli ex studenti, prima di insegnare all’Università di Urbino e in quella di Ferrara  Pazzie era stato anche professore nelle scuole superiori. Ci sono inoltre Elisabetta Sgarbi e l’assessore alla cultura Marco Gulinelli, poco dietro il direttore del Teatro Comunale Marcello Corvino. Una accanto all’altra Anna Quarzi dell’Istituto di Storia Contemporanea e Dalia Bighinati mentre tra la folla si scorgono anche i consiglieri comunali Davide Nanni e Stefano Franchini.

“Abbiamo storie diverse e percorsi diversi”, dice il parroco Claudio Venetti nell’omelia, sottolineando poi come “in questo spazio di preghiera vorremmo che nessuno si sentisse solo”. “Oggi – aggiunge – Roberto ci mette tutti insieme, tutti noi che siamo stati attraversati dai sui libri, dai suoi scritti e dalle sue poesie”. Dalle parole nelle quali mostrava “predilezione per gli ultimi” e anche la “sua semplicità” e capacità di “sedere nelle tavole principesche imbandite così come sulle sedie di plastica della Gigina”.

“Roberto – dice il parroco – non amava le luci della ribalta. Amava il silenzio della periferia” da cui era “libero di denunciare le piaghe distorte del potere come era solito fare attraverso l’analisi tagliente della sua scrittura”. “Riposa in pace Roberto – conclude -. Ti abbiamo messo sul cuore il tuo ultimo libro, non avrai la possibilità di presentarlo ma lo facciamo in questa cerimonia. E ti salutiamo con una parola semplice. Grazie. Grazie per quello che hai fatto per la città di Ferrara e grazie per quello che hai fatto per ognuno di noi”.

Finita la cerimonia il figlio annuncia l’ascolto, “per l’ultima volta” di “alcuni brani di Roberto dalla sua voce”. Brani in cui l’autore riflette sulla società, su Ferrara, sulla vita e sulla morte.

Gulinelli lo ricorda come “una persona speciale che ha lascito un segno indelebile nel mondo della letteratura e nel nostro cuore” mentre la scrittrice e amica di Pazzi Roberta Capossele: “Come scrittore è già consegnato alla posterità”. “Noi oggi – continua – lo onoriamo e lo ricordiamo come amico prediletto”.

A ricordarlo – “a modo mio” – anche l’allievo, amico e scrittore Matteo Bianchi. “Non c’è mattino – dice -, quando salgo in auto per andare al lavoro in un centro commerciale, ogni volta che la manutenzione meccanica dell’ordinario stringe ai fianchi, che non mi rimbombi in testa il monito di Roberto: la scrittura necessita di un tempo esclusivo, di una solitudine feconda per estraniarsi dalla realtà, persino dal presente, per poi riappropriarsene interamente”.

“L’atto della scrittura – ricorda Bianchi -, l’atto creativo della parola che s’invera su un foglio ‘innocente’, lo faceva sentire quasi in estasi, padrone del suo tempo da una finestra imprevista sul retro del mondo. Non a caso, in versi quanto in prosa ha prevalso in lui la prima persona singolare, la voce totalizzante con cui il suo amato Proust ha concepito la Recherche”.

“Ho avuto il privilegio – prosegue – di conoscere un Roberto che si era già riappacificato con una società ipocrita e con l’uso esclusivista che viene perpetrato del potere e del privilegio. Un Roberto che mi ha insegnato quanto non valesse la pena alimentare il rancore, poiché avrebbe avvelenato il ricordo del mio vissuto nel futuro, quando ruoli e contesti svaniscono, e restiamo con noi stessi e il riflesso concessoci dagli altri”.

“Giusto due giorni prima di lasciarci – conclude -, in un istante assopito di lucidità mi sussurrò che ‘l’assoluto è negli altri’”.

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